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Ciò che si demonizza, spesso diventa lo strumento più usato dal “demonio” (o dal dominio).

Ciò che si demonizza, spesso diventa lo strumento più usato dal “demonio” (o dal dominio).

28 Marzo 2017 Interviste filosofiche
Interviste filosofiche
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Ripartiamo dall’essere umano e troviamo un punto di vista in cui credere e in cui siamo certi ci sia una via per la felicità. Poi testimoniamolo nella vita e raccontiamolo ai più giovani. La tecnologia fa più o meno la stessa cosa. La tecnologia fa credere a tutti di essere la protagonista assoluta del futuro e chi può parlare attacca il fenomeno invece di testimoniare di credere in qualcosa (un pensiero, un metodo, una “vita) e lo demonizza. Il progetto a cui sto lavorando è appunto questo: generare un punto di vista di pensiero generante a sua volta una via che può portare al benessere.

Carlo Mazzucchelli  intervista Giorgio Schivo, Manager, insegnante, imprenditore, web content editor e .... filosofo

Sei filosofo, sociologo, piscologo, studioso della tecnologia o semplice cittadino consapevole della Rete e vuoi partecipare alla nostra iniziativa con un contributo di pensiero?                                           .

Tutti sembrano concordare sul fatto che viviamo tempi interessanti, complessi e ricchi di cambiamenti. Molti associano il cambiamento alla tecnologia. Pochi riflettono su quanto in profondità la tecnologia stia trasformando il mondo, la realtà oggettiva e fattuale delle persone, nelle loro vesti di consumatori, cittadini ed elettori.

Sulla velocità di fuga e volontà di potenza della tecnologia e sulla sua continua evoluzione, negli ultimi anni sono stati scritti numerosi libri che propongono nuovi strumenti concettuali e cognitivi per conoscere meglio la tecnologia e/o suggeriscono una riflessione critica utile per un utilizzo diverso e più consapevole della tecnologia e per comprenderne meglio i suoi effetti sull'evoluzione futura del genere umano.

Su questi temi SoloTablet sta sviluppando da tempo una riflessione ampia e aperta, contribuendo alla più ampia discussione in corso. Un approccio usato è quello di coinvolgere e intervistare autori, specialisti e studiosi che stanno contribuendo con il loro lavoro speculativo, di ricerca, professionale e di scrittura a questa discussione.


Buongiorno, può raccontarci qualcosa di lei, della sua attività attuale, del suo interesse per le nuove tecnologie e per la riflessione filosofica a esse applicata?

Ho svolto fino ad oggi molte e diverse mansioni(Insegnante, imprenditore, consulente, tutor, content editor, etc…) e la tecnologia era sempre presente, benché io cambiassi anche radicalmente settore.

Ora ho un’attività turistica nella mia città, nel periodo estivo e il resto del tempo sono insegnante precario di letteratura e filosofia e ovviamente continuo a studiare.

Sto lavorando ad un progetto fondato su contenuti filosofici destinati alla moda o al mercato in genere. Un progetto completamente innovativo che ha come obbiettivo la diffusione di un pensiero filosofico attraverso il valore dato agli oggetti commerciati.

Sono molto interessato ai nuovi sviluppi del web e in generale tutto ciò che c’è di innovativo.

La prima riflessione che mi viene in mente oggi sulla tecnologia: invadente. Abbiamo oltrepassato la soglia, stiamo “ficcando” la tecnologia in ogni settore, a volte forzando la mano perché non c’è necessità.

Esiste ancora un mondo al di fuori della tecnologia?”.

 

Secondo il filosofo Slavoj Zizek viviamo tempi alla fine dei tempi. Quella del filosofo sloveno è una riflessione sulla società e sull'economia del terzo millennio ma può essere estesa anche alla tecnologia e alla sua volontà di potenza (il technium di Kevin Kelly) che stanno trasformando il mondo, l'uomo, la percezione della realtà e l'evoluzione futura del genere umano. La trasformazione in atto obbliga tutti a riflettere sul fenomeno della pervasività e dell'uso diffuso di strumenti tecnologici ma anche sugli effetti della tecnologia. Qual è la sua visione attuale dell'era tecnologica che viviamo e che tipo di riflessione dovrebbe essere fatta, da parte dei filosofi e degli scienziati ma anche delle singole persone?

