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La visibilità perenne uccide, scegli l'invisibilità, seppure momentanea

La visibilità perenne uccide, scegli l'invisibilità, seppure momentanea

21 Luglio 2018 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Attraverso i display dei nostri dispositivi mobili tutti siamo diventati trasparenti, visibili, monitorati, sorvegliati e controllabili. Lo siamo perché navighiamo la Rete, cinguettiamo, messaggiamo, condividiamo e pubblichiamo online. Lo facciamo con i nostri profili digitali, avatar simulacri di noi stessi ai quali ci rivolgiamo per sentirci felici, amici, connessi, socialmente accettati e visibili. Profili digitali che al tempo stesso ci espongono alla vanità degli innumerevoli ego narcisi e sofferenti che popolano il mondo online, alla rivalità dei loro sguardi, ai vari tentativi di seduzione messi in atto, alla ricerca continua di riconoscimento e gratificazione e alle truffe sempre possibili.

L'esposizione prolungata su un display tecnologico trasforma tutti in protagonisti dello schermo, attori alla ricerca di un applauso, ma toglie a molti il gusto di nascondersi (non troppo vicino per evitare di essere divorati) e il piacere della discrezione che si esercita in tempi dalla breve durata ma capaci di generare una grande gioia. Sicuramente molto più grande di quella effimera derivata da una prolungata esposizione pubblica all'interno di un cerchio (il riferimento è al libro The Circle di Dave Eggers) o di un muro delle facce nel quale nulla può essere tenuto nascosto e nel quale le sorprese sono praticamente impossibili.

A nessuno verranno mai negati i famosi 15 minuti di gloria ma tutti dovrebbero essere consapevoli che una gloria eterna non è possibile. Neppure sui social network e neppure attraveso una visibilità, una esposizione e rappresentazione di sé continua e prolungata nel tempo. Immersi nel soundtrack digitale (spesso solo rumore di fondo come la musica Lounge o New Age degli aeroporti) che fa da sottofondo costante alla vita di tutti i giorni, impegnati in un confronto continuo per affermare la propria visibilità, reputazione e rete sociale online, si perde la possibilità di fare esperienze diverse, più feconde e prezioze perché diventate ormai rare, come quella dell'invisibilità, del silenzio, del nascondimento e dell'apatia (Epicuro), del riserbo, del ritiro, della "gioia di non essere visti e di non vedere ciò che non ci viene mostrato" (Pierre Zaoui), della fuga da sé (Le Breton) e della solitudine come scelta da viversi con pochi e selezionati amici.

Scegliere di scomparire nell'era della visibilità e della tecnologia sembra impossibile e anche improponibile. Impossibile perché la tecnologia è diventata inevitabile, pervasiva e non esistono più realtà o ambiti nei quali essa sia assente. Neppure conventi o monasteri lo sono! Improponibile perché per molti scomparire è un pò morire.

Nulla evita però di provare, seppure momentaneamente, cosa significhi disconnettersi spegnendo il proprio smartphone, per poi distaccarsi da tutto ("togliere, togliere, togliere" nella interpretazione di Crozza di Mauro Corona), anche da sé stessi per sperimentare il distacco, cosa significhi non avere più bisogno di mostrare nulla, la libertà dalle immagini di sé e la bellezza dei momenti nei quali si è di nuovo scoperti da uno sguardo (reale) e percepiti per quello che si è, e non per un profilo digitale o un avatar con cui ci si è raccontati online.


 

 

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