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Rischi connessi al tecno-attivismo: una conversazione con…

Rischi connessi al tecno-attivismo: una conversazione con…

10 Dicembre 2013 Antonio Fiorella
Antonio Fiorella
Antonio Fiorella
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C’è scritto: “E qui sta il rischio che stiamo tutti vivendo...”.

Questo ammonimento, che a fine capitolo tuona come una minaccia biblica, è denso di significato. Lasciato a mezz’aria assume il segno rivelatore di un bisogno impellente: quello di prendere aria, di dover riprendere fiato per poter riguadagnare quota - e di un richiamo. Il rischio impone una pausa di riflessione; ed è un invito implicito a raccogliere la sfida.

Sta qui l’inghippo: decidere o meno di raccoglierla, la sfida, piuttosto di cadere nel girone infernale dell’indifferenza. O nel paradosso di trovarsi, in periodo di pace, in stato di guerra permanente, (definita anche globale, asimmetrica, preventiva, ineluttabile, umanitaria) e non saperne neppure riconoscere le dinamiche.

Come tutti gli -ismi, l’attivismo fine a se stesso conduce a disastri. Il pragmatismo dei soldi, tanti e immediati, è stato il volano predominante degli ultimi decenni. E lo è tuttora. Il consumismo sfrenato di nuove tecnologie incurante delle ricadute sull’ambiente va a cozzare ciecamente contro l’intero pianeta. L’approdo al dirigismo che, in economia come nella ricerca scientifica & tecnologica, mira diritto, e soltanto, al massimo profitto - incurante degli effetti collaterali, racchiude in sé la minaccia di compromettere il futuro.

Continua la conversazione con Carlo Mazzucchelli a seguito dell’uscita del suo ebook Tablet, trasformazioni cognitive e socio-culturali, pubblicato dalla Delos Book. Anzi, il confronto è appena cominciato e promette di protrarsi ancora a lungo. Non solo perché Carlo ha già in cantiere un nuovo ebook, ma anche perché gli argomenti fermentano, debordano, si dipanano assumendo divagazioni che ci coinvolgono, per poi ritornare nel loro alveo d’origine.

[ Prima parte della conversazione: Tecnologia e sistemi umani: una conversazione con…]

Antonio: Siamo passati dalla figura inquietante del dottor Stranamore all’aspetto controverso (un po’ dandy) dell’homo tecnologicus il quale, in quanto appartenente alla classe dei privilegiati, diventa per antonomasia il target dei promotori di novità. Il che lo espone agli effetti collaterali, delle illusioni che si sovrappongono alla realtà, dell’inseguire un bisogno che appena soddisfatto ritorna inappagato, dirompente, perché all’orizzonte già è spuntato un nuovo gadget, un sole più splendente.

A quanto pare di danni collaterali ce n’è per tutti.

Carlo: Confermo il mio allarme ma anche la mia indeterminatezza nel dettagliare rischi e pericoli. I pericoli sono quelli dell’aumento della criminalità digitale e del furto di identità. Da essi ci si può proteggere aumentando la conoscenza del fenomeno e di come si muovono i nuovi criminali digitali ma soprattutto con nuovi comportamenti e nuove pratiche (ad esempio mai buttare ad un bancomat la ricevuta del prelievo fatto perché contiene interessanti informazioni per i malintenzionati, mai usare password standard fatte da ‘1234’ o ‘4321’, meglio usare frasi intere).

I rischi invece sono più intangibili, e non sono necessariamente di tipo economico o legati alla privacy. A preoccupare maggiormente è oggi quella che “Eugeny Morozov” ('L'ingenuità della rete') ha definito il lato oscuro della rete. Le cyber-utopie della rete sono diventate distopie e non sono più fonte immediata di cambiamento e maggiore felicità. Lo hanno compreso molto bene anche gli egiziani che hanno riempito le piazze del Cairo. Così come i movimenti possono usare Twitter e  Facebook per organizzare le loro rivoluzioni, anche i governi e chi detiene le varie forme di potere possono fare altrettanto. Russia e Cina sono due esemplari nella loro capacità di controllare, anche tecnologicamente, il dissenso e di incanalare l’opinione pubblica. In Russia ad esempio le Pussy Riots sono state raccontate come dissacranti la religione ortodossa mentre in realtà la loro protesta era contro Putin e il Patriarca ritenuto poco amante della religione e molto devoto al potere del premier.

