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Natale 2016: che voglia di fuggire dalla realtà!

Natale 2016: che voglia di fuggire dalla realtà!

21 Dicembre 2016 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Un altro Natale si avvicina, con le sue consuetudini e consolidate abitudini. Tra queste l'uso dei social network per inviare messaggini, immagini o selfie individuali e collettivi, e per far sapere a tutti che si esiste e resiste in una realtà dalla quale si vorrebbe probabilmente o semplicemente esiliarsi e fuggire.

Le foto che illustrano il testo sono mie, scattate durante un viaggio a Chiloè e nel deserto di Atacama in Cile.


L'uso dei media digitali evidenzia una via di fuga tutta digitale e vissuta nelle realtà virtuali online. I contenuti delle conversazioni e dei messaggi scambiati sottolineano i limiti di questa fuga, riscontrabili nella frantumazione del legame sociale nella vita reale e nell'isolamento  dell'individuo che sembra poter godere di grande autonomia ma che ha spesso la sensazione di essersi perso.

Un individuo che può vantare innumerevoli contatti ed è gratificato dal gradimento in forma di MiPiace di amici e conoscenti, costantemente impegnato in conversazioni, più o meno brevi, ma che si sente incapace di dare un senso compiuto e valore agli avvenimenti, di conquistare maggiore fiducia in se stesso e di superare il senso di isolamento e di inadeguatezza che lo attanaglia.

Un individuo che percepisce di avere bisogno di contatti veri, empatici e cinestetici e di far parte di comunità calde, perchè reali e accoglienti, per gestire le sue ansie, inquietudini, senso di solitudine, bisogno di calore e di affetto e per limitare la pressione che si sente costantemente addosso e ritrovare l'orientamento che percepisce di avere perso.

Nel suo Elogio della fuga, Henri Laborit, scrive che "quando non può più lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità, l'andatura di cappa (barca sottovento) che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela...".

La tempesta da cui oggi si vorrebbe fuggire non è quella delle acque del diluvio universale di biblica memoria. Non è neppure rappresentata dalle conseguenze politiche derivate dal cattivo di turno (Trump), dal trombato sorpreso (Cameron) o dal nuovo tolto di torno (Renzi), dalla paura dell'immigrazione selvaggia, da integralisti e potenziali bombaroli veri e da neoliberisti dotati di armi di distrazione e distruzione di massa.

La tempesta vera è più subdola e sottile, è un'onda lunga di uno Tsunami che non finisce mai ed è riscontrabile nella precarietà vissuta da molti, nella mancanza di lavoro, nell'incertezza e nella stanchezza generata dall'eccessiva flessibilità, nella vergogna subita e nella dignità perduta dei voucher, nell'urgenza necessaria a rigenerarsi di continuo adeguandosi alle circostanze e mantenersi all'altezza di sempre nuove sfide ("quand'è che mi posso riposare?").

Berlino e mercatini di Natale

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La voglia di fuga è in questi giorni prenatalizi alimentata da attentati reali e dai rischi di terrorismo diffuso che ci portano a mettere in discussione i principi stessi del nostro essere occidentali ed europei e a ipotizzare chiusure e protezioni da cui poi noi stessi non sapremmo più come evadere.

E' una fuga che può trovare la sua via e destinazione in un mondo tutto virtuale, digitale e irreale attraverso l'uso di dispositivi tecnologici che con le loro APP ci permettono di essere in contatto con tutti e di esserci senza esserci, grazie ai numerosi profili avatar, con i quali abitiamo il mondo online.

Fuggire non è però così semplice, neppure online! Ci si trova sempre a fare i conti con se stessi e con la propria percezione (secondo alcuni costruzione) della realtà e con l'idea che abbiamo di noi stessi.

Ci sono molti modi di fuggire.

