Il fattore G

14 Febbraio 2014 Antonio Fiorella
Antonio Fiorella
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Quesito insolente, per i ricercatori scientifici di genetica, quello ampiamente citato nei libri di matematica e in Internet: “Il teorema irrisolto più importante di matematica è perché alcune persone vi sono portate ed altre non lo sono affatto”. E’ esattamente il tipo di domanda sulla quale inciampano gli studiosi che indagano sull’influenza della genetica nell’apprendimento scolastico.

La genetica si è occupata della salute pubblica, dell’agricoltura, delle politiche e di altri risvolti sociali. Il campo educativo è rimasto emarginato, e la scuola non è stata granché coinvolta.

Il sistema scolastico ha la responsabilità di fornire ai giovani gli strumenti necessari per vivere indipendentemente; ci sono in ballo enormi benefici nella formazione di una cittadinanza che abbia conoscenze linguistiche, matematiche e informatiche al cento per cento. Tutti siamo dotati di impronte digitali uniche e inconfondibili le une dalle altre, però il sistema educativo corrente troppo spesso reprime le individualità. E’ fondamentale la comprensione di quanto peso abbia il ruolo del DNA e quanto ne abbia l’ambiente circostante nella crescita e nella vita delle persone.

La tecnologia presto sarà in grado, per esempio, di utilizzare chips DNA per prefigurare potenzialità e debolezze degli scolari e di usare queste informazioni per implementare strategie per ciascuno di essi. La medesima tecnologia è già in uso per affrontare le malattie vascolari e immunologiche.

‘Nature and nurture’

Kathryn Asbury and Robert Plomin, autori del libro ‘G is for Genes’, indagano assieme a un gruppo di psicologi e ricercatori di genetica sui gemelli nati in Inghilterra e nel Galles fra il 1994 e il 1996.

Nello studiare le differenze fra gemelli zigoti e monozigoti è possibile approfondire il ruolo della natura e dell’educazione, e sviscerarne i segreti in una maniera che sia per gli studiosi significativa. Durante gli ultimi 18 anni intere famiglie hanno collaborato fornendo generosamente le informazioni, a loro sollecitate, che sono descritte nel libro medesimo cercando di determinare l’impatto della genetica nell’educazione e nei risultati scolastici.

La genetica comportamentale studia le influenze ambientali, separando quelle che scaturiscono da un ambiente condiviso da quelle maturate in un ambiente non condiviso. Il primo include tutti gli effetti che riguardano casa o vicinato, scuola, ambienti particolari, accesso alla TV o a Internet, relazioni familiari, paghetta, ecc.

Il progetto Genoma Umano fu completato nel 2003, vale a dire 50 anni dopo la scoperta della struttura e della funzione del DNA (Watson and Crick, 1953). Ha richiesto il coinvolgimento di 2000 ricercatori e il costo di 3 miliardi di dollari. Dieci anno dopo possiamo ricavare il genoma di un individuo in poche ore con meno di $ 20 mila. L’aspettativa è che i costi siano ulteriormente ridotti. Nel frattempo i ricercatori usano DNA arrays o microarray (comunemente noti come DNA chip o biochip), piccolissime sonde capaci di registrare un milione di varianti di DNA per volta. Ciò abilita i ricercatori a concentrarsi sulle parti di DNA che variano.

Un punto di forza è che i  ‘gene chips’ (DNA chip) possono essere orientati a svolgere determinate funzioni. I Cardiochip sono noti per essere collegati alla funzione cardiovascolare.

‘Genetically sensitive’

La maggior parte delle attitudini umane, inclusa la lettura, è influenzata dai geni e dall’esperienza; le persone con problemi fisiologici sono influenzate dagli stessi geni come chiunque altro. L’anormalità è normale. Le cose che facciamo possono essere considerate un ‘continuum’ del comportamento umano che lo rende simile, non distinto, da quello degli altri.

La continuità è di origine genetica e il cambiamento è di origine ambientale. Questa massima costituisce una delle pietre miliari delle nostre idee riguardanti l’orientamento educativo che tiene conto della genetica.

Sia per la lettura che per la scrittura abbiamo constatato una ereditarietà di oltre il 60%, evidenziando che gli stessi geni operano attraverso un ampio spettro di abilità. Gli insegnanti hanno accertato che i buoni risultati scolastici sono determinati al 68% da fattori ereditari.

