Tempi moderni: vivere alla fine dei tempi

15 Novembre 2020 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Brevi riflessioni a partire da un articolo intervista pubblicato su la Repubblica. Ad essere intervistata una filosofa, Myriam Revault d'Allones che ha pubblicato in Francia un libro (La crise sans fin) nel quale si interroga sulla crisi che stiamo vivendo come un sintomo di qualcosa d'altro. Un qualcosa che tocca il nostro modo di vivere completamente immersi nel presente e che ha eliminato il passato (cultura e tradizione) e sta rendendo impossibile ( nella percezione collettiva) il futuro.

(un articolo pubblicato nel 2012)


Lo spunto per condividere alcune brevi riflessioni 'filosofiche' su un portale 'tecnologico' nasce dal riferimento che l'autrice fa nel libro ad alcuni autori che amo come il filosofo Paul Virilio e la filosofa Hannah Arendt ma anche uno scrittore come Milan Kundera, citato per la sua resistenza, attraverso il romanzo, a tutti gli agenti di rimbecillimento planetario. Una resistenza estesa anche alle forme della tecnica dominate dallo spirito di semplificazione dell’essere dell’uomo e concentrate in modo esagerato sull’attualità. Una resistenza che secondo l'autore dell'Insostenibile leggerezza dell'essere dovrebbe portare all' ignoranza dell'incertezza.

Nella vita dell’uomo tutto accade un’unica volta e dunque noi siamo perennemente impreparati davanti agli eventi.
“Einmal ist keinmal” ovvero “Una volta è nessuna volta”

Il richiamo di Kundera, fatto dall'autrice del libro, è introdotto pensando all'individuo e alle sue storie personali ( Tomas ama Tereza, Tereza ama Tomas, Franz ama Sabina, Sabina ama Franz ) e alla necessità, oggi più impellente che mai, di affrontare la realtà, accettandone l'incertezza e rifiutandone la fatalità. Anche una crisi, percepita come senza fine, non è in realtà che un momento destinato ad essere superato, una fase che non può durare in eterno.

Questa realtà che ci sembra diventata all'improvviso insopportabile viene vissuta prevalentemente attraverso le categorie economiche. In realtà la crisi economica non è che una sfaccettatura di una crisi più ampia e della quale non siamo ancora capaci di coglierne la portata rivoluzionaria. In crisi è la politica, in crisi è la democrazia in crisi sono anche la coppia e la famiglia, così come il maschio e molte altre realtà che pensavamo indistruttibili. Ma mentre queste crisi individuali, personali e sociali sono percepite come superabili, quella economica, per il modo con cui si sta manifestando dal 2008 ad oggi, viene subita e sofferta come qualcosa di duraturo con cui dover convivere per il futuro prossimo venturo.

Solitamente ogni situazione di crisi implica un suo superamento e il passaggio a situazioni di minore incertezza e nuovo benessere. Oggi invece, sostiene la Revault "la crisi ci sembra permanente, onnipresente, invasiva e continua e si è incapaci di decidere una strategia d'uscita". Questa incapacità ad analizzare criticamente la realtà vissuta non è soltanto condizione del nostro vivere moderno ma anche metafora potente della nostra condizione umana. Una metafora che rivela come la nostra relazione con il tempo si sia complicata fino ad impedirci di pensare il futuro.

A chi è cresciuto sui testi di Marx, Hegel e degli economisti storici risulta facile pensare alle crisi come fasi che devono/possono essere superate in direzione di un futuro migliore. Oggi, sia perché si è passati al pensiero post-moderno, abbandonando i grandi pensatori della modernità, sia perché non si conosce il pensiero né degli uni né degli altri, la visione del futuro è diventata incerta e non prefigurabile. Non siamo alla fine della storia ma, sparite le speranze e le promesse (un milione di posti di lavoro, non più tasse, ecc.) di una crescita infinita, siamo alle prese con un tempo senza promesse ( nel dibattito dei contendenti alle primarie del PD nessuno, a parte Renzi, ha fatto promesse), immobile e per il quale non c'è alcun motivo di lottare impegnandosi nella sua determinazione futura (il futuro del futuro è il presente).

 

 

In tutto questo un ruolo fondamentale lo sta giocando la tecnologia che ci fornisce l'opportunità di sentirci sempre immersi nel reale ( nel qui e ora dei social network e nel sempre e ovunque dei dispositivi mobili ) grazie a nuove tecnologie e dispositivi che ci consentono di rispondere in modo rapido alle nostre esigenze personali e lavorative, di essere sempre connessi, di vivere ogni momento come se fosse senza tempo. Ma tutto ciò che la tecnologia ha prodotto è in realtà, per dirla con Paul Virilio, un effetto ottico che ci ha condannato ad una "situazione di immobilità folgorante" nella quale tutto deve cambiare affinché nulla cambi.