Per farlo alcuni scelgono la scorciatoia psicogena di droghe e pillole varie alla ricerca, anche nelle depressioni da esse generate, di una camera di decompressione e di allontanamento da realtà percepite come causa di sofferenza. Superato lo sballo o lo stato depressivo il piacere del ritorno alla vita è tale da giustificare il prossimo sballo già programmato.

Droghe rischiano di essere anche molte immersioni prodotte da attività che richiedono costante concentrazione e abbandono di ogni altro impegno. Sono esperienze talmente coinvolgenti e immersive da diventare una forma di dipendenza nella quale ci si annulla allo scopo di assumere il controllo sulla propria vita con l'obiettivo di difendersi dalla vita e dalle turbolenze del mondo.

Nell'impossibilità di fuggire drogandosi, altri scappano nella piscosi e nei mondi immaginari che la loro mente riesce a costruire per loro. Altri ancora, considerati deboli, scelgono il suicidio e quelli più anziani e malati l'eutanasia. Altri ancora si ritirano nel limbo mediatico della Rete per sentirsi comunque vivi senza esserlo o si avventurano in spazi desolati e solitari per far perdere le tracce di se stessi.

C'è chi sceglie la perdita di coscienza che sempre è collegata al sonno declinata nell'assenza (Oblomov è il loro eroe) ed è motivata dal desiderio di tenersi in disparte, circoscrivere lo spazio di mondo che ci circonda e fuggire dalle proprie responsabilità ma anche dalla fatica di essere e apparire e di doversi confrontare con lo sguardo degli altri.

Si può scappare rifugiandosi in uno dei numerosi luoghi ludici e banali di scommesse online o in baretti e tabaccherie fuori porta e di periferia ma sempre ben dotate di macchinette mangia soldi. Immersi nello sforzo della concentrazione che sempre comporta lo sguardo sul display, i giocatori possono dissolvere se stessi e gli altri, assentarsi per periodi più o meno lunghi e, quasi in stato di ipnosi, vivere momenti di vertigine tali da non avere più alcuna voglia di uscire dal Matrix e tornare alla realtà.

C'è chi la fuga la trova quasi in modo automatico a causa della stanchezza da pendolare accumulata, dal numero di pizze Foodora consegnate, chiamate da Call Center effettuate, o hamburger confezionati. E' una stanchezza che alcuni cercano volontariamente per cancellarsi provvisoriamente raffreddando le sinapsi grazie alla fatica accumulata e allo sfinimento raggiunto nel quale annullarsi finalmente prostrati.

Si può cercare di fuggire staccando la spina, spegnendo senza più ricaricare lo smartphone per non farsi trovare dal capo di turno, per guadagnare tempo rallentando la dinamica ossessiva ed emergenziale del tempo reale, per scaricarsi dal sovraccarico di lavoro e di stress e per allontanarsi dalle costrizioni di ruolo e dagli obblighi aziendali. Chi ne è capace può trovare la salvezza mettendo all'opera sul palcoscenico della vita personalità multiple capaci di condividere il disagio limitandone gli effetti.

Altitudine 6080 metri! In fuga verso l'alto.....!

...e io scappo in India, poi a Cuba e probabilmente in Buthan

Non so cosa farete voi che vi siete presi la briga di leggere questo testo, ma io l'unica vera via di fuga che riesco a praticare è il viaggio. Una fuga verso spazi ma soprattutto culture diverse e lontane, per disintossicare la mente da un'informazione sempre più stanca, conformista e incapace di narrare i fatti, per scappare da una politica insopportabile e incapace di ascoltare e produrre cambiamenti reali e da una realtà che sembra impossibile cambiare e neppure immaginare in modo diverso.

In attesa di scartare i pochi regali che riceverò, il regalo più grande me lo sono fatto da solo con un viaggio nell'India del Sud....In partenza ad inizio gennaio!


 

* Spunti per questo testo sono tratti da due libri che suggerisco per un regalo o per una lettura natalizia: Elogio della fuga di Henri Laborit e Fuggire da sè di David Le Breton

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