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Tablet, tecnologie, contatti umani e visivi

Tablet, tecnologie, contatti umani e visivi

26 Giugno 2013 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Non è tutta colpa nostra, eppure a pensarci bene lo è! Tra noi e gli altri compare, sempre più spesso, un tablet, uno smartphone, un iPod o l’obiettivo di una macchina fotografica. Tra poco ci affideremo alla realtà aumentata e virtuale dei Google Glass per scoprire il mondo. Stiamo perdendo il piacere del contatto umano con altre persone, quello fisico ma anche quello degli occhi.

La situazione paradigmatica è quella dell’obiettivo di una macchina fotografica puntata su una persona durante un viaggio. Invece di cercare il contatto visivo con persone e realtà ricche di significati e capaci di trasmettere nuove esperienze e sensazioni, si ferma l’immagine su un supporto digitale che finirà per diventare archivio e oggetto di un racconto posteriore privo di esperienze dirette e sicuramente meno emozionante.

Siamo sempre più presi e condizionati dai gadget che trasportiamo da non renderci conto di interagire con il nostro smartphone prima ancora di rispondere alla persona con cui stiamo conversando. Siamo così condizionati dal possesso di una potente macchina fotografica digitale che ci priviamo, inconsciamente, di piaceri più profondi perchè capaci di comunicare a noi, invece che ad una memoria digitale, l'effetto di uno sguardo, malizioso, voglioso, curioso, concupiscente, tattile, ecc. ecc.

Capita di vedere persone alle prime di concerti con solisti di fama mondiale aprire il loro tablet e navigare in internet, con grande arrabbiatura del musicista che interrompe l’esecuzione abbandonando il palco. Per non parlare di eventi e conferenze nelle quali l’oratore potrebbe anche non esserci tanto è diffusa in sala la pratica di giocare con smartphone e tablet.

E cosa dire di ragazzi più o meno giovani che pranzano con il loro smartphone sempre a portata di mano e rifuggono da ogni altra forma di socialità ed intimità interpersonale per affidarsi a quella fredda, virtuale e tecnologica del dispositivo?

Nuove tecnologie e loro effetti su comportamenti e relazioni

Le nuove tecnologie ci stanno plasmando e cambiando come persone, così come lo siamo sempre stati da ogni strumento da noi inventato. Con una differenza. Oggi la tecnologia ha una vita nascosta e autonoma in grado di condizionarci a nostra insaputa e al di fuori del nostro controllo. Siamo ad una svolta nelle nostre aspettative verso la tecnologia perché siamo, forse inconsciamente, ad una svolta nelle aspettative verso noi stessi.

Ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e forse sempre meno dagli altri, usiamo i giocattoli tecnologici di cui siamo circondati per sentirci meno soli ma così facendo diventiamo più insicuri nelle relazioni e ansiosi nei confronti dell’intimità.

Usiamo la tecnologia per instaurare nuovi contatti e costruire nuovi legami ma al tempo stesso per proteggerci da essi. I nuovi comportamenti emergenti dall’uso di gadget e condizionati dal nostro bisogno di essere sempre connessi e di vita online in tempo reale, stanno facendoci disimparare la buona educazione nei rapporti con le persone ma soprattutto ci stanno portando a disimparare ruolo, importanza e benefici dei rapporti umani.

Ma ciò che più segna la trasformazione in atto è il fatto che stiamo perdendo l’abitudine a guardare le persone negli occhi.

Ci priviamo del contatto visivo, tanto importante nella comunicazione umana e per la vita affettiva ed emotiva delle persone. Stiamo diventando dei dissociati emotivi, sempre più soli anche se sempre più connessi, alla ricerca costante di legami per combattere la solitudine e inconsapevoli di avere solo contatti, sempre più dipendenti da rapporti con oggetti inanimati a cui associamo emozioni umane, desideri e sogni.

