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Stai perdendo la memoria? Ti serve un motore di ricerca cognitivo!

Stai perdendo la memoria? Ti serve un motore di ricerca cognitivo!

22 Febbraio 2016 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Giovani o vecchi, quando si percepisce di cominciare a perdere la memoria la sorpresa è grande e la preoccupazione ancora di più. Dimenticare o non ricordare tutto fa bene alla memoria e all’esistenza ma dimenticare il nome del gatto o dove si sono nascosti gli ori di casa durante una vacanza, può diventare una tragedia. In rete il problema non esiste. La memoria delle cose è lì, distribuita ma raggiungibile attraverso motori di rierca. E se ce ne fosse uno anche per navigare nella nostra memoria?

Nonostante i grandi progressi fatti dalla neurobiologia nello spiegare il funzionamento della mente e il ruolo della sua componente hardware, poco o nulla di preciso si sa della memoria. Il nostro cervello ci permette di immagazzinare innumerevoli informazioni sulla realtà che ci circonda. Le informazioni acquisite, per poter essere riutilizzate, devono essere memorizzate e apprese.

Dove si trova la memora non si sa!

Mentre si conoscono le componenti del cervello che si attivano per molte abilità umane come il linguaggio, la vista, la lettura, poco si sa su quelle collegate alla memoria. I neuroscienziati come Boncinelli sottolineano che alla memoria di breve e lungo periodo vanno aggiunte anche quella dichiarativa ( riguarda i concetti o gli eventi di cui si può parlare e si distingue in semantica e episodica) e quella procedurale (o implicita, ciò che sappiamo fare, anche quando non lo sappiamo nemmeno raccontare).

Quando ci si accorge di avere difficoltà con la memoria spesso si stanno avendo problemi con una delle tipologie diverse di memoria, non necessariamente con tutte. Alcune patologie possono azzerare selettivamente una forma di memoria senza pregiudicare le altre. Il problema è che a oggi non sappiamo ancora dove risiedano i nostri ricordi e in quali componenti del cervello siano stati registrati (scritti). Se un incidente o una patologia colpisce una regione del cervello succede spesso che ci sia anche un indebolimento generalizzato della memoria e dei ricordi, come se essi fossero scritti in ogni cellula nervosa e distribuiti uniformemente nella corteccia cerebrale.

I ricordi non si cancellano, basta saperli ritrovare!

Se sono stati scritti e continuano a esistere registrati nelle cellule nervose e nei milioni di collegamenti sinaptici dei neuroni, e in attesa che neurobiologi e neuroscienziati svelino  i segreti della memoria umana, non sarebbe male se fossimo dotati di nuovi strumenti capaci si supplire alle nostre defaillance determinate dalla vecchiaia, da incidenti o da patologie varie. Strumenti capaci di tradurre in linguaggio ciò che si viene sulla punta della lingua e lì si ferma e di agire come veri e propri assistenti personali della memoria simili a quelli che stanno già animando l’interazione con i dispositivi mobili con il nome di Siri, Google Now e Cortana

Chi conosce il potere attuale della tecnologia sa che è solo una questione di tempo. Presto gli scienziati saranno in grado, tramite nuovi e più potenti scanner e strumenti tomografici per immagini, di scoprire dove si nascondono i ricordi e tutti noi potremo forse fare ricorso ad applicazioni tecnologiche in grado di guidarci tra dendriti, assoni, neuroni e sinapsi in modo da tirarne fuori le informazioni in essi registrate o in transito.

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Sembrano scenari di fantascienza ma non lo sono. E’ recente la richiesta di brevetto di un motore di ricerca cognitivo per la mente. La richiesta è stata fatta da un James Kozloski, un neuroscienziato computazionale e inventore della IBM research.

E pensare che basterebbe un motore di ricerca...