Sto leggendo le domande una alla volta e mi rendo conto che dovrò ripetere qualche concetto, come tutti quelli che pensano ho pochi contenuti innovativi e ci giro sempre intorno. Tempi alla fine dei tempi ce ne sono sempre stati. Oggi i filosofi o gli esperti osservatori del mondo sono più in difficoltà, penso che siamo in tempi difficili da inquadrare e raccontare o descrivere.

La complessità della vita esiste da che mondo è mondo e oggi si è moltiplicata diventando complessità al quadrato o al cubo, la radice quadrata è però la velocità con cui si diffonde e che diffonde; cioè la complessità è incontenibile, ma il moltiplicarsi e la sua velocità ci stanno portando ad un immobilismo: andiamo così veloci che siamo fermi.

La globalizzazione sta diffondendo fenomeni sociali e ormai per chi è connesso non ci sarà più diversità geografica ma solo anagrafica. Un ragazzo di 14 anni di Milano sarà più in sintonia con un ragazzo di 14 anni di New York che non con i propri genitori ( cito A. Schiavone), quindi globalizzazione e riduzione complessità ma allo stesso tempo omologazione e abissale distanza generazionale.

Un filosofo di cinquant’anni del mondo di oggi non capisce quasi nulla. Quindi che fare? Vivere a fianco del divenire e al suo moltiplicarsi dato dalla tecnologia, senza demonizzare gli strumenti e contemplando il mondo come fosse Odradek di Kafka, ingenuo e fattuale; bisogna però eliminare qualcosa: non avere un profilo su tutti i social, non avere sempre il telefono in mano, dedicare costantemente del tempo alla contemplazione( basta una camminata in montagna o sulla spiaggia d’inverno o nel bosco) e non passare troppo tempo sul web; insomma non utilizzare “troppa tecnologia”. Gli strumenti non sono sempre neutrali come dicono, il discorso si allunga…  

 

Miliardi di persone sono oggi dotate di smartphone usati come protesi tecnologiche, di display magnetici capaci di restringere la visuale dell'occhio umano rendendola falsamente aumentata, di applicazioni in grado di regalare esperienze virtuali e parallele di tipo digitale. In questa realtà ciò che manca è una riflessione su quanto la tecnologia stia cambiando la vita delle persone (High Tech High Touch di Naisbitt) ma soprattutto su quali siano gli effetti e quali possano esserne le conseguenze.  Il primo effetto è che stanno cambiando i concetti stessi con cui analizziamo e cerchiamo di comprendere la realtà. La tecnologia non è più neutrale, sta riscrivendo il mondo intero e il cervello stesso delle persone. Lo sta facendo attraverso il potere dei produttori tecnologici e la tacita complicità degli utenti/consumatori. Come stanno cambiando secondo lei i concetti che usiamo per interagire e comprendere la realtà tecnologica? Ritiene anche lei che la tecnologia non sia più neutrale?

Se penso che la tecnologia non sia più neutrale (e ne sono convinto) penso allora che dietro ci sia un disegno e scivolo in complottismo e teorie esotiche e squinternate.

La tecnologia non è neutrale, ma la crisi del mondo moderno(o post-moderno) è avvenuta prima di questa grande abbuffata tecnologica. La tecnologia è al servizio di un punto di vista sul mondo sconveniente e pessimo: quello di mettere come unico obbiettivo il business, il guadagno e il soldo. Questo accadeva quando ancora non c’era Google.

Oggigiorno guidati dalla stessa mentalità, abbiamo molti strumenti in più: smartphone, pc, web, youtube, app, etc… che già di per sé allontanano l’essere umano da ciò che si presupponeva dovesse fare: contemplare, conoscere, seguire la virtù, etc… Cosa fare?