L'abbandono delle grandi idee e delle grandi verità, tipico dell'epoca post-moderna ( la realtà non esiste, la fine delle ideologie, non esiste la verità ecc. ) ha generato una inquietudine che nella crisi attuale e per come viene percepita finisce per generare grande incertezza e angoscia. Mentre in passato situazioni di grande crisi ( la rivoluzione francese, il 68 e non solo ) hanno sempre favorito lo sviluppo di nuovo pensiero critico, oggi a prevalere è il senso di impotenza che si rivela sia nella diffusa astensione politica che nella partecipazione alla vita sociale e civile. Negli anni 68 e 69 erano gli operai stessi a mettere in discussione e a ripensare il loro rapporto con il futuro, oggi la loro situazione di precarietà duratura e diffusa li porta allo scoraggiamento. Diffiicile per loro, così come per molte altre categorie sociali ( gli studenti, i giovani, le donne ecc.), riuscire a pensare il futuro in modo diverso e sapersi orientare nell'azione anche senza garanzie.

 

In attesa che il libro della scrittrice francese esca anche nella versione italiana, può essere utile considerare i concetti espressi nell'intervista facendo uso delle riflessioni e degli scritti di un altro pensatore, Slavoj Žižek, che nei suoi libri si sta interrogando su come fare ad affrontare la situazione di crisi attuale. Una crisi che non è solo economico-finanziaria ma anche ecologica globale, biogenetica e sociale. Una crisi che viene vissuta in modo psicanalitico con la pratica della negazione ( facile ricordare le frasi di un aspirante leader che ricordava come la crisi non c'era perché i ristorante erano tutti pieni ), la rabbia ( diffusa e per ora non ancora concertata e coalizzata ), la contrattazione ( analisi critica della situazione ), la depressione ( suicidi in crescita, ricorso ad ansiolitici in crescita e malessere diffuso) e l'accettazione ( che significa anche rassegnazione ).

"Grande disordine sotto il cielo. La situazione è eccellente" MaoTze Dong - "La verità deve essere vissuta, non insegnata. Preparati alla battaglia" Herman Hesse

A differenza di quanto sostiene l'autrice di "La crise sans fin", che sembra fotografare una realtà immobile e senza elementi emergenti utili ad un suo cambiamento (la lettura del libro svelerà se è così realmente), Slavoj Žižek ritiene che attraversando tutti questi momenti potremo fare della crisi la possibilità reale e concreta di un nuovo inizio e il punto di partenza per la fondazione di una nuova società futura.

La questione cruciale da affrontare è il crollo delle speranze, sia rispetto alle aspettative utopiche sia per il futuro tout cour. Un crollo che si manifesta anche nella diffusa astensione, nella incapacità ad elaborare una visione e una proposta che possa attrarre la maggioranza. La percezione diffusa è che la crisi che stiamo vivendo sia indicativa di cambiamenti radicali e profondi che arriveranno. Il problema è che, come nella psicanalisi, il problema viene negato in modo feticistico: sappiamo che succederà qualcosa ma non crediamo fino in fondo che veramente succederà. Per uscire fuori dall'impasse attuale la prima cosa da fare, sostiene Zizek, è di riconoscere che viviamo immersi nella menzogna. Per uscire fuori da questa menzogna bisogna impegnarsi e lottare. La conoscenza, elemento che viene considerato in sovrabbondanza nell'era di Internet e dell'interconnessione, non è più sufficiente. Serve la verità, serve qualcosa che può essere vista solo da uno sguardo coinvolto, lo sguardo di un soggetto che ci crede. Credendoci diventa in grado di vedere.

Ma credere in alcune verità, anche recuperandole dal passato, non è ancora sufficiente. Per ristabilire una corretta percezione di senso associata al tempo e per prepararsi ai cambiamenti radicali che ci aspettano bisogna impegnarsi nella ricerca dei segnali che vengono dal futuro e delle indicazioni utili ad una lettura critica della realtà presente per prepararsi e contribuire a cambiarla.

Ogni tentativo finalizzato ad un cambiamento si espone al rischio del fallimento ma per superare la fase  di crisi attuale è necessario osare combattere e osare soprattutto vincere.

 

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