L’idea è di sviluppare un motore cognitivo dotato di sensori, di connessioni Wi-fi e di software apposito in grado di monitorare tutto ciò che serve a generare ricordi e memoria come le conversazioni, le azioni, le immagini e di intervenire per fornire un aiuto ogni qualvolta ce ne fosse bisogno. Nel suggerire una parola per una conversazione che si è fatta meno fluida per mancanza di analogie e vocaboli, nel ricordare una sequenza o le fasi che si susseguono nel montaggio di un mobile Ikea o nel recuperare informazioni su viaggi fatti nel passato di cui si sono persi i riferimenti geografici e cronologici.

Il motore di ricerca cognitivo basa la sua potenza su algoritmi software di tipo predittivo e capaci di apprendimento in modo da fornire, grazie al monitoraggio continuo, assistenza immediata e in tempo reale. Ad esempio potrebbe agire per ricordare a un ammalato del morbo di Alzheimer di prendere una medicina o di ricordarsi di un appuntamento o servire per comunicare al medico che lo segue l’andamento peggiorativo della malattia.

Secondo l’ideatore del motore di ricerca, lo strumento tecnologico sarebbe di aiuto a tutti e non solo per aiutare persone che, a causa di stress eccessivo o ansie incontrollabili, potrebbero soffrire di difficoltà di concentrazione e di smemoratezza. Il motore potrebbe fungere da potente ausilio produttivo facilitando le funzioni della cognitive e le sinapsi, le riflessioni profonde e le attività intellettuali.

Azzardo futuristico e fantascientifico o realtà?

Chi crede che il brevetto depositato da Kpzlosky sia un azzardo futuristico può verificarne la validità e futura fattibilità osservando il ruolo che molti strumenti tecnologici che convivono con noi hanno assunto nella vita di tutti i giorni. Molti prodotti tecnologici indossabili così come smartphone e altri dispositivi mobili con le loro APP stanno già intervenendo nell’aiutarci a svolgere molteplici azioni come ricordarci dove abbiamo parcheggiato l’auto o come regolare i termostati e gli impianti di videosorveglianza della casa.

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Oggi molti sensori dei prodotti tecnologici indossabili alla Fitbit o alla Watch di Apple si limitan a segnalarci le variazioni dei nostri impulsi vitali e a monitorarli. Domani un braccialetto Fitbit potrebbe essere dotato anche di un nuovo sensore dotato di un assistente personale e di un motore di ricerca cognitivo. Potrebbe così succedere che ricevendo una chiamata sullo smartphone l’assistente personale si metta in moto predisponendo una banca dati completa delle conversazioni e dei dati relativi al chiamante in modo da assistere la conversazione, da far emergere i ricordi degli incontri e delle conversazioni precedenti. Il tutto tramite un nano-sensore dotato di connettività Wi-Fi o Bluetooth e capace di comunicare, ad esempio, con un dispositivo auricolare.

Molti si opporrebbero!

Se il motore di ricerca cognitivo dovesse essere realizzato è facile prevedere le reazioni da parte di tecnoscettici e tecnofobi preoccupati per la privacy, per la sicurezza dei dati e per l’eccessivo affidamento alla tecnologia. Le preoccupazioni, tutte legittime, saranno oggetto di grandi dibattiti e controversie scientifiche tra coloro che vedranno nel motore una opportunità per il superamento di limiti e deficienze umane e coloro che al contrario paventano gli effetti collaterali possibili in termini di atrofizzazione della memoria e della curiosità umana.

...e se dimenticassimo il motore, come lo ritroveremmo?

Nella realtà, affidandosi a strumenti e banche dati esterni, pur tecnologicamente innovativi e avanzati, il problema rischia di rimanere tale e quale. Cosa succederebbe infatti nel caso in cui un malato di Alzheimer dimenticasse dove ha nascosto il suo dispositivo dotato di motore cognitivo? In attesa che si risolva il destino della singolarità e che prodotti indossabili, smartphone e sensori diventino componenti integrati e impiantati dell’organismo umano, meglio sforzarsi di ricordare o allenare la mente a farlo!

 

 

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