I cyber-ottimisti e i tecnofili alla Ray Kurzweil possono continuare a vantare i vantaggi derivanti dalla evoluzione tecnologica che porterà alla singolarità tra il 2020 e il 2045. Da qui ad allora però il rischio vero è la ri-sorgenza di nuovi sistemi autoritari, più subdoli e pericolosi di quelli precedenti perché costruiti sull’edonismo (nuove forme di narcisismo) e sul consumismo (falsa libertà di decidere). Il rischio è che Internet possa rafforzare i forti e indebolire i deboli. Ma il rischio maggiore è che si accetti acriticamente il potere di Google e del suo motore di ricerca, un motore che è espressione di una filosofia dominante costruita purtroppo sulla diffusa ignoranza (non conoscenza) e ‘ingenuità della rete’.

I seguaci di Kurzweil potranno pur sempre attendere con trepidazione il 2020-2045, quando secondo lo studioso e geniale scienziato, le macchine bio-tecnologiche parleranno la nostra lingua, diventeranno un elemento naturale del corpo umano e saranno indistinguibili da altri organi umani nella loro capacità di soddisfare bisogni e permettere le nostre attività mentali e fisiche. Ma forse noi non ci saremo!

Per chi fosse interessato mi permetto di proporre una breve bibliografia di autori. A mettere in guardia nei confronti delle nuove tecnologie, tablet inclusi, sono ormai molti studiosi come lo psichiatra Daniel Siegel, la psicologa Sherry Turkle, autrice di ‘Insieme ma soli’ (un libro che consiglio a tutti di leggere: ‘Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri’), Nicholas Carr, la linguista Naomi Baron, la critica della tecnologia Maggie Jackson, la neuro-scienziata Maryanne Wolf autrice del libro 'Proust e il calamaro', Andrew Keen autore di Dilettanti.com

Antonio: Qui per me la curiosità diventa estrema. Viene prospettata la possibilità, per un robot, di cogliere ad esempio alcuni aspetti del linguaggio come l’ironia, il doppio senso, l’inganno?

Carlo: La risposta potrebbe venire dal film ‘2001 Odissea nello spazio’ e dal suo supercomputer Hal che aveva doti linguistiche elevate e capacità insospettate di cogliere (anche attraverso la lettura labiale) significati e semantiche nascoste dai suoi compagni di viaggio. La sua capacità nel cogliere la reticenza umana è però condizionata dal fatto che nessuno gli ha spiegato cosa fare quando si manifesta. Peccato che il conflitto in cui si è trovato, nel decidere se salvare l’astronave o gli astronauti, lo abbia portato a fare scelte sbagliate o… discutibili!

Gli esperimenti per dare qualche forma di linguaggio vocale (parlato) umano alle macchine sono praticati da decenni. Il tentativo di creare una interazione tra umani e macchine-robot rimane ancora senza risposte precise, principalmente per le problematiche che, secondo gli scienziati e ricercatori, sussistono in ognuna delle quattro dimensioni che caratterizzano lo sviluppo tecnologico: la comunicazione uomo-macchina, la percezione e la capacità di cogliere i movimenti, la capacità decisionale e l’apprendimento. Io aggiungerei anche la dimensione emotiva e umorale che trova espressione in ogni tipo di comunicazione verbale. E poi c’è il problema di integrare tutte queste funzioni o dimensioni tra di loro.

Gli studiosi non demordono e stanno oggi lavorando alla produzione di macchine bio-tecnologiche, sistemi cyborg non più semplicemente meccanici. La ricerca è diventata interdisciplinare e contempla le conquiste raggiunte in tutti i campi, dalle nanotecnologie, alla biologia, alla fisica quantistica, e così via. Tuttavia l’obiettivo per una macchina di riuscire a dialogare con l’uomo continua a rimanere una sfida di lungo termine. Nel futuro prossimo venturo ci potranno essere dei progressi, ma la sfida finale, quella ad esempio nel dialogo di fiutare l’inganno, rimarrà aperta.

Alla tecnologia l’ardua risposta! 

Antonio: Scorrendo le pagine finali del tuo ebook ho l’impressione che tu stia segando il ramo su cui sei seduto - ... Dobbiamo cambiare atteggiamento / programma oppure diventare soltanto più consapevoli? In tal caso però ritorniamo al divario tra chi fa / impone delle scelte a monte e chi segue supinamente il trend consumistico, o sbaglio? Intravedi qualche altra via d’uscita all’orizzonte?