Io eviterei innanzitutto la critica, come  i vari documentari che raccontano la vita dei giovani con un piglio censorio; descrivono sempre abusi di ogni genere, senza provare invece a osservare e tentare (anche se è impossibile) di capire. Si alimenta così nei ragazzi un anticorpo istintivo, che valuta il consiglio, anche se magari giusto, come un giudizio e lo annulla.

Ciò che si demonizza, spesso diventa lo strumento più usato dal “demonio”(o dal dominio).

Ripartiamo dall’essere umano e troviamo un punto di vista in cui credere e in cui siamo certi ci sia una via per la felicità e poi testimoniamolo nella vita e raccontiamolo ai più giovani. La tecnologia fa più o meno la stessa cosa. La tecnologia fa credere a tutti di essere la protagonista assoluta del futuro e chi può parlare attacca il fenomeno invece di testimoniare di credere in qualcosa(un pensiero, un metodo, una “vita) e lo demonizza. Il progetto a cui sto lavorando è appunto questo: generare un punto di vista di pensiero generante a sua volta una via che può portare al benessere.

 

Secondo il filosofo francese Alain Badiou ciò che interessa il filosofo non è tanto quel che è (chi siamo!) ma quel che viene. Con lo sguardo rivolto alla tecnologia e alla sua evoluzione, quali sono secondo lei i possibili scenari futuri che stanno emergendo e quale immagine del mondo futuro che verrà ci stanno anticipando?

Ci stanno mostrando continuamente un mondo già visto, dove la tecnologia sarà presente dovunque e in ogni ambito. Sono convinto che il suddetto punto di vista era fantascientifico dieci anni fa, oggi è già visto e quindi di per sé è un filone esaurito .

Lo sviluppo che avremmo nei prossimi anni sarà di tipo orizzontale: scoperte e sintesi di ciò che è ed era già esistente. Nel senso che lo strumento tecnologico sarà utile per fruire di materiale d’archivio di luoghi e culture lontane e approfondire così il sincretismo che darà novità: non si andrà sulla Luna o su Marte, ma a scartabellare in qualche banca dati sulla musica popolare swahili.

Lo strumento tecnico sarà utile e non per forza creerà conflitto. Il problema oggi in Italia è che viene demonizzato il web da una politica scadente e da una classe dirigente non sempre all’altezza, per proporre un modello attuale degenerato e obsoleto, perché gestito secondo una vecchia mentalità che è lampante e solo chi la pensa così non se ne accorge. Quindi la tecnologia sta cambiando le nostre vite e soprattutto quelle dei più giovani, anche creando patologie su cui si deve intervenire e chi può dire la sua non è in grado di dare sempre risposte, ma anzi tende a demonizzare in toto il fenomeno più complesso della storia dell’umanità.

 

Secondo alcuni, tecnofobi, tecno-pessimisti e tecno-luddisti, il futuro della tecnologia sarà distopico, dominato dalle macchine, dalla singolarità di Kurzweil (la via di fuga della tecnologia) e da un Matrix nel quale saranno introvabili persino le pillole rosse che hanno permesso a Neo di prendere coscienza della realtà artificiale nella quale era imprigionato. Per altri, tecnofili, tecno-entusiasti e tecno-maniaci, il futuro sarà ricco di opportunità e nuove utopie/etopie. A quali di queste categorie pensa di appartenere e qual è la sua visione del futuro tecnologico che ci aspetta? E se la posizione da assumere fosse semplicemente quelle tecno-critica o tecno-cinica? E se a contare davvero fosse solo una maggiore consapevolezza diffusa nell'utilizzo della tecnologia?

Mi ricordo una intervista a Hobswam pochi anni prima che morisse, era già molto vecchio. Gli chiesero in qualità di storico dove ci avrebbe portato l’attuale crisi. Lui molto placidamente rispose che poteva dire cosa era successo in passato ma cosa sarebbe successo in futuro: “Non sono un futurologo!”, disse ridendo. Immagino questa sia una risposta giusta detta da una persona a cui non sono degno nemmeno di allacciare le scarpe. Quindi mi limiterò a dire cosa farò io negli anni a venire.

