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Più che il tablet meglio premiare l’immaginazione

Più che il tablet meglio premiare l’immaginazione

17 Ottobre 2015 Redazione SoloTablet
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L’isola che non c’è esiste e si chiama Waldorf School of the Peninsula. Si trova nella Silicon Valley, il territorio digitale per definizione e il centro del potere tecnologico che ha cambiato le vite di tutti, comprese le loro abitudini, comportamenti e modi di pensare e di apprendere. E’ un’isola strana ma interessante nella quale è bandito l’uso del tablet, dello smartphone e dei display digitali e viene premiata la capacità immaginativa. E’ un’isola in formato scuola e aperta ai figli dei dipendenti, ipertecnologici, delle numerose aziende che popolano la Silicon Valley.

"Our school fosters the capacities needed for a successful, purposeful, and joyful life, ignites intrinsic passion for learning, and inspires responsibility for self, community and the world. These include confidence and self-discipline, the ability to think independently and work with others, mastery of analytical and critical faculties, fluency with creative and artistic expression, and reverence for the beauty and wonder of the world." - Waldorf School of the Peninsula


Per approfondimenti sull'uso del tablet in classe potete leggere l'ebook di Carlo MazzucchelliTablet a scuola: come cambia la didattica.

Sembra assurdo ma non lo è...

Incredibile ma vero. I dipendenti tecnofili e iper-tecnologizzati delle aziende della Silicon Valley fanno la fila per iscrivere i loro figli ad una scuola che sembra avere scelto un approccio didattico di tipo tradizionale e che può fare a meno di dispositivi tecnologici.

La scuola è la Waldorf School of the Peninsula ed ha scelto un approccio basato sulla esperienza diretta ed hands-on (mani in pasta, esperienza diretta sulle cose) e sembra non avere alcun problema a riempire le sue classi a-tecnologiche puntando tutto sulla capacità immaginativa degli iscritti e su approcci di tipo olistico che integrano le componenti intellettuali, pratiche e creative per lo sviluppo e l’apprendimento dei ragazzi iscritti.

L’esistenza di una scuola di questo tipo non dovrebbe fare notizia. Numerose sono le scuole che in tutto il mondo hanno deciso di fare a meno della tecnologia per la loro pratica didattica e insistono nel puntare su approcci, da alcuni considerati tradizionali e superati, alternativi più legati all’esperienza diretta dei ragazzi senza mediazioni tecnologiche. Ciò che fa notizia è la preferenza accordata alla Woldorf da genitori che sono al centro della rivoluzione digitale e tra i pionieri delle numerose rivoluzioni tecnologiche di questi anni. E’ una scelta che fa sorgere una domanda e l’interrogativo sull’effettiva necessità di trasformare le classi scolastiche in laboratori tecnologici e sulla loro effettiva utilità nello sviluppo e formazione delle nuove generazioni.

L’interrogativo non è capzioso perché sostenuto anche da studi e indagini condotte in questi anni come quella dell’OECD, un organismo per la cooperazione e lo sviluppo economico che nel 2015 ha pubblicato un rapporto nel quale evidenzia la scarsità di risultati e vantaggi concreti derivati dall’introduzione della tecnologia nelle classi. Il rapporto evidenzia come le istituzioni scolastiche abbiano investito pesantemente sulle nuove tecnologie, soprattutto dopo l’arrivo dell’iPad, ma senza ottenere quei  miglioramenti nella didattica e nell’apprendimento di materie come letteratura, matematica e scienze (evidenze dedotte da test appositi fatti per verificare le conoscenze acquisite dagli studenti). Il rapporto sottolinea anche come spesso gli studenti che ottengono i risultati peggiori sono quelli più tecnologizzati o più connessi.

"A national spotlight shone on WSP after a front-page article in the October 22, 2011 Sunday New York Times explored an apparent contradiction in Silicon Valley, the heart of new technology: why were so many high-tech executives sending their children to a school that eschews the use of computers from kindergarten through grade school? Interest in the story ran high and was quickly picked up across the country as CBS (local and national), NBC, and CNN all ran features on our school.

