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Il Cyberbullismo nella vita reale e in quella virtuale

Il Cyberbullismo nella vita reale e in quella virtuale

30 Maggio 2018 Redazione SoloTablet
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Segnaliamo un articolo di Maria Alessandra Monanni tratto dal suo blog Sandyeilweb.com. Il tema trattato è quello del cyberbullismo, nelle forme in cui si manifesta nella vita reale e nelle molteplici vite virtuali che caratterizzano le esperienze di vita di molti ragazzi e ragazze della generazione Millennium.

 

Il primo tema su cui mi preme fare alcune riflessioni è quello che emerge da fatti di cronaca che quasi quotidianamente vengono messi davanti ai nostri occhi attraverso i media, TV, Internet e che generano sgomento e incredulità: i fatti riguardano il bullismo fuori e dentro le scuole con l’aggravante che questi atti vengono registrati dai “bulli” sul proprio cellulare e pubblicati in rete – azione che qualifica il bullismo come “cyberbullismo”.

Si pensi ad esempio ai gravi atti di aggressione e persecutori, avvenuti per oltre un anno in una scuola di Bergamo, ai danni di uno studente disabile da parte dei suoi stessi compagni tutti minorenni, i quali, approfittando della situazione di disabilità e di difficoltà a reagire dello studente, continuavano senza alcun rimorso a beffeggiarlo e percuoterlo, fino al punto di minacciarlo con parole forti: “parla e ti ammazziamo di botte”.  O al caso di Firenze dove un quattordicenne perseguitava i compagni di scuola attraverso telefonate anonime e la pubblicazione in chat di foto offensive, modificate tramite fotomontaggi.  O il caso di Lucca dove sei studenti hanno insultato e minacciato in classe il proprio professore pubblicando poi in rete il video dell’accaduto come nulla fosse.  O al caso avvenuto a Modica dove due minorenni sono stati condannati per omicidio perché circa un anno fa hanno compiuto un atto criminoso picchiando a morte un anziano per “futili motivi”.

E questi sono solo alcuni degli innumerevoli fatti di cronaca che coinvolgono bambini e adolescenti, i quali, spinti da chi sa quale motivazione, compiono atti gravosi su altri bambini e adolescenti visti come più deboli e quindi facilmente aggredibili. I “bulli” compiono l’atto criminoso da soli o in gruppo, uno lo registra sul proprio cellulare (il cui uso a scuola dovrebbe essere vietato)  e poi, come nulla fosse, lo pubblicano in chat o nei Social perché ciò va condiviso con la comunità “virtuale”. Ma cosa gli spinge ad arrivare fino a tanto? Cosa vogliono dimostrare? Perché, agendo in questo modo, danno prova di essere i più forti e i più scaltri? Perché così ottengono il consenso e l’appartenenza ad un gruppo? O perché così facendo riescono a lenire qualche mancanza?

...completa la lettura del testo su sandyeilweb.com

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