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A sei mesi i bambini usano già il tablet, ma non sarà troppo presto?

A sei mesi i bambini usano già il tablet, ma non sarà troppo presto?

27 Aprile 2015 Redazione SoloTablet
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C'era una volta il bambino impegnato ad imparare a camminare, oggi prima ancora di alzarsi dalla culla, a soli dei mesi, molti bambini sanno già interagire senza problemi con il display di un tablet, le sue immagini, icone e applicazioni. Alcui ricercatori credono che sia troppo presto ma i genitori non sembrano preoccupati e in qualche modo facilitano l'approccio tecnologico dei loro pargoli gioiendo della loro capacità di attivare applicazioni e giochi che li caratterizza come bambini digitali e 2.0.

La diffusione della pratica digitale nei bambini al di sotto dei sei mesi è stata rilevata da una ricerca-sondaggio svolta negli Stati Uniti da alcuni pediatri allo scopo di rilevare il rapporto dei più piccoli con le nuove tecnologie digitali., smartphone e tablet in primis.

I dati raccolri hanno evidenziato come il 33% dei genitori ha raccontato che i loro figli hanno iniziato a usare un dispositivo tecnologico entro i dye anni, il 12% ha usato un videogioco e il 15% ha usato delle APP prima di avere compiuto un anno. Alcuni bambini a sei mesi sono abituati a interagire con un dispositivo tecnologico per oltre trenta minuti e all'età di un anno il tempo cresce fino ad un'ora giornaliera.

Spesso l'utilizzo del disposiivo è reso possobile da genitri che lo usano come mezzo di distrazione in mod da poter essere òoneri melle loro attività domestiche o lavorative  ma anche come strumento per calmare gli eventuali e sempre pssibiii capricci o per farli addormentare.

C'era una volta il bambino impegnato ad imparare a camminare, oggi prima ancora di alzarsi dalla culla, a soli dei mesi, molti bambini sanno già interagire senza problemi con il display di un tablet, le sue immagini, icone e applicazioni. Alcui ricercatori credono che sia troppo presto ma i genitori non sembrano preoccupati e in qualche modo facilitano l'approccio tecnologico dei loro pargoli gioiendo della loro capacità di attivare applicazioni e giochi che li caratterizza come bambini digitali e 2.0.

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L'uso dei nuovi dispositivi da parte di ragazzi nativi digitali della generazione Zeta non sarebbe preoccupante se si conoscessero gli effetti cognitivi dello stesso sullp sviluppo dei ragazzi.L'impossibilità di determinarne con certezza il valore positivo e negativo porta molti pediatri a sconsigliare l'uso del dispositivo a bambini al di sotto dei due anni di età e a suggerire ai genitori di impegnarsi in un contatto fisico e diretto con i ragazzi.

Solo l'interazione diretta con le persone può facilitare il dialogo e la conversazione, l'ascolto e l'apprendimento, l'acquiszione di capacità lingistiche e di lettura che un cinguettio o un messaggio WhatsAPP non possono garantire.

I genitori preoccupati di non riuscire a tenere lontani i loro ragazzi dai dispositivi tecnologici temono per lo sviluppo della loro creatività e di pensiero critico.

I dati evidenziati dalla ricerca, trovano conferma in molti altri studi o indagini svolte in altri paesi, compreso l'Italia. Nel nostro paese i bambini entrano in possesso di un telefono cellulare e/o smartphone intorno agli otto anni ma ben prima di questa età hanno usato i dispositivi dei genitori e degli adulti per interagire digitalmente.

Grazie al tablet e al suo schermo pià grande i genitori hanno la possibilità di affiancare i bambini nelle loro pratiche tecnologiche e di usarlo come strumento di apprendimento e divertimento condiviso.

Non tutti i pediatri condividono la preoccupazione sugli effetti dell'uso della tecnologia da parte dei più giovani. Per alcuni studiosi infatti smartphone etablet per i bambini non sono altro che semplici giochi, come lo sono molti altri. L'uso del dispositivo viene spesso fatto per imitare ciò che fanno mamma a papà ma la sua esplorazione è assimilabile a quella fatta con una paperella di gomma. E' una interazione inconsapevole che avviene al livello sensomotorio e che come tale non dovrebbe preoccupare.

I pediatri che hanno svolto la ricerca a cui si è accennato sopra non sembrano pensarla allo stesso modo!

 

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