This perceived paradox struck a chord with the American public growing increasingly more dissatisfied with the current paradigm in education. It illustrates that people are hungry for an alternative to the status quo where content is increasingly brought through computers rather than teachers, academic learning is being pushed down to younger and younger children, and the focus in the classroom is “teaching to the test.”"

Social network e distrattenzione

Numerosi sono gli studi che sottolineano il ruolo negativo svolto dai social network e dai media sociali e quello legato ai nuovi comportamenti e pratiche sociali che si sono imposte dall’uso prolungato e continuativo di smartphone e tablet. A preoccupare sono il tempo rubato all’attenzione e quello passato online ma anche la dipendenza emergente e l’impatto che i media sociali hanno sulla vita di giovani che, in molti casi, si svegliano anche durante la notte per verificare se hanno ricevuto messaggi o per cambiare lo stato delle loro pagine sui vari muri delle facce della Rete (il 23% lo fanno quasi sempre e il 15% almeno una volta alla settimana, ha evidenziato una indagine inglese!). I media sociali sono diventati lo strumento per l’intrattenimento serale che ruba ai ragazzi tempo per il sonno ristoratore che è loro utile per una frequentazione scolastica mattutina efficace e produttiva. Tra i ragazzi che tirano mezzanotte interagendo con i loro strumenti digitali, il 50% ha dichiarato di arrivare a scuola già affaticato, di vivere stati ansiogeni legati all’eccessivo uso della tecnologia e di avere problemi di concentrazione.

Tecnologie per la didattica

Mentre la maggioranza degli studi sull’uso delle tecnologie in classe ipotizza la loro utilizzabilità come strumenti di supporto alla formazione dei ragazzi in numerose attività di apprendimento e in contesti accademici diversi, la natura frammentata delle conoscenze fin qui acquisite rende complicato formulare una valutazione complessiva e rigorosa sul ruolo dei dispositivi tecnologici in aula.

La generalizzazione delle esperienze positive o negative è limitata e non ancora evidente così come le descrizioni delle esperienze fin qui fatte rimangono elusive e non forniscono informazioni e conoscenze sufficienti a giustificare l’uso di un tablet o a suggerire buone pratiche su come usarlo.

Benchè la notizia raccontata in questo articolo faccia riferimento a sperimentazioni didattiche senza tecnologia, è ad oggi impossibile per la mancanza di investigazioni ed esplorazioni approfondite esprimere una presa di posizione definitiva. Deve comunque fare i conti con la numerosa letteratura che evidenzia come i dispositivi mobili siano strumenti utili a migliorare, estendere e arricchire l’esperienza dell’apprendimento in molti modi diversi: interazione continua, non predeterminata e contingente tra docente e discente; apprendimento situazionale (l’ambito dell’apprendimento è arricchito dall’esperienza digitale; autenticità dell’apprendimento grazie alla possibilità di verificare il raggiungimento degli obiettivi delle attività scolastiche; apprendimento consapevole dell’ambiente e del contesto e apprendimento personalizzato.

Coloro che hanno una visione positiva dell’uso dei dispositivi mobili a scuola evidenziano spesso l’accessibilità delle nuove tecnologie in termini di costi, aggiornamenti, connettività, applicazioni, accessori e dispositivi. Questa accessibilità ha permesso lo sviluppo di numerose  sperimentazioni mobili in aula, l’affermarsi del modello mobile per un utilizzo formativo.

I risultati ottenuti variano in base alle aspettative, alle motivazioni, al tipo di progetti realizzati e alle prestazioni ottenute in termini di apprendimento. Rimangono senza risposte numerose domande, le stesse che suggeriscono ad alcuni percorsi e forme della didattica liberati dalla tecnologia intesa come smartphone e tablet, connettività a Internet, display sempre accesi e social network (più in generale media sociali). Ad esempio domande come: quanto migliora la conoscenza e gli skill degli studenti l’uso del tablet a scuola e quali fattori contribuiscono maggiormente a un risultato positivo o negativo?