Ho 42 anni e sono fortemente “giovane” perché curioso, sportivo e attento. Un punto di partenza è un monito, sono le parole di Montale in un suo articolo dal titolo “Augurio”: “stare allerta”. Io penso di coltivare ora un leggero senso di felicità e quindi mi godo il mio tempo con intensità. La tecnologia diventerà invadente per chi si lascerà invadere. Il mondo contemporaneo(mai come adesso) ha messo in condizione tantissime persone di essere felici e questo anche grazie alla tecnologia: accesso alle informazioni, facilità di accesso ai grandi autori di ogni genere, possibilità con pochi soldi di vestirsi e trovare lavoro o leggere. Sono grandi sbocchi offerti dalla nostra contemporaneità.

Quindi né tecnofobo, né tecnofilo ma filosofo e quindi capace di tramutare la tecnologia come protesi in tecnologia come strumento e seguire una linea di pensiero che mi rispecchi e mi dia benessere. Prima della tecnologia c’è la persona e la persona deve trovare la via. E poi qualche piccola pagina di filosofia o letteratura che è sempre di ispirazione, come questa: “Non sprecare la vita in solitudine, incontrare qualcuno, condividere qualcosa, evitare la routine, goderci il nostro momento di festa.”, sto lavorando ad un progetto che è ispirato anche a queste parole di Gutierrez.

 

Mentre l'attenzione dei media e dei consumatori è tutta mirata alle meraviglie tecnologiche di prodotti tecnologici diventati protesi operative e cognitive per la nostra interazione con molteplici realtà parallele nelle quali viviamo, sfugge ai più la pervasività della tecnologia, nelle sue componenti nascoste e invisibili. Poca attenzione è dedicata all'uso di soluzioni di Cloud Computing e ancora meno di Big Data nei quali vengono archiviati miliardi di dati personali. In particolare sfugge quasi a tutti che il software sta dominando il mondo e determinando una rivoluzione paragonabile a quella dell'alfabeto, della scrittura, della stampa e di Internet. Questa rivoluzione è sotterranea, continua, invisibile, intelligente, Fatta di componenti software miniaturizzati, agili e leggeri capaci di apprendere, di interagire, di integrarsi e di adattarsi come se fossero neuroni in cerca di nuove sinapsi.  Questa rivoluzione sta cambiando le vite di tutti ma anche la loro percezione della realtà, la loro mente e il loro inconscio. Modificati come siamo dalla tecnologia non ci rendiamo conto di avere indossato delle lenti con cui interpretiamo il mondo e interagiamo con esso. Lei cosa ne pensa?

La domanda così posta ha un tono fortemente minaccioso e la risposta immediata è : “Siamo modificati dalla realtà e siamo modificabili, le macchine sono al servizio del dominio che è a servizio del business quindi sono contro le persone e vogliono solo consumatori. Più si è infelici, più si consuma, ergo vogliono infelicità, più si è malati più si consuma ergo vogliono falsi malati, non quelli veri, e così via. Vogliono insomma animali che consumino. Animali consumatori che però poi piangono per il pianeta che distruggono e l’ambiente che rovinano e per i cuccioli di cani abbandonati, insomma vogliono degli psicotici. In parte ci sono riusciti.”. Inevitabile questa lettura in base a questa domanda e in base ad un mood pessimista diffuso. Potrebbe essere una strada, ma io non la penso così, mi sembra troppo facile.

Tutto andrà peggio? Staremo a vedere. Ma come dice Montale “la partita è aperta”, il web ha liberato molti movimenti in Italia e in Spagna e penso in altre parti del mondo e ha dato vicinanza, fruizione di dati libera e facile, musica, video, poesia.