Come società noi riteniamo la disabilità più accettabile della mediocrità. Secondo uno stereotipo corrente la prima presuppone un grado di impotenza mentre la seconda, erroneamente, si crede che sia dovuta a pigrizia e stupidità. E tuttavia bambini e adulti che faticano ad apprendere la matematica, hanno comunque necessità di superare l’impasse.

L’influenza genetica nell’abilità matematica è accertata, checché ne pensi Adrian Mathesis, presunto estensore della definizione del citato teorema irrisolto di matematica e personaggio forse inesistente. (Potrebbe essere un matematico con il senso dell’humor: Master degrees - Mathesis = MA Thesis). Il nostro gruppo di ricerca, sostengono Asbury e Plomin, comincia a identificare i geni che ne sono responsabili. Ma occorre tempo, gli effetti sono minimi. I ricercatori suggeriscono che molti aspetti ambientali hanno piccoli effetti che interagiscono con i geni in modo complesso.

In definitiva, quando i risultati scolastici sono deludenti, è semplicemente improponibile prendersela con i genitori, la scuola, i programmi educativi e gli additivi nei cibi.

L’ereditabilità dello stare in forma

Lo svedese Per-Olof Astrand, fisiologo, una volta disse che la miglior cosa che un aspirante atleta potesse fare era la scelta dei propri genitori. L’implicazione è chiara; le stelle dello sport nascono già dotate, non si diventa campioni solo per dedizione e volontà. Un’altra scuola di pensiero sostiene invece che le élite sportive sono il risultato di allenamenti lunghi e appropriati.

La verità è che quasi niente è determinato soltanto dai geni; condizioni ambientali e dedizione sono fattori molto potenti. Ironicamente, un buon modo di illustrare questo è guardare uno dei nostri schemi organizzati dai ricercatori. Circa 30 anni fa, a San Diego, fu creata la banca del seme per i vincitori dei premi Nobel; col tempo prese il nome “la Banca dei Geni”. Il fondatore, Robert Klark Graham, cominciò con il raccogliere campioni di sperma, facilitò l’unione di coppie provenienti da ambienti benestanti, permise a queste donne di avere campioni di sperma dalla sua banca. L’esperimento non funzionò in quanto, erroneamente, presupponeva che quoziente d’intelligenza e risultati fossero automatici, e che i geni avessero un ruolo determinante.

Persino a livello molecolare, i geni non si comportano in maniera prevedibile; possono venire attivati e disattivati, oppure le loro funzioni sono alterate da esperienze ambientali.

Non tutti traggono beneficio dalla crescita e dall’educazione nello stesso modo, il che rinforza la nostra convinzione che giovani e adulti con abilità atletiche hanno capacità molto diverse e hanno bisogno di essere allenati con metodi personalizzati.

Crediamo che a tempo debito scopriremo maggiori informazioni su quali geni sono collegati a quali comportamenti, e che questo ci aiuterà a confezionare su misura le opportunità per allievi e sportivi, ma un test di DNA non potrà mai prevedere il futuro con certezza poiché i geni non lavorano da soli.

Intanto si apprende che in fatto di resistenza fisica i geni ereditati dalla madre e dalla sua linea di discendenza sono più importanti di quelli ereditati dal padre. Ciò perché molta energia, ad esempio per gli sport di resistenza, risiede nel ‘mitocondrio’, presente nelle ovaie e non nello sperma.

La natura va assecondata, richiede dedizione per dare il massimo, l’allenamento è basilare, e nature differenti hanno bisogno di allenamenti diversificati.

La comprensione del divario esistente tra quoziente d’intelligenza e risultati attesi può rappresentare un buon inizio di programma per personalizzare il percorso educativo di ogni bambino.

Il suggerimento degli psicologi a genitori e insegnanti è che non dovrebbero mai lodare le abilità bensì l’impegno, cosa che con esperienza e intuito gli educatori hanno sempre fatto. Ciò evidenzia come talvolta la mente possa elaborare in anticipo sugli studi di laboratorio identici risultati, cosa che in qualche modo ci rassicura dal pericolo di deviazioni applicative in contrasto con il benessere collettivo.

Il comportamento umano è influenzato da una molteplicità di geni ed esperienze, dove ogni particella produce un piccolo effetto. La combinazione degli uni con le altre determinano chi siamo e cosa facciamo. Non arriveremo mai a stabilire successi e insuccessi intervenendo sui singoli geni. L’impatto sarebbe differente da persona a persona.

Investire in bambini svantaggiati

Un bambino con la sindrome Down ha una copia aggiuntiva del cromosoma 21 - un caso di eccesso di materiale genetico. Quello che non è stato ancora accertato è in quale modo il cromosoma 21 altera le capacità di apprendimento.

