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Smartphone amico caro

Smartphone amico caro

08 Luglio 2015 Redazione SoloTablet
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Passiamo più tempo con il nostro smartphone che con i nostri amici e fidanzate e in futuro non ce ne separeremo mai. Da semplice strumento per comunicare e interagire è destinato a diventare sempre più intelligente e capace di anticipare i nostri bisogni per soddisfarli meglio e con maggiore rapidità. Lo fa grazie a applicazioni, sensori miniaturizzati e potenti e assistenti personali parlanti.

Lo smartphone sta diventando, soprattutto nella sua versione phablet, il vero strumento di personal computing di una grande maggioranza di persone che non lo usano solo per comunicare, telefonare e giocare ma anche per lavorare, produrre e sfruttarne in modo intelligente e attivo le capacità e potenzialità. Per queste persone più del dispositivo in sé conta il fatto di essere sempre connessi e di vivere esperienze cognitive che derivano dall’uso dello smartphone come protesi intelligente del proprio sé. La vicinanza del dispositivo mobile è diventata così pervasiva, resiliente e invisibile da permetterci di agire come se fossimo un tutt’uno con la tecnologia e di fare affidamento completamente su di essa come lo faremmo con i nostri migliori amici o amiche.

Lo smartphone è sempre più intelligente grazie all’uso di sensori (il primo sensore, l’accelerometro, fu introdotto nel 2007 da Nokia oggi i sensori sono innumerevoli) e delle enormi quantità di dati a cui accedono sul cloud. I sensori permettono oggi allo smartphone di sapere se stiamo camminando o siamo seduti, se stiamo correndo o dormento. Tutti i dati raccolti servono allo smartphone per comprendere le nostre abitudini, i pattern che caratterizzano i nostri comportamenti e stili di vita, i nostri umori e stati d’animo, perché ci sentiamo bene (fitness ma anche wellness) o siamo affaticati e ad agire al posto nostro. La trasformazione in atto nei nostri smartphone indica un’evoluzione verso sistemi intelligenti capaci di parlare (interfacce Siri e Google Now) ma anche di elaborare pensieri come vere e proprie macchine cognitive.

Il nostro amore per lo smartphone nasce dal fatto che funziona sempre (o quasi), si presenta come un giocattolo facile da usare e che vuole essere usato, ci permette di vivere eventi e situazioni come se fossero in tempo reale e ci lascia percepire di poter migliorare la nostra vita quotidiana, la nostra professione, le nostre prestazioni e di darci una buona dose di felicità giornaliera.

Fra pochi anni, forse nella forma di dispositivo indossabile o di computer miniaturizzato impiantato direttamente sulla superficie del nostro corpo, lo smartphone (amicophone - amicocaro) farà per noi molto altro. Sarà in grado di comunicare all’auto dove andare in base agli appuntamenti segnati in agenda e di climatizzare l’auto in modo conveniente per la temperatura esterna e per il livello di stanchezza o sonnolenza dell’autista, informazioni reperite dai sensori dello smartphone che hanno monitorato i segnali vitali prodotti dalle attività del giorno o delle ore precedenti al viaggio. Lo stesso smartphone entrerà in contatto diretto con le componenti tecnologiche intelligenti dell’auto durante la guida in modo da facilitare l’impostazione della radio, inviare segnali di allerta, suggerimenti o informazioni contestuali (realtà aumentata) sul viaggio. Nel fare questo lo smartphone agirà in modo intelligente e si sintonizzerà cognitivamente con il suo possessore e compagno di viaggio in modo da anticipare le sue azioni e ripetere azioni abitudinarie come la visita alle pagine del muro delle facce, l’invio di un cinguettio o la pubblicazione di una fotografia appena scattata su Instagram.  Conoscendo il nostro profilo, i nostri comportamenti, le persone e i luoghi che frequentiamo, le attività professionali nelle quali siamo impegnati, lo smartphone del futuro sarà in grado di agire con noi e per noi in situazioni diverse.  Ad esempio un check-in all’aeroporto (biglietto elettronico o pass per il gate direttamente sul display) o in hotel (chiave per la stanza), la partecipazione a un incontro (invio di messaggi all’arrivo nelle reception delle aziende dove si tiene l’incontro), la pratica di uno sport (rilevazione dei segnali vitali e invio di messaggi di allerta, anche vocali, in caso di affaticamenti o dati sospetti ma anche di alto tasso alcolico nel sangue), l’accesso sicuro alla propria casa e l’attivazione degli impianti che la caratterizzano (luce, riscaldamento, climatizzatore, ecc.), la lettura (e-book dotati di realtà aumentata e capaci di visualizzare mappe e ambienti in 3D per ricreare i contesti e gli ambienti della narrazione), la traduzione di testi in lingue diverse (scannerizzazione del testo e traduzione immediata), l’ascolto di musica (in sostituzione dell’iPod e sfruttando servizi in streaming) e le molte attività lavorative che richiedono la raccolta di dati, la produzione di informazioni (testo, audio e video), la loro categorizzazione e il loro utilizzo per produrre elaborati e strumenti di lavoro.

