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Qualcosa in Internet si è incrinato, cominciano a dirlo in molti!

Qualcosa in Internet si è incrinato, cominciano a dirlo in molti!

27 Febbraio 2015 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Da alcuni anni a questa parte si moltiplicano i libri di autori che illustrano la loro crescente preoccupazione per un mondo sempre più interconnesso, banalizzato e dominato da internet. Tutti tendono a sottolinearne gli aspetti negativi. Autori tecnofobi o sensori in allerta che segnalano cambiamenti su cui tutti dovremmo cominciare a riflettere?

Dopo Eugeny Morozov con L’ingenuità della rete e Internet non salverà il mondo, Jaron Lanier con Non sei un gadget, Nicholas Carr con Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello , è arrivato il nuovo libro di Andrew Keen Internet non è la risposta. Un tempo evangelista della tecnologia e di Internet e fondatore di una startup negli anni 90, è diventato nel tempo e prima di altri un forte critico della evoluzione corrente della tecnologia e delle sue trappole.

La sua riflessione radicale invita tutti a considerare come la rivoluzione digitale, invece di favorire la democrazia, la diversità e le opportunità, abbia in realtà portato ad una drastica riduzione dei posti di lavoro, a un surplus informativo e cognitivo, alla diffusione di malware e pirateria informatica, all’affermarsi di nuove forme di monopolismo, a nuove disuguaglianze e ad un radicale mutamento nelle elite economiche e culturali.

Pubblicato a gennaio 2015 il libro traccia la storia di Internet, dalla sua creazione negli anni 60 fino ad oggi attraverso il World Wide Web creato negli anni 80 del secolo precedente. Una internet che è rimasta a lungo appannaggio di accademici e ricercatori e che ha visto l’affermarsi di nuovi mondi virtuali e utopie cyber senza il coinvolgimento delle masse. Il viaggio che Andrew Keen compie attraverso startup, grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley con l’obiettivo di analizzare e comprendere la monetizzazione di qualsiasi attività umana che sembra avere caratterizzato l’intera evoluzione di Internet fino a oggi. La diagnosi, non necessariamente condivisibile, è spietata e tutta focalizzata a raccontare gli impatti disastrosi che Internet ha avuto sulle nostre vite, sulla cultura, la società e l’economia.

Fonte: thenextweb.com

Il libro contiene i risultati del lavoro di ricerca e le riflessioni di Keen così come quelle di altri pensatori, scrittori e accademici, tutti impegnati in una investigazione del mondo tecnologico tesa a evidenziarne i rischi come le minacce alla privacy da parte dei media sociali, la sorveglianza online da parte di agenzie governative e non solo, la perdita di posti di lavoro a causa dell’automazione e robotizzazione tecnologica e la disuguaglianza sociale, non dissimile da quella descritta anche da Piketty nel suo bestseller Il Capitale del XX secolo. L’autore manifesta il suo pessimismo fino alla fine. Suggerisce alcuni adattamenti e cambiamenti che potrebbero servire a mutare in positivo il futuro ma non sembra convinto che ci sia ancora il tempo per farlo.

Sul tema segnalo anche il mio e-book Nei labirinti della tecnologia. Andrew Keen è uno degli autori tecnofobi e tecnocritici di cui ho parlato per le sue opere critiche su alcuni fenomeni di Internet.

E’ una visione pessimistica che, dice l’autore, non è frutto di tecnofobia ma di esperienze concrete sul campo. Keen, nato in Inghilterra e con un formazione da sceinziato della storia e della politica, è stato il fondatore di Audiocafè.com nel 1995 e autore di altri due libri (Digital Vertigo, The Cult of the Amateur) sull’impatto della tecnologia sulle vite delle persone. Oggi è un redattore e il conduttore di uno show, sulla rete CNN, denominato Keen On che tratta di tecnoeconomia. L’approccio del libro non è filosofico come quello di autori come Lanier e Morozov ma molto empirico e basato su storie vere e informazioni che sembrano esposte appositamente per spaventare e creare disagio nei confronti dello strapotere della tecnologia e di Internet in particolare.

Secondo Keen la tecnologia distribuita della Rete non ha condotto a una economia distribuita ma a una globalizzazione selvaggia e a nuove forme di concentrazione della ricchezza. Internet celebrata per la sua natura cooperativa non è stata in grado di trasformarla in un modello vincente e non è servita ad impedire l’affermarsi di un mondo disuguale nel quale l’1% della popolazione possiede quanto o più del rimanente 99%.

Una parte del libro è dedicata a evidenziare gli effetti della rete sulla pirateria musicale e a descrivere l’emergere di realtà come Spotify e Pandora, fornendo interessanti  valutazioni sulla loro reale efficacia nel fornire risposte adeguate ai bisogni degli artisti. Le argomentazioni più interessanti e anche le più controverse sono però quelle sull’economia e sul collasso dell’era industriale per colpa delle tecnologie digitali. L’autore non si dilunga in riflessioni teoriche e filosofiche ma racconta casi concreti come ad esempio la sparizione di aziende come Kodak con i suoi 47000 dipendenti, disintermediata e disintegrata da realtà come Instagram. Keen è consapevole degli aspetti positivi e della creazione di valore da parte di soluzioni tecnologiche come Instagram, Skype, WhatsApp, ecc. ma preferisce sottolineare quanto è stato perso e che queste soluzioni non possono compensare.

A differenza di libri sul tema che mantengono un atteggiamento critico ma capace di formulare ipotesi alternative finalizzate a proporre una nuova idea di Internet affinchè possa ritornare al sogno inziale. Keen al contrario indulge nella critica e nelle lamentele verso lo strapotere delle varie espressioni tecnologiche come Google e altri protagonisti di Internet.

Il merito del libro di Keen, come quello dei numerosi altri sul tema, è di richiamare l’attenzione sulla capacità distruttiva e di disintermediazione di Internet e sulla distribuzione disuguale dei benefici o delle opportunità che ne derivano. In Rete secondo Keen vince il consumatore ma perde il cittadino. Al primo la tecnologia sembra offrire tutto gratis, al secondo riserva continue sorprese e violazioni, della privacy, dell’identità, della libera informazione, della democrazia.

Il libro sembra trovare un respiro diverso solo alla fine, quando Keen sostiene che la soluzione risiede nella speranza che Internet torni a essere quella dei suoi inizi. La speranza è però ridotta perché i cambiamenti potranno avvenire solo grazie a regolamentazioni, leggi e interventi a livello governativo e grazie anche a cambiamenti radicali nel modo in cui le aziende sviluppano i loro modelli di business. Se svanisse questa speranza non rimarrebbe che sperare tutti nella capacitò ‘disruptive’ di Internet rivolta verso coloro che grazie a Internet hanno generato gli effetti negativi attuali.

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