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Evoluzione della comunicazione, dai cinguettii ai periscopi

Evoluzione della comunicazione, dai cinguettii ai periscopi

21 Ottobre 2015 Redazione SoloTablet
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Gli immigrati digitali con cultura digitale sanno quanto sia stata rapida e profonda l’evoluzione tecnologica e quanto abbia inciso nel trasformare le forme della comunicazione. Chi si ricorda più i primi siti web e i loro linguaggi? Gli uni e gli altri sono oggi frequentati da nativi digitali che fanno i blogger, cinguettano, postano messaggi, fanno giornalismo e producono video.

Le numerose applicazioni che hanno segnato l’evoluzione tecnologica degli ultimi dieci anni hanno cambiato la comunicazione, i linguaggi e i comportamenti delle persone.

Nessuno avrebbe mai pensato di cinguettare prima dell’arrivo di Twitter o di fare giornalismo prima dell’arrivo delle piattaforme di Blog, nessuno oggi pensa di trasformarsi in produttore di video in streaming della propria vita. Eppure è quello che è avvenuto e sta ancora avvenendo.

Pochi anni fa i siti web erano applicazioni costose e realizzabili da poche elite di persone, il giornalismo online era fatto da persone professionalmente qualificate e con master in giornalismo, gli utenti della rete navigavano e seguivano ciò che sui siti i giornalisti e le persone qualificate pubblicavano. Poi in pochi anni Internet ha cambiato il mondo permettendo a tutti di costruirsi i suoi siti, di fare i giornalisti attraverso piattaforme Blog (WordPress, Trmblr, Blogger, ecc.) o progetti editoriali e diventare fonti autorevoli di informazioni e opinion leader. 

Dopo aver colonizzato il mondo digitale della Rete e avere esteso la sua influenza a livello globale, in poco tempo la Blogosfera è andata incontro ad una rapida mutazione. In ogni suo territorio sono emersi leader o luoghi più o meno noti che hanno attirato un numero crescente di naviganti e utenti, rendendo inutili e insignificanti tutti gli altri.

E’ così che ad esempio in ambito tecnologico i numerosissimi blog di tecnologia sono stati spazzati via da presenza ingombranti, ricche e ben finanziate come Mashable, TechCrunch, The Verge e altre testate simili. I blog sopravvissuti si sono così trovati obbligati a semplici operazioni di copia, modifica, traduci, incolla e pubblica, trasformando il motore di ricerca in una specie di pappagallo che ripete all’infinito quanto è bello l’ultimo iPhone o quanto è malato Android, quanto superato è Windows e quanto è attraente, cool e trendy iOS. La comunicazione è diventata traduzione e la lingua un esperimento di sincretismo del vocabolario e semantico.

I blog alla Mashable hanno penalizzato la blogosfera e i suoi protagonisti ma anche i siti e gli spazi strutturati e potenti degli editori di periodici e giornali online, rubando loro visibilità, influenza e autorevolezza. Un obiettivo raggiunto a spese della massa di blogger e replicando i modelli dei siti concorrenti a cui volevano sostituirsi e obbligandoli a muoversi in rete con maggiori investimenti, nuove organizzazioni e nuovi linguaggi (vedi esempi italiani di repubblica.it e stampa.it e quello più famoso di huffingtonpost.it).

A dare risposte concrete ai nuovi bisogni della massa degli utenti della rete, sempre alla ricerca costante di nuove forme di protagonismo e di linguaggi, ci ha pensato ancora una volta l’evoluzione della tecnologia con l’introduzione di nuovi strumenti, dispositivi e applicazioni che hanno trasformato la Rete in un spazio sociale e in un bosco musicale fatto di cinguettii. Dispositivi mobili e loro applicazioni sono diventati in poco tempo i nuovi strumenti preferiti da utenti che si sono sentiti messi al centro e abilitati a riprendere le loro attività di blogger. Ne è derivata una fuga o una minore attenzione ai siti vetrina e ai portali di notizie e una frequentazione, a volte compulsiva, di spazi abitati e sociali della rete come il muro delle facce di facebook. E tutti si sono messi  a cinguettare, come se fosse il linguaggio più naturale al mondo, anche per esseri cognitivamente complessi e capaci come essi sono.

L’affermarsi dei cinguettii e dei post ha reso obsoleti articoli e testi redazionali, ha reso completamente inutile conoscere il dominio URL che ospita un sito o un portale e ha delegato a Google e ai suoi meccanismi (algoritmi) tecnologici il compito di mostrare ciò che vale la pena di essere letto o semplicemente sbirciato, ‘swippato’ o fotografato (quanti sono le condivisioni di articoli decise solo dopo aver letto il titolo dell’articolo? E se il testo contenesse idee opposte a quelle espresse nel titolo?).