Un paese dei balocchi per chi non si fa travolgere. Basta imparare alcune regole: nulla è gratis, fruiamo di miliardi di contenuti gratis e in cambio diamo i nostri dati sensibili; non si può fruire di tutto, scegliere una cosa è leggerla, ascoltarla, sentirla: non farsi immobilizzare dal tutto; non regalare al web troppe “cose personali”(opinioni, canzoni, storie, etc…) perdono di valore, tenerle per sé. Va beh, poi alte piccole regole che non posso elencare tutte non per fare il prezioso ma per motivi di lunghezza.

 

Se il software è al comando, chi lo produce e gestisce lo è ancora di più. Questo software, nella forma di applicazioni, è oggi sempre più nelle mani di quelli che Eugeny Morozov chiama i Signori del silicio (la banda dei quattro: Google, Fcebook, Amazon e Apple). E' un controllo che pone il problema della privacy e della riservatezza dei dati ma anche quello della complicità conformistica e acritica degli utenti/consumatori nel soddisfare la bulimia del software e di chi lo gestisce. Grazie ai suoi algoritmi e pervasività, il software, ma anche la tecnologia in generale, pone numerosi problemi, tutti interessanti per un filosofo, quali la libertà individuale (non solo di scelta), la democrazia, l'identità, ecc.(si potrebbe citare a questo proposito La Boetie e il suo testo Il Discorso sulla servitù volontaria). Lei cosa ne pensa?

Penso che il genere umano odi decidere e che probabilmente il peggiore regalo che si possa fare ad una persona è di dirgli di prendere una decisione.

I Signori del silicio hanno un potere senza precedenti e hanno probabilmente come diceva Le Boetie un popolo che vuole essere guidato e soprattutto che non vuole essere libero. Quindi perdiamo identità reale mistificata dall’utilizzo di strumenti e motori di ricerca che falsano la nostra percezione del mondo, una velocità ossessiva che è fruibile solo attraverso le macchine, la nostra privacy non esiste più, una catastrofe. E allora? “Che il morto mangi il morto e noi vivi danziamo un ultima danza di morte. Ma che sia una danza!” Direbbe e ha già detto H. Miller. Quindi va bene! non va tutto come desideriamo, ma abbiamo sempre un’identità e un luogo per vivere.

La velocità di cambiamento potrebbe essere il mezzo attraverso cui in pochi mesi cambi tutto e diventi come noi desideriamo: le persone a cambiare idea ci mettono poco, così ha insegnato la storia.

 

Una delle studiose più attente al fenomeno della tecnologia è Sherry Turkle. Nei suoi libri Insieme ma soli e nell'ultimo La conversazione necessaria, la Turkle ha analizzato il fenomeno dei social network arrivando alla conclusione che, avendo sacrificato la conversazione umana alle tecnologie digitali,  il dialogo stia perdendo la sua forza e si stia perdendo la capacità di sopportare solitudine e inquietudini ma anche di concentrarsi, riflettere e operare per il proprio benessere psichico e cognitivo. Lei come guarda al fenomeno dei social network e alle pratiche, anche compulsive, che in essi si manifestano? Cosa stiamo perdendo  guadagnando da una interazione umana e con la realtà sempre più mediata da dispositivi tecnologici?

Una raccolta famosa di poesie comincia con una massima di un politico francese che diceva che se ogni tanto non guardassimo il mondo attraverso gli occhi dei poeti la vita sarebbe troppo triste.

Oggi invece guardiamo il mondo attraverso schermi di tv, computer, tablet o telefonini e in effetti penso sia alienante. Insegno ai ragazzini delle medie e trovo forti limiti diffusi sia di comprensione che di rielaborazione. Il modo di essere di questi ragazzi sembra sia imprigionato da due nemici terribili la paura e l’insicurezza.

Dentro di me sono convinto che siano sentimenti comunicati dai genitori e dalla società e invece questi ragazzi stiano assorbendo soluzioni che noi (quarantenni) non troveremo mai. Quindi non abbiamo bisogno di tecnologia controllata e limitata per motivi di salute, ma abbiamo bisogno di persone che siano in grado di fruire della tecnologia senza diventarne dipendenti.