In assenza di risposte definitive non è strano che alcune scuole e istituzioni accademiche decidano di seguire percorsi contro-intuitivi e tradizionali basati sull’idea che le nuove tecnologie non favoriscano ed anzi reprimano capacità immaginativa e creativa e lo sviluppo di capacità decisionali e di problem solving.

Tablet e smartphone in aula

Sotto esame è anche il ruolo del tablet o dello smartphone in classe e durante e ore di lezione. L’attenzione all’uso di dispositivi tecnologici in classe è dettata dalla necessità crescente di migliorare la didattica e dotare gli insegnanti di nuovi strumenti per comprendere e gestire i comportamenti emergenti dei ragazzi e i loro effetti dirompenti sull’insegnamento e sull’apprendimento. Il problema non è superficiale se molte scuole hanno deciso di proibire l’uso dei dispositivi personali in aula con l’obiettivo di limitare il livello di “distrattenzione” e di diminuire le possibilità impedire un normale svolgimento delle lezioni. Ci sono scuole, nelle quali se i ragazzi vengono sopresi a usare uno smartphone si ritrovano il dispositivo confiscato e rinchiuso in cassaforte in attesa che i genitori vengano a prelevarlo e per questo motivo hanno conquistato le prime pagine dei giornali. Altre scuole stanno affrontando investimenti crescenti per dotare le loro aule delle più moderne e aggiornate tecnologie ma condividono la preoccupazione del ruolo di disturbo nell’apprendimento che i dispositivi tecnologici possono giocare in aula, in particolare se usati per una interazione sociale attiva durante le ore di lezione.

La London School of Economics ha calcolato che vietare l’uso del dispositivo tecnologico in classe significa far guadagnare ai ragazzi una settimana intera di studio nell’arco dell’intero anno accademico, con vantaggi e benefici evidenti soprattutto per i ragazzi meno performanti o con problemi di apprendimento. Il divieto è tanto più utile quanto più elevata è la tentazione di usarlo da parte dello studente e la sua difficoltà a rinunciare al richiamo della connessione, dell’intrattenimento e della interazione sociale digitale.

La Waldorf School ha scelto da sempre di bandire la tecnologia dalle aule per favorire il problem solving nelle lezioni scientifiche e di matematica e la libera espressione creativa degli studenti attraverso attività artistiche come la pittura e il disegno, attività sostitutive ai semplici e rapidi download di contenuti da consumare su un tablet o laptop. L’approccio è ritenuto dalla scuola come capace di far vivere felicemente la classe dimostrando la sua maggiore efficacia rispetto all’uso di immagini e contenuti che abitano il display di un dispositivo.

Gli insegnati sono impegnati in forme di didattica che prestano attenzione all’apprendimento ma anche agli studenti come singoli individui coinvolgendoli in esperienze dirette e pratiche capaci di sedimentarsi nella loro mente e rimanervi per sempre. Sicuramente molto di più di quanto possano rimanervi contenuti ed esperienze digitali che per definizione si bruciano nel frangente di un attimo essendo vissute nell’eterno presente che caratterizza tutta l’esperienza online.

Mentre molti si stanno cimentando nel disegnare nuove architetture d’aula finalizzate a forme didattiche sempre meno frontali, La Waldorf ha scelto di rimanere fedele a banchi di scuola tradizionali e ad aule rese piacevoli e rilassanti dalla presenza di arredi, accessori e piante ornamentali. Il tutto pensato per ridurre la distrazione, favorire il dialogo tra insegnante e studente e incoraggiare un coinvolgimento maggiore o simile a quello che oggi incatena un ragazzo al suo dispositivo ma in situazioni nelle quali il dispositivo non c’è e non può essere usato.

Le motivazioni per una scelta low-tech rivolta al futuro dei ragazzi

Un altro elemento interessante (intrigante) che emerge dalle motivazioni che spingono i genitori hypertech a mandare i figli ad una scuola lowtech è la preferenza che molte aziende sembrano prestare a curriculum che evidenziano la capacità innovativa dei potenziali candidati e la loro propensione alla risoluzione e gestione di problemi. Due capacità che sembrano meno sviluppate in persone che hanno sviluppato fin da giovani una forte dipendenza dalla tecnologia.