 

Perdita del contatto visivo e interazione con oggetti inanimati

Sul tema sono numerose le indagini svolte da società come Quantified Impressions, una società texana che si occupa di analizzare le relazioni interpersonali, che portano a conoscenza il prevalere di nuovi comportamenti di cui siamo mediamente poco coscienti e che potrebbero avere effetti importanti sulle nostre azioni quotidiane. Il contatto visivo, solitamente della durata di 6/7 secondi è sceso, secondo la ricerca do Quantified Impressions, a 2-3 secondi, un valore che si aggira tra il 30% e il 60% di quanto sarebbe necessario.

La perdita di contatto visivo è con le persone con cui staimo conversando o lavorando. Non abbiamo perso l’uso della vista ma abbiamo semplicemente cambiato l’oggetto della nostra attenzione. Il nostro occhio è calamitato da schermi e display che ci tengono legati con notifiche provenienti dai social network che frequentiamo, da messaggi di nuove email in arrivo, di informazioni di contesto, di SMS e molto altro.

Tutto ciò sta modificando i nostri rapporti interpersonali e modificando il modo con cui conversiamo, lavoriamo, collaboriamo e interagiamo con amici, parenti e colleghi. I nuovi gadget sono invasivi e pervasivi, perché non ne possiamo fare a meno e perché sono diventati come le copertine di Linus, senza le quali la vita sembra essere triste e piena di solitudine.

Nella realtà la solitudine è più reale di quella percepita e la si fa percepire anche all’esterno e alle persone con cui si interagisce.

Una ricerca della Stanford University condotta su un campione di ragazzine (8-12 anni) americane ha evidenziato come la solitudine sia una esperienza ormai diffusa e un trend da ricondurre all’uso sfrenato e diffuso di gadget tecnologici. Scondo la ricerca ragazze impegnati in attività multitasking su social network, YouTube, messaging, ecc. rischiano di diventare degli eremiti. I gadget tecnologici le privano dell’esperienza fondamentale, l’apprendimento attraverso le emozioni e l’attenzione rivolta alle persone che le circondano.

La mancanza di socializzazione reale impedisce loro di combattere per qualcosa e di impegnarsi, anche a fronte di fallimenti, per il raggiungimento di obiettivi reali e insieme ad altri. Vittoria e sconfitta sono elementi fondamentali per la crescita emotiva e personale, ma devono essere sperimentati nella vita reale e non in un video gioco e un tablet nel chiuso di una cameretta. La ricerca della Stanford ha sottolineato, in sintonia con quella della Quantified Impressions, l’importanza del contatto visivo nelle esperienze relazionali e sociali della vita reale.

Cosa dicono gli studiosi del fenomeno

Pur essendo numerose le messe in guardia di studiosi ed esperti delle relazioni umane, i nuovi comportamenti e le abitudini ad essi associati si diffondono a tutte le categorie di persone e a tutte le generazioni. Se lo smartphone usato dalle Smart Mobs (Howard Rheingold) giovanili è diventato uno strumento essenziale per incontrarsi e socializzare, il tablet in una riunione di lavoro rischia di urtare la sensibilità delle persone che ci stanno di fronte e influire negativamente sui risultati dell’incontro stesso.

La tecnologia in genere ma principalmente computer, internet e dispositivi mobili sono essenzialmente sovra-utilizzati in dosi e in modi da aver creato una vera e propria dipendenza. Una situazione comprensibile, considerando la disponibilità di contenuti novi e stimolanti, la facilità di accesso, la convenienza e il basso costo, la stimolazione visuale, l’autonomia e l’anonimità che caratterizzano la nostra vita tecnologica e contribuiscono alla nostra vita psico-emotiva e psico-attiva.

Questi condizionamenti non sono necessariamente da condannare ma è venuto il tempo di sottolinearne gli aspetti negativi e richiamare tutti ad una qualche forma di riflessione critica sulle alterazioni, i cambiamenti, gli effetti che le nuove tecnologie stanno producendo influenzando il modo in cui viviamo, amiamo, lavoriamo e ci relazioniamo agli altri.

