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Millennial e lavoro: pigri e indolenti o semplicemente diversi?

Millennial e lavoro: pigri e indolenti o semplicemente diversi?

10 Aprile 2017 Redazione SoloTablet
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Giovani e non più giovani, tra i 18 e i 35 anni, considerati da molti come indolenti e capricciosi ma pur sempre bisognosi di confrontarsi con il mondo del lavoro e trovarne uno. Impossibile generalizzare o classificare una intera categoria generazionale per evitare conclusioni sbagliate, meglio evidenziarne i tratti caratteristici e unici.

A caratterizzare i Millennial (i nati tra il 1980 e il 1994) sembrano essere i tratti e gli attributi che li distinguono dalle generazioni precedenti, quelle che hanno preceduto l'arrivo del terzo millennio.

Millennial (anche Generazione Y) sono persone cresciute in un periodo di crisi economiche e finanziarie consecutive continue e diventate adulte in un'era tecnologica che caratterizza in modo preponderante la loro vita personale e anche quella lavorativa. Le generazioni precedenti hanno sperimentato la tecnologia in forme embrionali o più o meno diffuse ma in modalità diverse da quelle dei nativi digitali che si sono trovati immersi nella Internet globale, nel commercio elettronico e nei social media fin dai primi anni di vita. I Millennial sono nativi digitali cresciuti con la tecnologia q con la quale hanno da sempre avuto un'esperienza ben diversa da quella vissuta dai Baby Boomers o dalle generazioni di immigrati digitali che li hanno preceduti.

Entro il 2050 i Millennial rappresenteranno il 50% dell'intera forza lavoro. L'esperienza dei nativi digitali è una componente caratterizzante i Millennial, anche nella loro ricerca di un posto di lavoro e un requisito essenziale dei profili professionali confezionati da chi il lavoro può loro proporre. Questa esperienza incide però anche nelle aspettative che i Millennial manifestano, quando cercano lavoro. Sono simili alle generazioni precedenti nella ricerca di lavori interessanti e di cui andare fieri, di un salario adeguato a vivere bene e nelle aspirazioni di carriera ma le loro priorità sembrano essere diverse.

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Ad esempio i Millennial sembrano essere molto più interessati al tipo di azienda e alla sua cultura che allo stipendio che essa può dare loro, almeno in una fase iniziale. Cercano lavori che abbiano senso e preferiscono lavorare per aziende cha abbiano obiettivi e scopi sociali, aziende capaci di definire bene cosa sono ma anche cosa fanno per favorire una vita migliore, compresa quella dei suoi dipendenti.

La tecnologia, Linkedin e tutti gli altri strumenti di professional networking,  ha estremamente semplificato la ricerca di nuovi candidati e la raccolta di informazioni che permettano di valutarne competenze, abilità, conoscenze e motivazioni ma non è sufficiente a garantire che il candidato o la candidata selezionati possano garantire la produttività attesa o di avere fatto una selezione adeguata.

Le aspettative dei Millennial sono diverse, vogliono poter continuare ad apprendere e per crescere non si accontentano di promesse e carriere ma preferiscono farlo all'interno di ambiti lavorativi dinamici nei quali è favorita la condivisione e il lavoro di gruppo. Al tempo stesso le aziende non hanno alcuna garanzia di essersi portati in casa le persone con le abilità e gli skill necessari. Linkedin e applicazioni simili permettono di ampliare la gamma dei potenziali candidati ma non garantiscono in alcun modo che la scelta finale sia quella più indovinata o quella giusta.

Non è un caso quindi che da aspettative non soddisfatte nascano effetti indesiderati e scelte conseguenti. Ad esempio il 70% dei Millennial che entrano nel mondo del lavoro non hanno alcun record di resistenza/permanenza nel loro primo posto di lavoro. Lo abbandonano in media dopo due anni, anche per la difficoltà ad accettare forme organizzative e culture aziendali ancora di tipo tradizionale, gerarchico, poco adatte alle forme mentali che caratterizzano una generazione cresciuti con una cultura fortemente condizionata dalle esperienze tecnologiche da essi fatte.

L'abbandono precoce del primo posto di lavoro non sembra essere legata al basso stipendio ma alla ricerca di esperienze lavorative di cui potersi appassionare e per cui trovare forti motivazioni. La ricerca di motivazioni è tanto più importante quanto più grande è la consapevolezza che i lavori offerti ai Millennial non sono in grado di garantire lo stesso livello di guadagno e di sicurezza di cui hanno goduto le generazioni precedenti. Se è così meglio allora vivere l'esperienza lavorativa come se fosse una esperienza di tempo libero dalla quale trarre anche una buona dose di divertimento e soddisfazione personale. E pazienza se per raggiungere questo obiettivo esistenziale si sia costretti ad accettare lavori insoddisfacenti.

La scelta esistenziale viene vista da osservatori esterni alle nuove generazioni come legata ad una pigrizia diffusa che le caratterizza. In realtà bisogna fare attenzione agli stereotipi e a misurare la produttività dei Millennial con categorie antiquate. Le nuove generazioni non vedono alcun valore reale nel presenziare un posto di lavoro per otto ore di seguito o lavorare fino a tardi quando, con i loro dispositivi mobili, sono in grado di svolgere mansioni lavorative in ogni momento della giornata e in ogni luogo. Per loro quella che alcuni chiamano pigrizia è solo un modo più intelligente di lavorare e di essere efficienti. Un punto di vista condiviso dai Millennial che un lavoro ce l'hanno!

Nella condizione di lavoro in cui si trovano non è strano se i Millennial preferiscano lavorare per vivere piuttosto che vivere per lavorare e che agiscano per una migliore integrazione tra vita lavorativa e vita personale e sociale. Questa loro caratteristica li rende i candidati meno ideali, da generazioni, per aziende alla ricerca di lavoratori fedeli e istituzionalizzati. Ma forse anche questo è uno stereotipo che andrebbe contestualizzato nella realtà del mercato del lavoro nel quale si muovono i Millennial. Un mercato che non offre loro posti fissi o grandi opportunità di carriera, che li obbliga alla libera professione e all'auto-imprenditorialità e quindi a contare di meno su aziende e organizzazioni.

Ciò non significa comunque che i Millennial snobbino aziende e organizzazioni. Sono solo alla ricerca di realtà nelle quali riconoscersi e stare bene. Nulla di diverso da quanto hanno già sperimentato le generazioni precedenti nelle loro scelte lavorative. Scelte che sono state dettate dall'immagine, cultura e successo di un'azienda, dalla possibilità di massimizzare e migliorare le abilità lavorative necessarie per un determinato posto di lavoro, da salari rispettosi delle competenze e paritari ma anche da ambienti di lavoro piacevoli e motivanti. Nulla di nuovo o di strano! In presenza di queste caratteristiche anche i Millennial potrebbero apparire molto meno pigri e indolenti di quanto non vengano descritti dalle molte ricerche di analisti che forse sono un pò annebbiati nelle loro analisi dall'appartenere a generazioni precedenti.

 

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