Nella loro evoluzione cognitiva gli smartphone usano le applicazioni come strumenti per la raccolta dei dati, per il monitoraggio delle attività dell’utente e per fornire feedback ma anche per elaborare pensiero che si traduce in attività e azioni.  I dati fisiologici possono ad esempio essere comparati e analizzati con algoritmi intelligenti capaci di inferire informazioni, di fare categorizzazioni, analogie e classificazione, di fare dei calcoli e di elaborare informazione. Applicazioni ad hoc potrebbero fare cose simili sul nostro comportamento sociale nella vita reale o online,  analizzando il livello di isolamento o solitudine sulla base di quanto abbiamo usato il dispositivo per parlare o interagire socialmente durante la giornata e fornendo un adeguato supporto psicologico. Ci sono applicazioni che sono capaci di percepire l’avvicinarsi di un auto mentre l’utilizzatore di uno smartphone sta attraversando le strisce pedonali impegnato in una conversazione telefonica. Grazie all’uso delle videocamere del dispositivo e di algoritmi capaci di apprendere queste APP possono analizzare il livello di pericolo (velocità, distanza, tipo di veicolo, ecc.) e decidere cognitivamente se avvertire l’utente o meno. Ci sono già in circolazione smartphone con interfacce utente di tipo neurale, capaci cioè di permettere una interazione anche senza l’ausilio delle mani ma semplicemente con il battito delle ciglia o altri segnali inviati dal cervello.

Lo smartphone cognitivo non è ancora una realtà ma lo diventerà con l’aumento della sua intelligenza e ‘capacità intellettiva. Lo diventerà grazie alla disponibilità crescente di dati e di modelli di categorizzazione (analogie) e poi di classificazione (grazie al Big Data) dalle quali poter inferire informazioni sui comportamenti e contesti esperienziali umani. Nel tempo potrebbe anche diventare capace di prevedere comportamenti o situazioni di vita e assistere l’utente in modo appropriato per superare momenti di stress o di difficoltà o predisporsi in modo adeguato ad una nuova azione. Molte innovazioni dipenderanno dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale e dall’aiuto da essa offerto per agire sempre più come macchina umana, ad esempio attraverso la combinazione di informazioni provenienti da fonti diverse, la capacità di comprendere le relazioni che caratterizzano il comportamento umano sia a livello sociale sia individuale, la capacità di agire per scopi e di prendere decisioni sulla base dei bisogni percepiti dell’utente per scegliere se intervenire (agire) o meno.

Se sarà capace di sviluppare queste abilità lo smartphone che conosciamo oggi sarà presto dimenticato e quello cognitivo del futuro diventerà un compagno di vita fisso oltre che una protesi intelligente del nostro essere, del nostro pensare e del nostro agire.

 

 

 

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