Obsoleti sono diventati anche i blogger che avevano acquisito faticosamente una loro visibilità e fama online. Se tutto è determinato dai motori di ricerca di Google o dai link delle pagine Facebook che senso ha andare alla ricerca di un autore e dei suoi ultimi scritti pubblicati? Meglio, molto meglio interagire con altre persone sul muro delle facce e condividere cambiamenti di stato e messaggini vari!

Dopo anni cinguettanti e felici, nonostante la crisi e forse anche per l’insopportabile cinguettare dei politici, anche Twitter sembra avere annoiato e l’attenzione se ne va verso altre destinazioni. Non è un caso che per trattenerla e soddisfarla la Rete si è popolata di messaggi del tipo “se ti è piaciuto questo potresti anche aver voglia di leggere quest’altro….”. Una idea abbastanza ovvia ma diventata tale solo dopo averne scoperto l’uso diffuso e la sua validità. Il cervello funziona per analogie e il ‘Leggi anche questo.’ o ‘Potrebbe interessarti anche questo articolo.’ non è altro che la traduzione online della logica delle analogie e delle categorizzazioni a cui il nostro cervello è abituato da sempre.

Questo approccio non fa che prendere atto del fatto che quasi nessuno usa più i nomi dei domini e i loro URL ma tutti si lasciano fuidare dal motore di ricerca, dai cinguettii che emergono qua e là in rete, dai flussi di messaggi WhatsApp e dalle loro immagini e dai link ai post del muro delle facce. Preso atto di ciò non resta che operare per catturare maggiore attenzione, meglio se fatto attraverso contenuti visuali, trattenere l’occasionale navigante più a lungo in un luogo e cercare di intrattenerlo o interessarlo. Compito non facile, forse impossibile, ma unica alternativa possibile per il momento rimasta! 

L’obiettivo è più facilmente raggiungibile se si dispone di informazioni dettagliate sul profilo dell’utente navigante e sui suoi comportamenti e stili di vita online, sui luoghi visitati e sulle sue relazioni sociali online. Queste informazioni sono più rilevanti della Home Page e della sua impostazione o bellezza grafica. Chi naviga in rete non naviga più attraverso Home Page diverse ma si lascia guidare dalle sue analogie che sono favorite da informazioni fornite tramite i motori di ricerca e poi, una volta arrivati su una destinazione, dall’intelligenza del produttore (Marca, Blogger, testata giornalistica, ecc.) nel trattenerlo e soddisfarne i bisogni del momento.

Le applicazioni oggi più usate lasciano percepire di poter interagire, comunicare e socializzare in tempo reale ma nella realtà c’è sempre qualche impedimento a che ciò avvenga realmente. L’interazione che avviene prevalentemente attraverso un linguaggio scritto e il testo da esso prodotto non è esattamente in tempo reale. Scrivere un cinguettio richiede tempo, leggerlo anche e in ogni caso mai può essere assimilato ad un cinguettare fatto di persona con tutte le sonorità e colorazioni sonore ad esso associate, al linguaggio del corpo in esso compreso e alla verifica della pragmatica della comunicazione a cui è finalizzato. Il bisogno di scrivere e di leggere trasforma il tempo reale in un tempo dilatato e delimitato da vincoli e i tempi a essi associati.

Alle limitazioni del tempo reale delimitato dai cinguetti e dai post di Facebook ha posto rimedio la nuova tecnologia di live streaming, quello alla Periscope (ora non a caso di proprietà di Twitter), Livelens, Meerkat,  e a soluzioni simili. Il nuovo linguaggio e le forme di comunicazione che rende possibili non sono per tutti ma è facile prevedere che lo diventeranno.

Se piattaforme come Periscope e Meerkat si diffonderanno torneremo a forme di comunicazione e interazione come quelle da cui siamo partiti e alle quali siamo abituati da sempre. Con l’unica differenza che invece di essere presenti gli uni agli altri e faccia a faccia, a incontrarsi e a fare esperienze insieme in tempo reale saranno i nostri profili digitali e le nostre rappresentazioni in rete.

Facile questo punto prevedere  che l’evoluzione non si fermi qui e che nel futuro prossimo venturo il tempo reale dell’incontro al periscopio veda come protagonisti degli avatar e in un futuro ancora piò lontano (per Kurzweil il 2020) delle macchine cyborg cinguettanti e che ci avranno probabilmente escluso dalle loro conversazioni….

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