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14 Febbraio 2013 Antonio Fiorella
Antonio Fiorella
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L’improbabile, nel possibile, è la metamorfosi.” La via (Per l’avvenire dell’umanità), indicata da Edgar Morin, è un’opera - testamento. Il filosofo e sociologo francese, noto per l'approccio interdisciplinare adottato nell’affrontare le molteplici sfide della modernità, lancia il suo grido d’allarme che suona come un’invocazione ad adottare il pianeta terra (madre terra), come nostra patria comune.

Non è fonte di rivelazione di conquiste che portano lontano (per esempio, alla scoperta dello spazio) né strada maestra dove pianificare il futuro, bensì un dedalo di percorsi che s’intrecciano e si dipanano in tutte le direzioni.

Il probabile è la disintegrazione.
L’improbabile, nel possibile, è la metamorfosi.”

E’ un reticolo di nodi che tengono insieme la tela come la trama di un tessuto: scioglierne uno equivale a disfare il tutto. Il testo abbraccia ogni branca del sapere, per intervenire con un disegno armonico a soccorso di questo nostro pianeta, da preservare e destinare alle generazioni future.

La parola sviluppo racchiude in sé il germe del male che ci affligge, che l’ossimoro sviluppo sostenibile può soltanto mitigare.

La crisi che attanaglia l’economia mondiale dal 2008 ha messo in evidenza l’assenza di regole idonee a prevenire prima e tamponare dopo i guasti causati dagli eccessi (non soltanto della finanza speculativa). Il crollo del muro di Berlino ha dato il via libera alle idee neoliberiste, che si stanno rivelando nefaste per la maggior parte della popolazione mondiale, e che si sono imposte a livello globale come forza dominante. Attraverso incorporazioni e acquisizioni, le multinazionali sono diventate dei colossi più potenti degli stati medesimi; capaci di muovere flussi di capitale da una piazza finanziaria all’altra, travolgendo leggi regolamenti e steccati, in nome del mercato e del dio denaro. Lo sviluppo senza freni ha generato nuovi ricchi; nuovi appetiti autoalimentano competizione e corruzione in un ciclo continuo. Le popolazioni di interi villaggi sono stati sradicati, andando ad affollare le bidonville delle megalopoli e a infoltire le fila della criminalità organizzata. In Cina, in India e in intere regioni dell’America Latina, il lavoro nelle fabbriche ha assunto forma di schiavitù, per i bassi salari e le condizioni generali.

Negli ultimi decenni sono aumentati i paesi divenuti più poveri rispetto al 1990 (rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato nel 2003), e all’interno delle nazioni più progredite è cresciuta la quota della popolazione che non supera la soglia della povertà.

Chi ha detto: “Lo sviluppo è un viaggio che comporta più naufraghi che passeggeri...”?

La concezione moderna che ravvisa nei numeri i soli requisiti validi di misurazione della scientificità è un’aberrazione. Il calcolo è eretto a strumento di conoscenza attraverso gli indici di crescita, di prosperità, di reddito: dati che pretendono di misurare tutto, ignorando però le “attività non monetizzabili” (come il lavoro domestico), l’aiuto reciproco, la solidarietà, l’uso dei beni comuni, “la parte gratuita dell’esistenza ... la gioia, la dignità... cioè il tessuto stesso delle nostre vite.”

Certo è già successo: la crisalide diventa farfalla ... l’umanità compie un significativo passo in avanti e quei problemi che sembravano irrisolvibili vengono superati come d’incanto. “Il principe Sakamuni ha elaborato il buddhismo al termine di una meditazione solitaria sulla vita, e poi, a partire da alcuni discepoli, una grande religione si è diffusa in Asia. Gesù era uno sciamano della Galilea che enunciò senza successo la sua predicazione al popolo ebraico,” poi il suo messaggio, ripreso dagli apostoli, si diffuse in tutto l’impero romano. La scienza moderna è nata a partire da alcune menti “devianti e disperse”: Galileo, Bacone, Cartesio...

