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ART-icolo 20: Mi Approprio, Dunque Sono

ART-icolo 20: Mi Approprio, Dunque Sono

08 Luglio 2015 Walter Coda
Walter Coda
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Lunga vita all’arte e all’originalità! Tutto si può realizzare, l’importante è fare qualcosa. Ma in che modo? Disegno? Dipingo? Scolpisco? Decoro? Architetto? Plasmo? Grafico? O rubo? Attenzione alle parole che utilizziamo, perché solo i grandi artisti possono farlo. E già, appropriarsi di un’opera altrui per inventarne una nuova e stupire col particolare, così particolare che neanche i Creatori riescono a percepirlo. A loro immagine e somiglianza, col beneficio del dubbio: cos’è veramente Arte e compagnia bella?

Tanti mila anni fa, quando conchiglie e pigmenti vari davano il via a tutte le fantasie mentali degli Uomini Sapienti e Sapienti Sapienti, la materia chiamata Arte entrava in circolazione con la funzione di restituire alla Natura il gusto del bello. Plagio? Se pensiamo a ciò che conosciamo e non, “Sì” col punto interrogativo! Se osserviamo le correnti e le attività artistiche dalle Grotte di Lascaux alle proiezioni mappate di oggi, “No” col punto esclamativo? Pausa di riflessione: trasformazioni in altra forma letteraria o artistica, modificazioni e aggiunte consentono una rielaborazione dell'opera originaria, quello che suggerisce il diritto d’autore italiano. “Mi son spiegato chiaro?”

L’Appropriazionismo è il movimento culturale nato dall’esigenza di adoperare soluzioni creative di qualsiasi genere (oggetti, foto, video, pitture) di colleghi fantasiosi per farne dei propri lavori, apportando le giuste differenze con semplici o decisi ritocchi in un riuso che determina una nuova opera da celebrare. Anche se non siamo d’accordo, se tu fai qualcosa di interessante con l’Arte, col Tempo o con la Rana, io posso prendere ciò che hai fatto e farlo diventare intrigante e ricco, senza neanche chiederti il permesso. Seee, così divento famoso in un attimo, anzi prendo le foto su Instagram, le snapshotto - eeeh? - e le vendo. Ah, già fatto?

Come un lago senza fango, Sir, così limpido come un cielo d'estate sempre blu”. Non solo le arance sono meccaniche.

Richard Prince ha conferito alle foto un sistema nuovo di lettura: dimenticare ciò che è stato rappresentato dall’autore per confondere il contenuto e comunicare un altro significato, come pratica appropriazionista. L’artista americano è conosciuto e denunciato per vari azioni al limite della contraffazione, cause perse e vinte secondo scrupolose vicende legali. Insomma nel suo DNA c’è l’arte di rubare, in positivo, per sottolineare che anche l’immagine più banale e inutile può diventare arte. Mmm… sto pensando… Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn… chi vuole rottamare le foto del passato e fare dei bei quattrini?

Si parla tanto di etica e c’è chi vive impadronendosi delle cose degli altri. Bella storia! Ma tutto normale?

Si racconta che la prima scultura di Michelangelo sembra sia stata, secondo il Vasari, una Testa di Fauno, perduta, copiata dall’originale greco-romano della collezione De’ Medici. E poi da Picasso a Duchamp l’appropriarsi non pare sia stata una pratica troppo sbagliata. E anche queste frasi scritte qui sopra non sembrano essere lontane da un articolo trovato sul web (https://gianfrancomirizziit.wordpress.com/scritti/appropriazione-nellarte/). Dunque appropriarsi è un modo per capire che senza il passato non si va da nessuna parte. L’elemento “creatività” deve essere distinto dal percorso precedente, e trovare un modo per emergere, senza copiare, ma rinnovare. Come ripescare.

E poi, chi si appropria, non si fa né caldo né freddo.

Repechage!

 


2015 COPYRIGHT © Walter Coda - tutti i diritti riservati all’autore

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