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Il pesce siamo noi: sistemi di rilevazione e sparizione della privacy

Il pesce siamo noi: sistemi di rilevazione e sparizione della privacy

18 Maggio 2016 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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La violazione apparente o reale della privacy associabile alle nuove tecnologie di rintracciamento (non solo RFID ma anche Wi-Fi, Bluetooth, smart cards, strumenti biometrici, telefonia cellulare e Internet) è materia controversa. L’unica realtà non discutibile è quella di una presenza ormai pervasiva e ubiqua delle nuove tecnologie che caratterizzerà sempre più (sempre meglio?) il nostro futuro. Le persone attente all’etica ci aiuteranno ad interrogarci sui possibili utilizzi fraudolenti della tecnologia e lesivi della privacy.

“La nostra società è una zona tecnologicamente intossicata….” John Nasbitt

(Un articolo pubblicato nel 2008, forse ancora attuale.....)


Paul Virilio è forse uno degli studiosi meno noti del panorama filosofico europeo contemporaneo, ma un protagonista assoluto nello studio dello sviluppo della tecnologia in relazione ai comportamenti umani, personali, sociali e politici. Nel suo ultimo libro, “L’università del disastro”, edito da Cortina e di recentissima pubblicazione in Italia, Virilio torna su argomenti a lui cari quali quello dei rischi che l’uomo postmoderno sta correndo a causa del predominio della tecno-scienza e  della mancanza di strumenti di difesa e prevenzione nei confronti dei disastri che la scienza stessa può provocare nel quotidiano ma specialmente in un futuro nemmeno molto lontano (il medioevo prossimo venturo?. 



Per l’ambito d’interesse di questo mio articolo (pubblicato sulla rivista Computer Business Review del mese di Novembre 2008) ho ripreso, dal libro del filosofo francese e tecnofobo Paul Virilio, alcuni argomenti legati alle nuove frontiere del neuromarketing, al ruolo dell’immagine e della televideofonia ma soprattutto ai processi legati alla sicurezza che vedono l’installazione negli spazi urbani di chip di identificazione a radiofrequenza (RFID) finalizzati a decrittare i processi decisionali delle persone ( se utilizzati all’interno di contesti commerciali quali supermercati e ipermercati) ma anche a controllarne e a monitorarne spostamenti, atteggiamenti e comportamenti.

Il rischio paventato è quello di esseri umani che rischiano di diventare automi-cyborg fotosensibili, magari grazie a chip di identificazione a radiofrequenza di nuova generazione impiantati nel nostro cervello ( il primo a sperimentare l’impianto di un chip sul proprio corpo fu lo scienziato Kevin Warwick durante il suo esperimento noto con il nome di "Captain Cyborg") o in altre parti del corpo così come già avviene ad esempio in alcune discoteche di Amsterdam e Barcellona per facilitare l’ingresso veloce ai clienti VIP.

Scatole nere, transponder e cellulari

Gli utilizzi di queste tecnologie sono già molteplici e toccano ambiti di applicazione molto diversi. In Gran Bretagna ad esempio chip e software ad essi collegati vengono già oggi utilizzati all’interno di scatole nere, collegate a sistemi di geosorveglianza satellitare GPS,  installate sulle auto di conducenti che posseggono la patente da meno di tre anni.  L’installazione è richiesta dalle assicurazioni allo scopo di monitorare e controllare, in tempo reale, i percorsi stradali di questi conducenti, ma anche per rilevare la  velocità del loro veicolo, la durata di guida e gli itinerari scelti.

Un’applicazione scientifica innovativa che, usata per altri scopi, potrebbe essere di grande utilità a tutti i conducenti (essere trovati i caso di guasto sperduti nelle high hills scozzesi o in un deserto) in questo caso diventa invece un possibile sistema di controllo che trasforma il conducente meno esperto in una specie di detenuto con transponder applicato al corpo. Un paragone non esagerato e facile da comprendere. Pensate infatti al trasponder riproposto in Italia per risolvere il problema del sovra-affollamento delle carceri con l’obiettivo di mandare letteralmente a spasso i carcerati, dopo averli dotati di un sistema di rintracciamento e reperibilità geostazionaria costante,  attraverso braccialetti applicati alle loro caviglie.

Per rimanere nella realtà corrente, rintracciabili e reperibili sono ormai tutti (esclusi gli smemorati) coloro che, dotati di un telefonino cellulare, possono diventare destinatari passivi e soggetti attivi di attività promozionali finalizzate al marketing e alla vendita di prodotti al consumo. Il telefonino, in attesa che le nuove frontiere della scienza ci costruiscano addosso camicie e vestiti elettronici maggiormente invisibili e sofisticati, diventa cioè una specie di bussola cellulare pronta a reagire a qualsiasi telecomando marketing o ideologico ( campagne Tim e Vodafone ma anche uso degli SMS in campagna elettorale). Da strumento espressivo e di comunicazione il telefono cellulare diventa, in questa visione, il veicolo principale per farci ‘imprimere’ ( troppo tardi per avere una vita privata?) da ologrammi e messaggi mediatici che accelerano in modo esagerato la comunicazione in tempo reale per obbligarci al qui e subito della realtà tecno-scientifica in cui viviamo.