Non si vuole “idealizzare le società tradizionali” che mantengono gerarchie, chiusure, ingiustizie. “Bisogna considerare le loro ambivalenze, e vedere anche le loro qualità.” Occorre anche preservare e promuovere quegli aspetti della civiltà dei paesi occidentali dove si sono registrati progressi, come nei campi dei diritti civili (i diritti dell’uomo, della donna, la democrazia).

Ma l’orda capitalistica ha purtroppo creato un merchandising generalizzato che ha spazzato via costumi, usanze, conoscenze antiche presso popolazioni dove c’era mutuo aiuto, solidarietà, indipendenza, i cui beni appartenevano a tutta la comunità.

Un tempo ciò che aveva valore non aveva prezzo; oggi, ciò che non ha un prezzo, non ha valore.” (Patrick Viveret)

Oggi l’acqua delle sorgenti viene venduta in bottiglia; sole mare e aree incontaminate sono esposte all’incanto presso le agenzie di viaggio; e c’è persino la riduzione in schiavitù dei lavoratori, la tratta delle donne da avviare alla prostituzione, il commercio di bambini e di organi umani.

 

La popolazione mondiale, già passata da 3 a quasi 6 miliardi, negli ultimi 50 anni, potrebbe raggiungere i 9 verso il 2040.

Il totale del PIL mondiale si aggira intorno ai 54 mila miliardi di dollari; viene stimato che i capitali speculativi siano 10 volte il PIL mondiale, ossia circa 540 mila miliardi. Questo fiume di denaro, (virtuale, ma nondimeno propulsivo), genera profitti vorticosi. Ha sull’economia  mondializzata la forza di un tornado; produce e trasferisce grandi ricchezze, riduce in povertà larghi strati di popolazioni; degrada in miseria la povertà dei piccoli contadini che abbandonano le terre rese improduttive dal commercio mondiale drogato dalle sovvenzioni statali dei paesi forti, dalla speculazione, dai derivati; accresce l’illegalità; distrugge il preesistente tessuto culturale di sussistenza e solidarietà.

Benché Darwin abbia dimostrato le origini dell’uomo, attraverso una lunga evoluzione animale, “le scienze del XX secolo mantengono la disgiunzione uomo/animale e cultura/natura.”

Da un lato l’organizzazione “disgiuntiva della conoscenza scientifica e tecnica” ha prodotto conquiste innegabili, dall’altro “la chimera del dominio totale del mondo” ha condotto (e continua a condurre) a disastri irreversibili.

Da conoscenze parcellizzate, separate, “deriva il paradosso di una conoscenza che produce più cecità che lucidità.” Sembra logico che il paziente affetto da una patologia debba essere considerato prima di tutto una persona; che gli specialisti della salute, per quanto eccellenti nelle loro tecniche d’intervento, dovrebbero riconoscere nel medico generico l’apice della gerarchia medica; ma non è così che avviene. Anche se siamo tutti plaudenti di fronte a un’orchestra diretta magistralmente e riconosciamo l’importanza del ruolo del direttore d’orchestra, nell’esecuzione di un’opera sinfonica, non applichiamo il medesimo approccio in tutti i campi.

“L’ecologia appare la prima scienza sistemica e transdisciplinare,” tarata sul’osservazione della natura, costituita da ecosistemi e dalle interazioni fra animali, vegetali e agenti climatici.

Lo sviluppo sfrenato ha portato al degrado della biosfera in modo (forse) irreversibile. L’inquinamento industriale, agricolo, urbano, atmosferico, si riversa nei fiumi, nei laghi fino a coinvolgere le falde freatiche e i mari. La corsa per l’accaparramento delle energie fossili, l’uso dei pesticidi, le catastrofi nucleari, tutto concorre ad aggravare la situazione in modo esponenziale.

L’acqua è madre della vita; è la parte “costitutiva di tutte le cellule” degli organismi viventi; ciascun essere ha bisogno d’acqua per la propria sussistenza.

