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Aziende e Social Media : quando la pubblicità passa attraverso il web

Aziende e Social Media : quando la pubblicità passa attraverso il web

26 Agosto 2015 Biancamaria Cavallini
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Biancamaria Cavallini
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Gli ultimi dati ci dicono che ci sono più di 3 miliardi di persone attive sui social media. Il 40% dell’attuale popolazione mondiale. L’intera popolazione mondiale esistente nel 1960.

Qualche giorno fa qualcuno mi diceva che velocemente come sono arrivati, i social network sono destinati a esaurirsi, a collidere su se stessi. Non possiamo saperlo. Potrà accadere. Sicuramente ci saranno forti sviluppi e sempre più la realtà sarà una realtà aumentata. Tuttavia, realtà sarà. Ormai non si può nemmeno più parlare del binomio digitale-reale perché il digitale è quanto di più reale oggi ci sia. Lo sanno benissimo i nativi digitali, lo intuiscono gli adulti, lo sottovalutano le aziende.

Un paio di giorni fa mi sono imbattuta in un video di una ragazza che sul web ha quasi 150 mila followers. Era un video in cui testava alcuni prodotti, della stessa tipologia ma di diverse marche. L’idea era quella di assegnare il premio al migliore. Nessuna commissione da parte di qualche brand, semplicemente la sua curiosità nel provare prodotti diversi e la sua goliardia nell’esperienza d’uso. Come potrete immaginare alcuni prodotti andavano meglio, alcuni peggio, su un paio ha sparato proprio a zero. E poi ha eletto il vincitore.

Più guardavo il video e più pensavo: certo che il vincitore ha una risonanza pubblicitaria non trascurabile. Quasi 150 mila potenziali nuovi clienti. Non contando chi, come me, non segue la ragazza in questione, ma si è imbattuto nel video e ora ha la curiosità di provare il prodotto da lei premiato.

Ebbene, dopo aver riflettuto ho deciso di scrivere all’azienda vincitrice. Ho segnalato loro il video e mi sono permessa di consigliare loro di condividerlo. Perché no?

 Analizziamo gli elementi:

  • possibilità, per l’azienda, di avere pubblicità a costo zero (pubblicità che aveva - volente o nolente - già ottenuto dalla sola messa online del video - perché dunque non sfruttarla maggiormente?)
  • possibilità di condividere il video di una ragazza mediamente seguita- sulla base dei numeri che fanno gli influencer - e ottenere una cassa di risonanza non trascurabile (in termini di reazioni, condivisioni, conversazioni, like, visite alla pagina dell'azienda, ecc.)
  • possibilità di inviare alla ragazza uno stock del prodotto da lei premiato, con conseguente, inevitabile - secondo le logiche del web - secondo video da parte sua
  • creazione, a questo punto, di una storia. Di una relazione. Di una conversazione. Azioni che rimandano ad altre azioni. Viralità che aumenta.
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L’azienda in questione ha guardato il video, mi ha risposto, mi ha ringraziato, ma non ha seguito il consiglio. Ecco uno dei motivi per cui dico che le aziende sono mediamente ancora troppo indietro.

Anche l’azienda più contestata nel video avrebbe spazio in termini di visibilità. Lo ha già inevitabilmente avuto in termini negativi, ma perché non ribaltare la situazione?

Potrebbe ad esempio sfidare la ragazza, invitandola a testare un loro nuovo prodotto. Potrebbe indire un sondaggio per capire se anche altre persone condividono la sua stessa opinione. Aprire un canale per raccogliere suggerimenti e migliorare il prodotto in questione. 

Non nascondere la sconfitta, dunque, ma piuttosto cavalcarla. Facendone un manifesto. Utilizzandola come occasione per affermarsi online - e quindi sul mercato - in maniera del tutto nuova.

Non c’era forse qualcuno che diceva che non esiste cattiva pubblicità?

Esiste solamente la creatività, aggiungo io. Perché è la creatività che, nell’era dei social media, fa la differenza.

 

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