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Sottoproletariato cognitivo e ignoranza ipermoderna

Sottoproletariato cognitivo e ignoranza ipermoderna

07 Settembre 2016 Redazione SoloTablet
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Segnaliamo la recensione di Francesco Coniglione sul libro di Davide Miccione, "Lumpen Italia. Il trionfo del sottoproletariato cognitivo" (IPOC, Milano 2015). Un libro che lllustra con una grande attenzione ai fenomeni che caratterizzano la nostra società della post-modernità al termine la crescita di una nuova classe di ignoranti ipermoderni e indigenti cognitivi, persone che "non sanno mai di non sapere", non si acccorge neanche di essere ignorante e scambia il proprio digiuno culturale per la massima realizzazione del sapere. L’ignoranza che nel passato era il frutto del proletariato economico e del sottosviluppo civile e il carattere di settori marginali della società, che attraverso l’acculturazione non riuscivano a liberarsi dalla propria condizione di minorità, è ora diventata una condizione diffusa, che si è trasmessa a tutti i gangli della società, alti a bassi, medioborghesi e proletari, sino a raggiungere le “cime abissali” della politica.

È facile indicare quali siano i caratteri del nuovo tipo di ignoranza avvistata dall’autore. Innanzi tutto l’abolizione del tempo, che porta il nuovo ignorante alla completa inconsapevolezza della storicità di se stesso e di ciò che vede, in un’assenza assoluta di profondità temporale in cui tutto si appiattisce su uno sfondo indeterminato, nebbioso, in cui figure ed eventi si agitano immersi nella nebbia di un passato che non si sa mai se remoto o vicino, se prima o dopo Cristo. Ciascuno ha nel suo carniere accademico molteplici di aneddoti ricavati dalla proprie esperienze universitarie, e l’autore ne riporta alcuni di gustosi, che qui vogliamo evitare di riprendere.

È importante invece riflettere sulle conseguenze di questa abolizione del tempo; innanzi tutto lo scambiare la cultura per natura, il credere che ciò che oggi è, sia sempre così stato e di conseguenza il proiettare sull’ieri l’evidenza del presente, pensando che il passato ad immagine dell’oggi. Questa inclinazione è particolarmente esiziale quando si viene a parlare di questioni politiche o religiose, per cui viene naturale all’incolto ipermoderno pensare che il cristianesimo di oggi (cioè quello successivo al Concilio Vaticano II) sia stato il cristianesimo di sempre; o che il fanatismo islamico di oggi, sia sempre esistito, perché l’Islam è “il male assoluto”, dotato di un’essenza immodificabile, immodificata, di per sé malvagia. Ma non è il rifiuto della storia (in qualunque disciplina, non solo in quanto tale) e del suo presunto nozionismo, a favore di materie più “attuali e utili”, una tendenza che si diffonde sempre più nella scuola di oggi?

Ma l’ignorante ipermoderno rifiuta anche la conoscenza del generale, quella organizzata in norme e categorie di pensiero. Ogni approccio alla realtà deve essere mediato dal vissuto, riportato al concreto, a ciò che è più vicino al suo mondo vitale, e quindi pensato sotto la spinta dell’immediatezza, del sentimento provvisorio, dell’attrazione momentanea; e così il mancato accesso a una conoscenza più astratta – definita come inutile appunto perché “astratta” – lo porta alla ignoranza dei meccanismi che regolano il funzionamento della realtà, anche di quella più prossima ai suoi interessi. Tutto viene riportato al cozzo di sentimenti e pulsioni elementari: buoni contro cattivi, antipatici contro simpatici, ladri contro onesti. Lo schema del Far West costituisce in merito una esemplare elucidazione del modo in cui funziona il mondo.

...completa la lettura delle recensione sul sito di ROARS (Return on Academic Research).

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