Il consumo quotidiano medio negli USA è di 600 litri (in California di 4100 lt), in Italia di 213 lt, nei paesi in via di sviluppo di circa 20 lt. “Le falde freatiche continuano ad abbassarsi pericolosamente in tutto il mondo a causa dei prelievi eccessivi destinati all’agricoltura e alle attività industriali.” Gli inquinamenti dei corsi d’acqua avvelenano le falde freatiche e i mari andando ad aggravare l’habitat marino: “il plancton, sorgente di vita dei pesci, è anch’esso minacciato.”

Lo sradicamento degli alberi delle foreste e il dissodamento della terra accentuano il disequilibrio idrico e la desertificazione.

Dagli anni ’80 del sec. scorso la politica dell’acqua promossa dai gruppi dirigenti dei paesi occidentali si è spostata verso la privatizzazione dell’acqua: “da bene comune a bene economico.” Il servizio idrico privatizzato non ha registrato né miglioramenti né diminuzione dei prezzi.

“Una politica su scala del pianeta richiederebbe un consenso degli stati e un ufficio mondiale dell’acqua dotato di poteri, evenienza che non può ancora essere presa in considerazione.” Ma necessaria. 

La via delle riforme richiederebbe l’abbandono tout court dell’idea della crescita continua, indefinita; l’elezione di “un consiglio di sicurezza economica permanente... destinato ad attuare regolazioni efficaci; cooperazione Nord-Sud; riqualificazione delle economie di prossimità (orticultura, artigianato, piccole e medie aziende); sviluppo di un’economia verde.”

La riforma del pensiero (*) deve guidarci nella gestione della sovrabbondanza di informazioni. “Sempre più difficilmente riusciamo a contestualizzarle, organizzarle, comprenderle.” Il bombardamento dei media di conoscenze minuziose, non valutabili in un contesto di riferimento, produce ignoranze globali.

La riforma della conoscenza reclama un pensiero della ‘relianza’: capacità di collegare le conoscenze fra loro, “le parti al tutto, il tutto alle parti, e che possa concepire la relazione del globale con il locale;” capacità di formulare un pensiero complesso; ossia “l’attitudine a reagire in maniera pertinente in situazioni nuove.”

Come è stato detto “gli analfabeti del XXI sec. non saranno quelli che non possono né leggere né scrivere, ma coloro che non possono apprendere, disapprendere, riapprendere.”

In un mondo incerto, quindi, ogni decisione diventa una scommessa sul futuro che richiede di essere verificata strada facendo. Ne deriva che l’implementazione più adeguata non può prescindere da una strategia iniziale, con verifiche in corso d’opera e correzioni di rotta che tengano conto di nuovi dati, dei rischi connessi e di informazioni aggiornate.

“L’insegnamento attuale fornisce conoscenze senza insegnare cos’è la conoscenza... che comporta un rischio di errori e di illusioni.”

Ora abbiamo costatato che “le certezze dei comunisti” dell’URSS e della Cina di Mao erano “grossolane illusioni.” L’intelletto, il linguaggio hanno dei limiti che ci inducono spesso in errore. “Se una volta era possibile seguire il corso della II guerra mondiale con bandierine fissate sulla carta geografica, ora non è più possibile.” La mappatura degli scenari futuri di una guerra mondiale, così come di qualsivoglia evento socio-economico, è diventata di difficile valutazione e realizzazione.

 

Il modello agricolo che ha traghettato la popolazione mondiale verso i 6 miliardi di individui appare esausto.

Secondo un ministro dell’agricoltura ivoriano “l’Africa resta il continente che produce ciò che non consuma e consuma ciò che non produce.” Un paradosso creato dalla convergenza della politica dei paesi ricchi (che sovvenzionano le loro produzioni agricole) e dei paesi poveri (che favoriscono le esportazioni, a scapito della loro sovranità alimentare). Le sovvenzioni agricole nella produzione di cereali da parte degli USA e dell’UE scoraggia le coltivazioni locali e spinge fuori dal mercato i piccoli contadini che praticano una agricoltura di sussistenza. A tutto vantaggio degli agro-investitori che godono del sostegno dei governi bramosi di valuta estera pregiata.