La scuola della Silicon Valley non è la sola ad avere adottato approcci che sembrano andare contro corrente. In Inghilterra ad esempio ci sono scuole nelle quali, con l’obiettivo di favorire una integrazione graduale dei dispositivi tecnologici in classe, viene suggerito ai genitori di vietare l’uso del televisore fino all’età di 12 anni e poi di permettere la visione di soli documentari, di impedire l’accesso a Internet fino all’età di 16 anni sia a casa sia a scuola e di permettere l’utilizzo di un computer solo come strumento di studio ma dopo i 14 anni. 

L’approccio appare conservatore e contro-intuitivo e sicuramente politicamente scorretto. Queste sperimentazioni draconiane non sono semplici voci fuori del coro ma frutto di evidenze, sperimentazioni e convinzioni che spingono a scegliere strade diverse da quelle che tutti, in particolare i media, sembrano indicare.

Sono approcci che evidenziano la convinzione che la tecnologia è meno importante nella formazione dei ragazzi di quanto si vada sottolineando. Alla base c’è la maggiore rilevanza assegnata a capacità quali il decision making, la creatività, l’immaginazione e l’innovazione,  la concentrazione. Tutte abilità ritenute superiori alle nuove abilità esprimibili attraverso una bravura da giocolieri e dattilografi sui display di un tablet o di uno smartphone. Senza contare il fatto che molta della tecnologia che oggi appare come all’avanguardia potrebbe diventare obsoleta nel giro di pochi anni e rivelare a quel punto l’abbaglio collettivo da essa generato come strumento di evoluzione e maturazione.

La tecnologia sta abituando molti ragazzi alla semplificazione e alla linearità ma la realtà si manifesta sempre più nella sua complessità e imprevedibilità. Ciò che serve non sembra tanto sapere andare da un punto ad un altro il più rapidamente possibile ma saper riflettere criticamente prima di intraprendere un percorso, farlo con una visione olistica delle cose e con una capacità decisionale maturata con esperienze reali e dirette nella realtà concreta della vita di tutti i giorni e diversa da quella digitale e virtuale online.

Benchè la narrazione online sia strapiena di studi, notizie e articoli che sottolineano la sofferenza e il disagio espressi da ragazzi privati dei loro dispositivi, il feedback degli studenti della scuola Waldorf sono positivi.

Riflessioni finali

In uno studio pubblicato nel 2015 dal titolo “A critical review of the evidence for learning outcomes” prodotto da Haßler, B., Major, L. & Hennessy, S. e pubblicato sul Journal of Computer Assisted Learning, i ricercatori hanno preso in considerazioni 33 studi sul ruolo del tablet in classe evidenziando come la maggiore di essi propenda per una valutazione positiva ma indiscriminata dello strumento tecnologico perchè non supportata da valide referenze in termini di risultati e conoscenze. Dopo avere selezionato 23 studi la ricerca ha evidenziato come le posizioni a favore e contrarie si equivalgano.

Tutti sottolineano la potenzialità dello strumento per l’apprendimento ma anche il ruolo e gli effetti collaterali che possono derivare da metodologie e modelli didattici improvvisati, da capacità di gestione del progetto inadeguate o dall’assenza di qualsiasi tipo di strategia, gestione, supporto e organizzazione dei progetti e dalla presenza di insegnanti con inadeguate conoscenze tecnologiche. Le pratiche in corso non sembrano suggerire strategie vincenti e predefinite e spiegano l’emergere di una riflessione critica come quella della scuola della Silicon Valley oggetto di questo articolo.

Al di là della notizia in sé, molto interessante, è sorprendente che a sostenerne strategia e approccio didattico siano proprio le persone che con le loro conoscenze tecnologiche hanno dato vita alla realtà attuale, sempre più condizionata tecnologicamente e oggetto di una narrazione ideologica che ne decanta ogni giorno i benefici, i vantaggi, la trasparenza e la utilità, anche a scuola.

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