In un libro di Finn Brunton e Helen Nissenbaum, Offuscamento. Manuale di difesa della privacy e della protesta, si descrivono le tecniche che potrebbero essere usate per ingannare, offuscare e rendere inoffensivi gli algoritmi di cui è disseminata la nostra vita online. Il libro propone alcuni semplici comportamenti che potrebbero permettere di difendere i propri spazi di libertà dall'invadenza della tecnologia. Secondo lei è possibile difendersi e come si potrebbe farlo?

Tutto dipende dalle motivazioni che uno ha di nascondersi.

L’ossessione della privacy è un fenomeno anglosassone e contemporaneo, che nasconde un sentimento antico e che ci riguarda da che mondo e mondo: la vergogna, shame, aidos(la dea greca), etc…

Ho difficoltà a rispondere a questa domanda perché non mi sento coinvolto e non sono turbato dalla paura che abbiamo i miei dati. Penso invece che l’invadenza tecnologica sia un fenomeno che caratterizza i nostri anni e avviene quando introducono macchine e software anche dove non ce ne è necessità.

Trovo che la tecnologia sia orami onnipresente, ma si può con qualche piccolo accorgimento non esserne avvelenati: leggere libri e non e-book(ovviamente se non si fa il viaggiatore di mestiere), spegnere la tv e il pc, non essere su nessun social e dopo tre mesi di disintossicazione decidere cosa fare. Ricordatevi però che l’ozio è importante e che non dovete essere intrattenuti in ogni minuto libero della vostra vita.

 

Vuole aggiungere altro per i lettori di SoloTablet, ad esempio qualche suggerimento di lettura diversa o complementare al suo libro recente? Vuole suggerire dei temi che potrebbero essere approfonditi in attività future? Cosa suggerisce per condividere e far conoscere l'iniziativa nella quale anche lei è stato/a coinvolto/a?

Penso che non sono fatto per fare interviste, perché voglio dire “tutto” e faccio confusione. Non so se il mio punto di vista sia emerso, allora lo racchiudo in queste ultime righe.

Sono favorevole alla tecnologia, sono convinto che tutte le novità per i primi anni diventino quasi invadenti e invasive; sono convinto che il presente che a noi sembra un labirinto sarà più semplice per chi è già nato digitalizzato; sono convinto che la tecnologia dopo il boom di questi anni ridurrà la sua diffusione a vantaggio di una ricerca più “reale nella vita reale “.

Così faranno molti giovani che oggi sono inebetiti. Mia figlia ha otto anni, non ha il cellulare e non penso di comprarglielo nel breve periodo, usa il mio meglio di me, e io lo so usare. Riconosce anche però i profumi delle erbette liguri: timo, basilico, maggiorana; perché quando era piccola giocavamo a “sentire gli odori” per le mulattiere. sempre annusare.

La tecnologia sarà sempre utile, l’abuso di tecnologia come altri abusi non dipende dalla tecnologia stessa ma da un periodo di forte crisi di pensiero che sta attraversando tutto l’occidente. Il nostro compito qual è?

Stare allerta e non potendo comprendere la complessità nella sua interezza cercare di vigilare affinché il nulla e il male non espandono il dominio.

 

Cosa pensa del nostro progetto SoloTablet?

Il progetto mi sembra contemporaneo e interessante, proprio perché ha come base l’idea di condividere e “mischiare” contenuti, mentalità e punti di vista come a generare un unica realtà in grado di dare risposte rapide e pertinenti; una necessità di ritmo e qualità indispensabile per esistere e proporre qualcosa di valido e che crei valore.

Qua termino la mia intervista e ringrazio per lo spazio concesso e lascio la mia mail per chi abbia desiderio di approfondire o bisogno di chiarimenti: .

* Tutte le immagini di questo articolo sono scatti di viaggio di Carlo Mazzucchelli (Alsazia)

** Le sculture fotografate sono di un'artista dalla quale acquisterei volentieri alcune sue opere: Gaby Kretz

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