Una visione in positivo

La visione in negativo di Virilio, utile alla riflessione e quindi non facilmente annullabile,  è compensata in positivo dai molti utilizzi che delle nuove tecnologie viene fatto dalle persone  ma anche da realtà quali banche, ospedali, istituzioni e organizzazioni in genere. Le nuove tecnologie MEMS, WiFi, RFID ecc. non manderanno soltanto in pensione i codici a barre ma diventeranno in futuro ambiti e strumenti di sperimentazione per applicazioni sull’essere umano. E’ di recente pubblicazione ad esempio la notizia dell’impianto di elettrodi o chip RfID nella corteccia cerebrale di pazienti ammalati di Parkinson e di epilessia o colpiti da paralisi.

L’intervento permette ai medici di memorizzare su un computer i segnali neuronali del  paziente in cura ma anche di mandare stimoli neurali al cervello e di attivare nuovi sistemi di monitoraggio e supporto denominati come telediagnostica e telecaring. Questo ulizzo fatto su malattie ancora senza risposte definitive è già largamente praticato, anche in Italia, per tenere sotto controllo il percorso diagnostico e terapeutico di un paziente generico.

Il sistema prevede il ricorso a transponder (braccialetti) o a chip incapsulati in membrane apposite e iniettate sotto forma di capsule nelle parti grasse del corpo e capaci di comunicare in tempo reale il loro contenuto informativo (storia medica del paziente, situazione clinica, livello di temperatura corporea ecc.) alle strutture mediche di accoglienza in caso di urgenze o ricoveri. Il ricorso a tecnologie di questo tipo si va diffondendo soprattutto in quegli ambiti presi in esame dal filosofo citato in questo articolo quali la mobilità, i trasporti, il marketing ma anche la logistica e i servizi nella pubblica amministrazione ( nel 2007 la crescita italiana complessiva si è attestata, secondo un’indagine del laboratorio RFID del Politecnico di Milano,  intorno al 20%) .

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Nella grande distribuzione i sistemi di rintracciamento e reperibilità delle merci hanno reso la logistica e la produzione più efficienti non soltanto nella gestione della mobilità dei prodotti ma anche negli assemblaggi, nell’automazione, nella manutenzione e nella soddisfazione delle esigenze della clientela.

Visibilità come asset

Merci e prodotti quindi, ma anche individui e comunità, attraverso le nuove tecnologie (Wi-Fi RFID, UWB-Ultra Wideband, GPS, passive RFID, Choke-Point ecc.) diventano maggiormente visibili (ma dove vai se il Tom Tom e l’iPhone non ce l’hai?) e in grado di fornire al mondo esterno informazioni di auto-identificazione che dovrebbero facilitare la comunicazione, lo scambio, le transazioni e le relazioni.

La visibilità in questione assume un’importanza particolare per le aziende intenzionate a monitorare innanzitutto i loro asset materiali, le postazioni e collocazioni geografiche di questi asset e il loro stato ( attraverso il ricorso a sensori e sistemi di telemetria). Peccato poi se la stessa tecnologia Choke-Point applicata ad un consumatore permette di identificare immediatamente il passaggio di un cliente ‘taggato’ (dotato di transponder)  attraverso un lettore apposito posto in un’area di accesso/porta e di raccogliere su di lui informazioni e conoscenze utilizzabili per scatenare nuovi eventi, segnalazioni di allerta e allarme, volti a modificare o a incidere sui suoi comportamenti, le sue interazioni con l’ambiente e i suoi processi decisionali.

La  rintracciabilità delle persone grazie alla visibilità che l’utilizzo congiunto di tecnologie RFID e tecnologie wireless garantisce, permette oggi al mercato dell’ospitalità, hotel ma anche bagni marittimi e parchi di divertimento alla ‘gardaland’, di rendere più efficienti i loro processi operativi e organizzativi e di offrire numerosi servizi ai loro clienti aumentando la loro soddisfazione..

Parliamo di servizi di salvaguardia della sicurezza delle persone, di servizi context-based e di monitoraggio degli asset materiali delle persone in viaggio. Nel primo caso attraverso il monitoraggio dell’ambiente è possibile ritrovare dei bambini che si sono persi nella folla e riconsegnarli senza conseguenze ai loro parenti, nel secondo caso fornire servizi diversi e di qualità in base a dove un cliente si trova fisicamente, nel terzo caso monitorare e rendere sicure apparecchiature elettroniche quali personal computer, palmtop o cellulari in dotazione del professionista o manager in viaggio.