I bambini con la sindrome Williams sono deficitarii di una serie di geni nel cromosoma 7 - piccolissime parti di materiale genetico - e come risultato diretto hanno problemi di salute e un quoziente di intelligenza (QI) piuttosto al di sotto della media.

Bambini con simili alterazioni possono fornire un valido aiuto nella comprensione di come i geni interagiscono. Il fatto che una piccola alterazione, addizione o riduzione delle nostre informazioni genetiche possa influenzare così tanti aspetti della nostra anatomia, fisiologia e salute enfatizza fino a che punto i geni lavorano con modalità multitasking in connessione con altri geni. Come viene spiegato, i geni sono generalisti.

I bambini Down hanno una tendenza a cavarsela meglio con compiti che coinvolgono la parte visiva invece di quella uditiva. I bambini con la sindrome Williams, al contrario, mostrano di possedere più capacità nel parlare e nell’uso della lingua, essendo l’abilità nel comunicare verbalmente in genere migliore di quella visiva.

James J. Heckman, prof di economia dell’Università di Chicago, ha dichiarato in un articolo pubblicato nel 2006 che l’investimento in bambini svantaggiati è una iniziativa pubblica, alquanto rara, che tuttavia promuove la giustizia sociale e allo stesso tempo favorisce la produttività nell’economia e nella società intera. Heckman usa argomenti economici per sostenere le sue teorie e cioè che non si investe abbastanza nel periodo prescolastico.

Gli interventi dovrebbero essere mirati alle famiglie, aiutando a risolvere i problemi alla radice, piuttosto che delimitare l’azione di sostegno solo nelle scuole.

In UK i genitori possono richiedere, e ottenere, una speciale dichiarazione che consente di avere un supporto extra per i figli.

La personalizzazione

Il metodo di apprendimento Carnegie fu fondato da un team di scienziati cognitivi della Università Carnegie Mellon assieme a un gruppo di insegnanti, veterani, di matematica. Uno dei fondatori, il prof John Anderson, è noto per lo sviluppo del modello conosciuto sotto la sigla ACT-R (basato su come la mente funziona). I Tutori cognitivi possono personalizzare i materiali ‘prevedendo’ le difficoltà che ogni determinato scolaro può verosimilmente incontrare. Quest’approccio, basato sull’Intelligenza artificiale, adatta l’apprendimento della matematica ad ogni scolaro di una classe. Appena il soggetto comincia ad arenarsi si interviene con adeguato supporto.

Le persone con atteggiamento mentale rigido pensano che il talento sia un dono innato. Quel che è peggio è che anche gli scolari si avvicinano alle materie con una errata predisposizione che li conduce a irrigidirsi verso alcune materie e a preferire altre.

Ci sono buone idee su come aiutare un bambino a sviluppare una mentalità orientata verso ogni branca della conoscenza.

Il software Brainology aiuta gli scolari a conseguire progressi tramite un computer. Un PC si rivolge al singolo studente, consente di prendere una pausa o di ripetere una lezione. Non si deve necessariamente essere allineati agli altri 29 compagni di classe. Bisogna innanzi tutto insegnare a bambini (e adulti) ad avere una mentalità aperta, insegnare che il lavoro assiduo porta risultati, che si prova maggiore soddisfazione quando lavorando sodo si riesce a fare qualcosa che prima non si riusciva a fare.

Sebastian Thrun, prof della Stanford University, ha lamentato il fatto che le sue classi di Intelligenza artificiale, arrivate a 200 studenti, non andavano oltre. Essendo una persona proattiva ha poi creato una versione online, arrivando così a coinvolgere 160 mila studenti. Attraverso “Udacity”, una società privata da lui fondata, offre 11 corsi a studenti di ogni paese. Con costi stimati di un dollaro per studente, per classe.

Molti insegnanti qualificati confermano che la maggiore difficoltà nell’insegnamento consiste nel dover raggiungere buoni livelli, per tutti i bambini, nello stesso tempo.

Prima che un bambino cominci la scuola, propongono gli studiosi, dovrebbe essere raggiunto a casa propria sia dall’insegnante della sua prima classe sia da un tutore (key-worker).

L’investimento sin dalla più tenera età sui bambini di ogni estrazione sociale è garanzia di benessere per l’intera società.

AF

 

G is for Genes (The impact of genetics on education and achievement), Kathryn Asbury and Robert Plomin, Wiley Blackwell

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