“A questo si aggiunge il neocolonialismo agrario con il massiccio acquisto di terre dell’emisfero Sud. Il business del Nord acquisisce terre fertili, grandi talvolta come Stati, mentre il capitalismo cinese, brasiliano o indiano si accaparra i giacimenti di materie prime.”

La rivitalizzazione delle campagne dovrebbe avvenire attraverso la ripopolazione dei borghi e dei villaggi rurali, l’utilizzo delle energie rinnovabili, dei mulino ad acqua, la riapertura delle botteghe, il ritorno alla riparazione e riutilizzo dei prodotti, all’artigianato. La nuova politica dovrebbe fondarsi sul diritto alla terra dei contadini del Sud che ne sono stati espropriati (come nel nord est del Brasile).

Le pratiche messe in atto dalle grandi corporazioni multinazionali, dall’industrializzazione alimentare agli OGM, sono misure commerciali che pilotano i mercati e portano a nuove crisi alimentari; è l’altra faccia della cultura dello sviluppo, che spinge al consumismo e comporta sprechi.

Le misure di lungo respiro vanno in direzione del movimento slow food, del consumo di prodotti agricoli di stagione a Km zero, del commercio equo solidale, con l’accorciamento della filiera della distribuzione e il riconoscimento del giusto compenso al produttore locale.

La proibizione delle droghe favorisce le mafie, isolando il soggetto tossicodipendente, mentre la legalizzazione a livello internazionale ridurrebbe i facili guadagni del crimine organizzato; le droghe ora illegali sarebbero quindi vendute in farmacia.

L’autore estende il suo pensiero riformatore ai tanti temi che interessano la società contemporanea, dall’industria farmaceutica a quella alimentare, toccando città e habitat, trasporti pubblici e privati, ponendo l’imperativo d’invertire i flussi migratori, dando prospettive nuove ai popoli del Sud.

“Burocrazia e competitività sono le due mammelle del nostro tipo di società. La prima, ignora gli esseri concreti, la seconda li manipola.” Ma niente giustifica il decorso intrapreso dall’economia neoliberale.  La quale ha prodotto, oltre a povertà e miseria, l’abdicazione da parte dello Stato del ruolo assistenziale delle fasce di popolazione più bisognose. Dev’essere posto un limite a questo processo disgregativo da parte delle elite, a svantaggio della stragrande maggioranza dell’umanità; e dev’essere frenato il comportamento  rapace nei confronti del pianeta, con il depauperamento delle risorse naturali e fossili, insostenibile ai ritmi attuali.

Bisogna che l’uomo si liberi dalle sue intossicazioni, in primis da quella dell’automobile, per quanto sia “irresistibile,” concentrando “in sé tutte le virtù e tutti i vizi: la macchina è utile, piccola casa con le ruote, fedele animale domestico, moglie e amante...”

Ingordigia, velocità, divertimento, euforia tendono a “occultare un’assenza di senso e a colmare un vuoto interiore.” La riforma di vita consiste nella conquista dell’arte di vivere in equilibrio con quanto ci circonda, nella convivialità con altri esseri umani e nel rispetto dell’ambiente.

C’è un modo di contribuire al cambiamento, ed è quello di non rassegnarsi. (Ernesto Sabato)

La visione dell’uomo al di sopra della Natura, padrone assoluto del Creato, è una concezione antagonista.

Madre Terra deve assurgere a patria di tutta l’umanità (Matria).

“La speranza sa che la salvezza attraverso la metamorfosi, sebbene sia improbabile, non è impossibile.”

L’alternativa è che il pianeta Terra diventi invivibile, e la farfalla ritorni ad essere un bruco.

 

Antonio Fiorella

 

La via (Per l’avvenire dell’umanità), Edgar Morin, Raffaello Cortina Editore

 

(*) (link)

 

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