Nel retail con l’obiettivo di favorire esperienze all’acquisto sempre più attraenti e ridurre i costi operativi le nuove tecnologie vengono utilizzate per analizzare i movimenti, i comportamenti e le scelte di prodotto dagli scaffali del supermercato e  per modificare successivamente, sulla base delle informazioni raccolte, il layout e la disposizione dei punti vendita. Ma anche per comunicare ai clienti e a quelli potenziali informazioni utili ad indirizzare non soltanto i loro movimenti verso determinati spazi commerciali ma pure le loro motivazioni all’acquisto e le loro decisioni finali. Infine dotando di chip RFID i molti prodotti costosi in vendita la grande distribuzione ha iniziato a vincere alcune battaglie importanti nella guerra ai ladri professionisti e a quelli, forse più numerosi, occasionali.

Applicazioni di monitoraggio degli accessi e localizzazione di risorse vengono oggi utilizzate anche all’interno di scuole e università, dalla polizia e in ambiti militari. L’elenco è lungo e potrebbe continuare perché le tecnologie di rintracciamento, reperibilità e visibilità stanno facendo progressi continui. Per collegare la parte in positivo del mio articolo con quella iniziale, credo sia utile completare questo elenco illustrando un nuovo ambito di applicabilità delle tecnologie RFID illustrato nella prima metà di quest’anno al convegno RFID tenutosi a New York per il mercato della moda e per i produttori di prodotti di abbigliamento.

La soluzione prevede, già nella fase di produzione, l’inserimento di chip nei vestiti con l’obiettivo di migliorare la gestione dell’inventario e prevenire la scomparsa/perdita/furto del prodotto. Sulla carta la soluzione presenta concreti benefici e vantaggi sia per i produttori sia per gli operatori della moda ma può incidere sulla privacy delle persone e sulle loro libertà di movimento personali. Per questo motivo un folto gruppo di manifestanti ( collegati alle iniziative dell’esperta di consumi Albrecht Katherine  e al suo lavoro sui Spy Chips) hanno manifestato di fronte alla sede del convegno per sottolineare l’avversità ad un mondo composto da elementi, anche umani, sempre più geolocalizzabili e come tali maggiormente controllabili, raggiungibili e manipolabili.

Con autoironia i manifestanti hanno suggerito ai convegnisti di proporre l’adozione di tecnologie RFID anche per i pavimenti, le porte e le tegole dei tetti per assicurare così ad aziende e governi un controllo completo sulle persone. Mostrando scarso senso dell’umorismo il manager di un’azienda ha raccontato invece come funzionino i meccanismi RFID già attivati all’interno degli spazi commerciali del marchio da lui rappresentato. Questi meccanismi, associati a banche dati in grado di fornire informazioni utili a conoscere il profilo del cliente, non violerebbero alcuna privacy o libertà personale perché vengono disattivati appena il consumatore abbandona il negozio. Approccio interessante che permette all’azienda in questione di riattivare e risvegliare il chip o RFID in questione ogni qualvolta ne sentisse la necessità, ma anche senza che il cliente interessato ne possa venire a conoscenza diretta.

Conclusioni

La violazione apparente o reale della privacy associabile alle nuove tecnologie di rintracciamento (non solo RFID ma anche Wi-Fi, Bluetooth, smart cards, strumenti biometrici, telefonia cellulare e Internet) è materia controversa.

L’unica realtà non discutibile è quella di una presenza ormai pervasiva e ubiqua delle nuove tecnologie che caratterizzerà sempre più (sempre meglio?) il nostro futuro. Le persone attente all’etica ci aiuteranno ad interrogarci sui possibili utilizzi fraudolenti della tecnologia e lesivi della privacy.

Gli economisti, i politici e gli esperti ci spiegheranno la sua utilità economica, sociale e pragmatica chiedendoci di rinunciare volentieri ad una porzione della nostra libertà in cambio di benefici oggettivi, molteplici e tangibili.

Io invece vorrei concludere ricordando un altro libro, pubblicato nel lontano anno 2000, scritto da John Nasbitt (Hight Tech High Touch, in italiano High Tech e rapporti umani) per far riflettere i lettori sull’invadenza e le possibili conseguenze dell’impatto della tecnologia nelle loro vite private. Di questo libro vorrei ricordare la metafora dell’acqua e del pesce usata per descrivere la difficoltà che ogni elemento totalmente immerso in una certa realtà ha nel saperla riconoscere. In questo caso la realtà è quella tecnologica e il pesce siamo noi, sempre più pervasi e vestiti di componenti tecnologici e sempre più inconsapevoli delle loro conseguenze sulla nostra cultura, psicologia, libertà e vita.

 

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