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Storytelling, meglio un racconto lungo o tre corti?

Storytelling, meglio un racconto lungo o tre corti?

17 Marzo 2016 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Lo storytelling non è un’arte che tutti possono praticare ma tutti possono raccontare storie e tradurle in contenuti che possono essere pubblicati online per alimentare attività marketing, contribuire o rafforzare visibilità e reputazione e catturare l’attenzione di utenti e naviganti della Rete. Il ruolo della narrazione online (Storytelling) e del marketing legato ai contenuti (Content Marketing) è oggetto di numerose riflessioni e analisi, tutte finalizzate a stabilirne la validità, la forma e le buone pratiche da adottare.

Dati e informazioni possono essere molto utili ma spesso servono anche a generare decisioni e conclusioni affrettate. Il marketing è una disciplina ma molto lontano dall’essere una scienza esatta e un contenitore di verità assolute. Ciò è particolarmente vero oggi in un mercato completamente trasformato dai nuovi media sociali, dalle novità del marketing digitale e soprattutto dalla testa tecnologicamente modificata delle persone nella loro veste di utenti, di consumatori o clienti.

Tra le molte novità che caratterizzano l’attività marketing, lo storytelling o narrazione è quella che più di altre ha attirato l’attenzione di uffici marketing, agenzie di comunicazione ed esperti. Abbandonati comunicati stampa e approcci Web tradizionali (siti vetrina) aziende, professionisti e privati si stanno cimentando con lo storytelling ma con alterne fortune. Raccontare non è semplice, nella forma e nei contenuti

Nella forma, scegliere tra racconti brevi o narrazioni lunghe è un’impressa ardua così come lo è per uno scrittore cercare di soddisfare le diverse preferenze dei suoi lettori scegliendo la forma del racconto o del romanzo. In Rete la produzione di contenuti brevi o lunghi può fare la differenza, in termini di visibilità, letture, condivisioni, utilizzo dei media sociali, eccetera.

Nella letteratura web la narrazione lunga (3000-5000 battute) viene ritenuta da molti come la scelta migliore per chi pratica il marketing digitale. Molti blogger adottano però un approccio opposto, fatto da una miriade di racconti corti (1000 caratteri) e piccole storie veloci da leggere e facili da condividere sul muro delle facce, Google Plus o Instagram.

Molti studi evidenziano il valore dei contenuti e delle narrazioni ma in genere non tengono conto che un contenuto lungo è più difficile da ‘sindacare’ (web syndication), cioè da promuovere su blog e siti di terze parti o attraverso i social network. Più o contenuti sono brevi e più è facile condividerli e farli circolare facilitando al tempo stesso la loro viralità sui media sociali.

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Se la maggiore visibilità della narrazione dipende dalla sua più rapida condivisibilità significa che un tempo minore dedicato alla scrittura produce risultati migliori e genera maggiore traffico e interesse in Rete. Significa anche che nello stesso tempo, solitamente dedicato alla scrittura e pubblicazione di un articolo lungo è possibile scrivere e pubblicare tre testi più brevi, mantenendo invariato il numero di caratteri e batture usati.  

L’osservazione ha senso e indica che la comparazione, in termini di condivisioni online, tra articoli lunghi e brevi non è corretta. Bisognerebbe infatti comparare l’articolo lungo con i tre scritti nello stesso tempo. Ha meno senso se si pensa che il più delle volte a determinare la lettura e la condivisione del testo pubblicato non è la sua lunghezza ma la reputazione dell’autore, la sua bravura, la qualità del racconto, i contenuti e i temi scelti, la loro relazione con fatti, tendenze e novità del momento.

Chi produce narrazioni e pratica lo storytelling sa che per ottenere risultati concreti bisogna spesso mediare tra racconti lunghi e di qualità e testi più brevi e non necessariamente di qualità. Spesso questa mediazione è condizionata semplicemente dal tempo disponibile per lo scrivere. Nella mediazione chi scrive deve comunque tenere conto delle informazioni che molti studi evidenziano sulle condivisioni medie dei contenuti online calcolati (il riferimento è ad articoli di blogger famosi e con una grande visibilità online) in quasi 9000 per testi lunghi e in quasi 5000 per quelli più brevi.

Disponendo di tempo, avendo contenuti da pubblicare e una capacità do scrittura tale da trasformare contenuti in racconti di qualità, la scelta di racconti brevi potrebbe essere la scelta più giusta. Se le condivisioni medie di un articolo breve sono calcolate in 5000, due articoli brevi finirebbero per generare un numero superiore alle condivisioni di un articolo lungo.