Carlo: Bravo Antonio, hai colto il problema, che poi dipende da una mia grande incertezza e ambiguità, entrambe condizionate dal mio interesse persistente per la tecnologia. Il mio sguardo sulla tecnologia è preoccupato ma al tempo stesso sorpreso e incuriosito dalle mille potenzialità e opportunità che le nuove evoluzioni tecnologiche sono in grado di offrire. Non parlo solo delle tecnologie dell’informazione o Mobile, che più mi appassionano in questo periodo (vedi il mio progetto SoloTablet)  ma di quelle applicate alla biologia e alla medicina, alla neurologia e alla neurochirurgia, alla robotica e alla domotica, alla rete degli oggetti, ecc.

L’incertezza nasce quando l’osservazione mi porta a riflettere criticamente su alcuni effetti che già si stanno manifestando e che mettono in crisi alcune certezze e molti elementi e valori su cui è fondata la società in cui sono cresciuto. La tecnologia mi sembra ormai evolvere per conto proprio. L’uso che ne viene fatto può essere tanto più pericoloso quanto più la tecnologia può essere messa al servizio di scopi criminali, anti-democratici, manipolatori e lesivi delle libertà personali. E’ il caso del Datagate e delle molte violazioni della privacy e di furti di personalità, del video-controllo esteso ad ogni angolo di vita sociale, è il modo subdolo con cui realtà come Google, Facebook, Linkedin possono impossessarsi dei profili delle persone per poi condizionarne le vite in termini di comunicazione e informazione, di comportamenti consumeristici, di processi decisionali ecc. Infine è anche il caso di quanto si sta facendo in molti laboratori di ricerca che studiano il funzionamento del nostro cervello.

Il filosofo Slavoj Zizek, durante una conferenza a Milano di presentazione del suo ultimo libro ‘Meno di niente’,  ha raccontato di un incontro con uno scienziato francese che ha condiviso con lui un esperimento di laboratorio. Con macchinari e software adeguati i ricercatori hanno tracciato e registrato le comunicazioni neuronali trasmesse dal cervello di un topo alle sue zampe. Dopo aver memorizzato queste informazioni  su un personal computer collegato al topo, rimesso in una gabbia, queste registrazioni sono state usate per inviare segnali precisi al topolino e per ‘convincerlo’ a muovere le sue zampette a comando. A detta del filosofo esperimenti simili sono già stati fatti anche sugli esseri umani e sono tali da suggerire meno sicurezza sul fatto che siamo ancora liberi di pensare e agire con la nostra testa. Se il collegamento tra noi e il computer fosse stato fatto a nostra insaputa è infatti probabile che il nostro pensiero non sarebbe più ‘completamente nostro’.

Difficile non far derivare da ciò qualche sano pensiero di riflessione e un richiamo di allarme! Nel mio piccolo con SoloTablet cerco di fare la mia parte.

Antonio: So che hai in programma nuovi ebook? Ci puoi anticipare quali saranno gli argomenti che in essi verranno trattati? Saranno sempre a sfondo tecnologico?

Carlo: Si, perché grazie a Delos Book ho ora uno spazio come Technovisions nel quale pubblicarli. E’ già in fase di produzione un secondo ebook dal titolo provvisorio di Non tutto è quello che sembra: viaggio controcorrente per naviganti critici e intelligenti. In fase di scrittura c’è poi un ebook dedicato alla didattica e ai cambiamenti a cui è sottoposta dalla pervasività delle nuove tecnologie, non solo tablet ma connettività wireless, applicazioni software ecc.

Punto di partenza dei nuovi scritti raccolti nel secondo ebook è che le nostre idee sulla realtà sono semplici illusioni. Costruiamo queste idee nel tempo, quotidianamente, quasi senza accorgercene e ad esse tendiamo ad asservire i fatti. Li adattiamo all’idea della realtà che ci siamo costruiti, fino a convincerci che di realtà ne esista una sola. Peccato che le realtà esistenti sono però molte, poliedriche ed anche tra loro contraddittorie.

Le tecnologie moderne sembrano alimentare il nostro errore di prospettiva, con la loro pretesa di riempire le nostre vite, fornendoci strumenti semplificati e univoci di interpretazione della realtà e chiedendoci piena fiducia e sottomissione. Ma la realtà non si presta ad essere semplificata, la tecnologia non è neutrale, lo schermo del nostro tablet non è che uno specchio riflettente e non può diventare la porta verso la verità. Infine il mondo digitale non è che uno dei tanti mondi virtuali (in potenza) e paralleli che frequentiamo.