"Un mio insegnante mi diceva: Fai quello che fai normalmente, ma fallo consapevolmente. Intendeva dire che se introduci consapevolezza in ogni attività, l'esperienza che ne deriva sarà diversa" - Soren Gorfhamet autore del libro Wisdom 2.0

Per capire che il richiamo alla riflessione proveniente da studiosi di varie discipline non è inutile, basta ricordare come nel passato altre tipologie di tecnologie hanno prodotto danni enormi i cui effetti non erano percepiti come possibili e che sono giunti in parte inattesi nella loro negatività.

Alcuni esempi sono il Talidomide, il PCB/PVC, il carburante fossile. Ma si potrebbe citare come esempio anche la televisione ( chissà quando noi Italiani riusciremo ad uscire fuori dalla realtà virtuale prodotta dalla manipolazione semantica e narrativa della realtà fatta dalle televisioni berlusconiane e non solo negli ultimi venti anni ) sia nel suo ruolo di media che di strumento politico capace di incidere su aspetti come la democrazia di un paese.

Alcune di queste tecnologie hanno avuto effetti disastrosi, altre meno pesanti ma più insidiosi e pericolosi perché nascono da nostre convenienze che ci suggeriscono nuovi comportamenti e abitudini che nel tempo modificano il nostro essere, fisico ( sedentarietà) e mentale (pigrizia e perdita di pensiero investigativo e critico).  Come è il caso delle nuove tecnologie di cui stiamo parlando e per le quali stiamo costruendo rapporti feticisti dettati da fede cieca e aspettative di promesse di un futuro ricco di nuove esperienze sempre più simili a quelle millenaristiche di stampo religioso.

A mettere in guardia nei confronti delle nuove tecnologie sono ormai molti studiosi come lo pisichiatra Daniel Siegel, la psicologa Sherry Turkle, autrice di ‘Insieme ma soli’ ( un libro che consiglio a tutti di leggere: Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri), Nichoals Carr, la linguista Naomi Baron, la critica della tecnologia Maggie Jackson, la neurscienziata Maryanne Wolf autrice del libro 'Proust e il calamaro' (mia recensione su SoloTablet: Il cervello che legge e le nuove tecnologie digitali ) , Andrew Keen autore di Dilettanti.com.

Alcune riflessioni conclusive

Il tema degli effetti della tecnologia sull'evoluzione del genere umano e sui comportamenti delle persone gode di ampia letteratura sia scientifica che divulgativa. Il fatto che negli ultimi anni si siano moltiplicati i libri sull'argomento è sintomo di una presa di coscienza crescente sui rischi che la tecnologia impone in termini di sviluppo personale ( mente e cervello), sociale ( relazioni interpersonali), politico ( democrazia dei media e democrazia politica), familiare ( rapporti genitori figli, vecchie e nuove generazioni), scolastico ( nuove forme della didattica) e lavorativo ( peopleless organization).

Gli argomenti portati dai tecnofili e dai tecnofobi sono tutti interessanti e meritano la nostra attenzione e curiosità. Tra la visione pessimistica di Maggie Jackson che parla dell'arrivo di una 'dark age' o di Nicholas Carr e quella ottimistica dei molti corifei di un mondo tecnologico ricco di nuove potenzialità e sviluppi futuri, personalmente sposo la ricerca di una riflessione critica e lo sviluppo di un agnosticismo consapevole fatto di studio e analisi. Su questa strada ci sono pensatori come Howard Rjeingold ( Intelligenza, web e controllo della mente. Riflessioni dal libro di Howard Rheingold ) e Kevin Kelly (Il telefono era inevitabile, l'iPad no!). Entrambi amano la tecnologia ma chiamano tutti a riflettere su una rivoluzione tecnologica che sta creando mutazioni profonde nelle  nostre vite e determinando il percorso e le fasi delle evoluzioni prossime e future.

Per chi fosse curioso di quello che penso nel mio blog il TABULARIO troverà numerosi articoli sul tema.

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