Molti contenuti pubblicati online non sono scritti direttamente ma commissionati a blogger, storyteller, autori o giornalisti pagati da uffici e responsabili marketing per produrre al posto loro nuovi contenuti e storie utili a creare la narrazione di una Marca e dei suoi marchi. Articoli lunghi possono costare di più ed essere perfino proibitivi per molte realtà piccole e medie.  Forse lo sono in paesi dove lo storytelling è una pratica diffusa e riconosciuta per la sua validità (negli USA un post da parte di un blogger può essere pagato tra i 5/10mila dollari). Lo sono meno in paesi come l’Italia dove la precarietà si è diffusa anche nel mondo dei blogger e della produzione di contenuti e narrazioni per il Web. No è un caso forse che molti uffici marketing continuino a scegliere approcci più tradizionali, ad assumere responsabili della comunicazione o collaborare con agenzie stampa e pubbliche relazioni che producono narrazioni in formato di comunicati stampa o schede prodotto.

Le ambiguità e la problematicità dello storytelling suggeriscono alle aziende di prestare particolare attenzione ai loro investimenti finalizzati alla creazione di contenuti. L’allocazione di budget appositi è necessaria ma lo è ancora di più l’attenzione che deve essere posta sulla qualità delle risorse prodotte e sul loro utilizzo o destinazione di scopo.  Dietro ogni narrazione ci deve essere una strategia, un programma articolato di attività, la scelta di partner affidabili con cui collaborare e di autori o protagonisti dello storytelling capaci di tradurre in racconti i messaggi e i contenuti della strategia aziendale, della Marca o dei prodotti.

L’attenzione costante è necessaria anche perché la lettura online è diversa da quella offline. Secondo molti studi, online le persone leggono solo il 50/60% del testo e il tempi di permanenza sulla pagina online dei naviganti che leggono non supera il 15 secondi. Se questa è la realtà un testo breve avrebbe maggiori possibilità di essere letto, sempre per il 60% e forse potrebbe favorire la lettura di altri testi simili facendo aumentare il tempo di permanenza su una pagina o sito web.

Se corto è meglio, non è detto che lungo sia sbagliato. Per tirare una conclusione è utile sottolineare che i due approcci sono diversi ma che entrambi possono essere efficaci e produrre risultati positivi. Contenuti lunghi possono richiamare una coda lunga di traffico SEO (su SoloTablet abbiamo alcuni di questi testi che generano traffico quotidiano da quando sono stati pubblicati, non a caso nella sezione Approfondimenti) e sono più facili da promuovere. Contenuti brevi sono perfetti per generare curiosità e traffico quotidiano anche se difficilmente potrebbero produrre letture costanti e giornaliere.

La soluzione sembra essere la produzione di contenuti sia lunghi sia brevi. I racconti e le narrazioni a cui danno forma devono però essere inseriti all’interno di una strategia marketing e di comunicazione attenta al target di mercato e alle audience di riferimento, siano essi clienti acquisiti o potenziali, abitanti abituali degli spazi della Rete o semplici naviganti. Una strategia mista, ibrida dovrebbe permettere di raggiungere un numero maggiore di persone e soddisfare bisogni diversi, quelli di persone che amano i racconti lunghi (i romanzi o le serie televisive) e quelli che amano pillole di narrazione, non necessariamente tra loro collegate. Il successo finale della narrazione frutto di una strategia mista dipenderà sempre da fattori molteplici, il primo dei quali non è comunque mai sotto il pieno controllo degli attori della narrazione. Il controllo è ormai nelle mano di Google, Facebook e aziende simili molto attente a gestire le loro applicazioni e attività online in modo da realizzare con successo i loro modelli di business. Il fatto che sia così lo dimostra il successo delle loro narrazioni, molto lontane dalle loro reali finalità reali, e tutte infarcite di concetti e pensieri che tanto piacciono agli utenti della Rete: libertà, democrazia, reputazione, visibilità, socialità. Social networking, conversazione, ecc. ecc. Molti naviganti e lettori della Rete così come molti autori e protagonisti dello storytelling sono contenti di credere alle favole che compongono le narrazioni dei protagonisti della rivoluzione tecnologica attuale ma dovrebbe maturare la consapevolezza che si tratta appunto di favole!

 

 

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