I testi raccolti nel secondo ebook offrono alcune semplici riflessioni utili alla conoscenza di fenomeni spesso sottovalutati e suggeriscono l’urgenza di elaborare una nuova presa di coscienza sull’uso della tecnologia, finalizzata alla produzione di maggiore informazione e conoscenza.

Il mondo digitale sta cambiando e nel farlo cambia anche noi. Stiamo rischiando di essere imprigionati all’interno di una bolla piena di filtri e di idee della realtà, lontana dai fatti reali e dai bisogni. Per evitare di esservi rinchiusi per sempre è necessario riflettere su temi quali la privacy, la cittadinanza, la relazione sociale, la democrazia, la ricerca di benessere e felicità personali ecc.

Antonio: La tua biografia recita: CM, laureato in filosofia, è un ex-dirigente d'Azienda. Mi incuriosisce il passaggio da laureato in filosofia a dirigente d’azienda... Qualche aneddoto in particolare da condividere?

Carlo: Tutto è stato casuale ma forse neanche tanto! Non è stato un passaggio rapido ma un percorso lungo facilitato dagli studi classici fatti, che hanno sicuramente contribuito a tutte le fasi di cambiamento sperimentate e perseguite, e dalla curiosità verso nuove esperienze coltivata grazie alla percezione (fissa) di non essere mai nella ‘normalità’ e alla necessità di cambiare costantemente.

Mai avrei immaginato che da umanista, sarei diventato prima un tecnico e poi un esperto di marketing. Mai avrei pensato di passare dal latino e dal greco (e il francese del classico) all’inglese imparato sul  campo negli Stati Uniti, attraverso lo studio ma soprattutto praticandolo nella vita di tutti i giorni.

Gli aneddoti che potrei raccontare sono numerosi e tutti tra loro connessi perché vissuti con la stessa inconsapevolezza della loro importanza e tutti favoriti da incontri casuali che, solo a posteriori, si sono rivelati importanti. Uno in particolare può rendere l’idea dell’incoscienza che spesso guida le scelte di una persona e il suo destino.

Partecipavo ad un meeting internazionale dell’azienda per cui lavoravo e un dirigente della ‘corporation’ mi propose di assumere la responsabilità europea per nuovi programmi finalizzati a sostenere nuove strategie aziendali ed a cambiare l’immagine dell’azienda. Era una proposta poco strutturata, ancora tutta da costruire e con molti rischi prevedibili perché da implementare su un territorio disomogeneo, culturalmente ed economicamente diverso e rissoso come quello europeo.

La voglia di cambiare e la curiosità mi spinse ad accettarla a due condizioni: la prima che potessi partire senza impedimenti per la mia vacanza già programmata in Patagonia e la seconda che non avrei voluto abbandonare Milano come sede principale della mia attività. Nessuna richiesta specifica di tipo economico o di benefit ma due condizioni che, forse proprio per questo, vennero tranquillamente accettate e che furono un punto di partenza per la crescita professionale futura, fatta di molte esperienze positive e grande soddisfazione.

 

Antonio: Dall’insieme del tuo racconto s’intuisce che ti piace viaggiare in posti un po’ fuori mano. Non è che dalle parti della Patagonia, o in qualche altro luogo dove sei stato, hai trovato un posto chiamato Kirghisia?

Carlo: No ma dopo essermi innamorato della Mongolia vorrei ritornrci attraverso un percorso che passa da Cina, Kazakistan, Tagikistan e Uzbekistan e Kirghisia (Kirghizistan (kirg. Кыргызстан)!

 

Antonio: In verità la vera domanda è se, dati i traguardi raggiunti in termini di sviluppo tecnologico, un posto come la Kirghisia potrebbe davvero esistere, nel senso di sistema di vita sociale radicalmente diverso, alternativo, sostenibile, fino a diventare una realtà esportabile in tutto il pianeta.

Carlo: Se capisco bene stai proponendo un viaggio diverso che ci porti a valutare benefici e vantaggi della tecnologia. Mi trovi più che pronto e disponibile anche perchè così avrei modo di comunicare meglio la mia visione che, pur mettendo in guardia dagli effetti della tecnologia, tutto è tranne che tecnofoba! In attesa delle nuove domande per continuare una interessante conversazione e speriamo che altri vogliano contribuire!

 

 

(continua.3)

 


 

Per chi volesse scaricare l'ebook Tablet, trasformazioni cognitive e socio-culturali, pubblicato dalla Delos Book.

Per chi volesse leggere la prima puntata di questa conversazione: Tecnologia e sistemi umani: una conversazione con…

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