Cultura /

Tecnobarocco: tecnologie utili e altri disastri

Tecnobarocco: tecnologie utili e altri disastri

03 Dicembre 2015 Redazione SoloTablet
SoloTablet
Redazione SoloTablet
share
BIBLIOGRAFIA TECNOLOGICA - La tecnologia del terzo millennio non aiuta gli uomini a migliorare la loro esistenza né a ridurre gli impatti sul pianeta. Non è semplice, né utile e nemmeno educativa. Essa, totalmente slegata dalla radice scientifica, è - invece - fine a se stessa, «barocca», dannosa e insostenibile da un punto di vista ambientale. Viene spesso usata per rimediare ai danni perpetrati da una tecnologia precedente, incrementa i profitti basati sui bisogni indotti, accelera l'obsolescenza di oggetti e macchine, è costosa, fa perdere tempo.

Mario Tozzi, Tecnobarocco - Tecnologie inutili e altri disastri, 2015 Passaggi Einaudi pp. VI - 194  € 18,00


Attraverso molti esempi Mario Tozzi dimostra l'inutilità di bizzarri marchingegni che riteniamo indispensabili - e di cui potremmo fare a meno. D'altro canto, egli sottolinea l'utilità di quella tecnologia semplice che ha rappresentato un vero miglioramento nelle condizioni della vita degli uomini senza compromettere l'ecosistema Terra.

Per valutare l'eventuale acquisto del libro, oltre alle recensioni disponibili online può essere utile leggere le prime due pagine del testo dell'autore nelle quali illustra la tesi che andrà a sostenere con numerosi esempi nel suo libro.

Questo libro cerca di confutare alcuni luoghi comuni legati alla tecnologia, che dovrebbe, in ultima analisi,servire a migliorare la vita dell’uomo (e forse anche deiviventi in generale) e ridurne gli impatti sul pianeta. E che, invece, risulta spesso ridondante, complicata, diseducativa, inutile e addirittura dannosa.

CONSIGLIATO PER TE:

Tu non sei un gadget

La tecnologia inefficace e di forte impatto (e magarisolo al servizio di interessi economici), però, non è ancora il peggio, perché esiste anche un mucchio di tecnologia fine a se stessa, totalmente inutile, applicata aoggetti o meccanismi che non hanno alcun bisogno di essere migliorati perché funzionano benissimo cosí comesono e che magari, quando proprio occorre, potrebbero essere semplicemente riparati. Al contrario, con l’avanzata dirompente dell’elettronica, quasi niente può essere piú aggiustato ed è invece indispensabile cambiare in blocco il meccanismo o l’oggetto. In moltissimi casi si finisce con lo spendere piú energia, piú tempo, e piú denaro, per ottenere praticamente un risultato identico. Senza ottenere quei miglioramenti significativi magnificati per indurre la sostituzione o il cambiamento.

Un caso esemplare è quello del wc utilizzato nelle moderne abitazioni giapponesi: una grande tazza di porcellana chiara, in genere poggiata su un gradino nella stanza da bagno, illuminata anche internamente e imponente come un piccolo monumento. Il «cervello» dell’apparecchiatura è una pulsantiera (talvolta staccabile come Tecnologia mistica del wc giapponese un telecomando) da cui si governano diverse funzioni cruciali: l’acqua può girare in senso orario o antiorario, essere colorata di rosa o di azzurro, scorrere profumata, mentre una musica in sottofondo viene diffusa in almeno tre canali (comprese antiche canzoni tradizionali di Hokkaidō). Non si può escludere che nelle ultime versioni siano già spuntati fuori anche l’attacco iPad, la porta usb e, magari, una webcam nel sifone. Ma la cosa piú interessante è il meccanismo alieno che sboccia dalla tazza e si propone per la pulizia intima: una specie di uovo metallico con tanti forellini tipo doccetta.

 

 

Alla fine delle operazioni lo scarico avviene tramite un grande pulsante a sfioro governato da cellule fotoelettriche. Una meraviglia, che, però, sfortunatamente, funziona solo con la corrente elettrica. Se manca l’elettricità il bagno non si può usare, com’è accaduto ai terremotati di Kōbe (1995) o di Fukushima (2011) dopo i noti disastri: tutti in strada nelle latrine e tanti saluti alla tecnologia piú avanzata al mondo. E anche in casi meno drammatici il problema può sempre presentarsi. Perciò la domanda è un’altra: che bisogno c’era di modificare con un aggeggio elettronico il perfetto meccanismo galleggiante-sciacquone-catenella, cosí facilmente riparabile e praticamente indistruttibile? Il water closet fu inventato da sir John Harington già nel 1596, ma entrò nell’uso corrente solo nel xviii secolo e il modello con sciacquone divenne di utilizzo comune nel 1889: il progetto è rimasto quello per secoli e come tale è arrivato sino ai giorni nostri. Anche se non si deve dimenticare che già gli antichi Romani disponevano di bagni, però pubblici, in cui l’acqua corrente portava via le deiezioni (in quel caso per la pulizia personale veniva utilizzata una spugna dotata di manico di legno che veniva poi sciacquata da personale addetto e riutilizzata piú volte).....

Recensioni

comments powered by Disqus

Sei alla ricerca di uno sviluppatore?

Cerca nel nostro database