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La disruption va bene ma da sola non è sufficiente

La disruption va bene ma da sola non è sufficiente

01 Febbraio 2016 Redazione SoloTablet
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Si parla molto di digital disruption per indicare la necessità di rompere schemi e tradizioni e ricercare nuovi modelli e processi di business con l’obiettivo di conquistare nuovi mercati. E’ quello che ha fatto Apple con l’introduzione dell’iPhone e poi dell’iPad. Le aziende sono abituate a scelte e modelli di tipo incrementale e spesso incapaci a introdurre cambiamenti radicali. Questi ultimi non sembrano interessare i clienti abituali e consolidati ma sono dotati di una capacità di propagazione virale. Meglio allora strategie miste, di breve e di lungo periodo.

La scelta tecnologica e della digitalizzazione si traduce per le aziende in grandi trasformazioni, nei costi, nell’organizzazione, nella relazione con il cliente. Implementarla non è semplice e suggerisce spesso di attivare strutture parallele dotate della cultura tecnologica necessaria per guidare i processi di trasformazione in modo consistente, veloce e coerente con le esperienze dei clienti e dei consumatori.

Liberare il potenziale delle tecnologie digitali in azienda non significa generare una effettiva disruption dei processi o dei modelli di business ma trasformarli, gradualmente in una fase iniziale e sempre più profondamente a seguire ne tempo medio e lungo. La trasformazione deve comportare un’innovazione reale e portare a cambiamenti anche radicali in aree aziendali come quelle del marketing e delle funzioni aziendali a diretto contatto con la clientela.

Sul tema a Dicembre 2015 Mckinsey ha pubblicato un interessante articolo dal titolo “Speed and scale: Unlocking digital value in customer journeys”, nel quale illustra in che modo intervenire per trasformare, anche in senso disruptive, i processi di marketing dell’azienda con l’obiettivo di rapportarsi in modo diverso al mercato e a consumatori dalla testa cambiata per la loro consuetudine con prodotti e processi di tipo tecnologico. Una consuetudine che ha modificato i comportamenti e gli stili di vita e che obbligano le aziende e l’ufficio marketing a mettere in cantiere nuove strategie e nuovi approcci finalizzati a generare esperienze utente più automatizzate, efficaci e capaci di produrre il gradimento immediato del consumatore-cliente.

I nuovi comportamenti dei consumatori suggeriscono il passaggio rapido al digitale e alla ridefinizione di molti processi di marketing, ma anche di customer service, in ottica più tecnologica e digitale, in termini commerciali, di supporto e servizi e di canali. 

Il primo obiettivo deve essere la semplificazione dei rapporti e delle occasioni di interazione con il consumatore. Il tutto è dettato dalla pervasività dello smartphone e dalla rapidità e dalla agilità delle sue forme di comunicazione e di informazione.

La semplificazione non può prescindere dalla riconfigurazione dell’esperienza utente in modo da evitare di riproporre le modalità di contatto già sperimentate e di progettarne di nuove. Lo si può fare adottando nuove tecnologie e perseguendo i trend tecnologici che stanno condizionando comportamenti e dando forma a nuovi stili di vita.

I cambiamenti possono essere graduali, anche se dettati dall’urgenza competitiva, ma profondi e toccare i processi. L’approccio non può essere tattico o passare, come spesso è successo in passato, da scelte esclusivamente di tecnologie dell’informazione e dei dipartimenti IT dell’azienda. Quello che serve è individuare i processi da cambiare e modificarli o reinventarli in base ai nuovi bisogni di trasformazione del business, commerciali, amministrativi e marketing.

Nessuna trasformazione sarà possibile se non si opera contemporaneamente e con adeguati investimenti un cambiamento culturale in azienda. Costruire una cultura digitale aziendale non è semplice e richiede tempo ma è la sola soluzione che può favorire la nascita di nuove sensibilità di business e contribuire alla nascita di nuove leadership, attitudini e competenze digitali.

La trasformazione da operare deve essere profonda ma non avverrà dalla sera alla mattina, neppure per le sue componenti più disruptive. Servono allora metriche di misurazione diverse e finalizzate a reggere il confronto con risultati che non necessariamente si concretizzano nel breve termine. I ritorni sugli investimenti vanno calibrati e misurati sul medio e lungo periodo. Nella pianificazione serve pertanto una capacità previsionale diversa e capace di tenere coto delle novità che un mercato digitalizzato e tecnologico comporta

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La facilità con cui una soluzione, prodotto  o scelta disruptive può creare fenomeni virali indica quali possano essere gli approcci da adottare. Bisogna saper creare in modo agile prototipi di nuovi prodotti, metterli alla prova dei clienti attraverso un loro coinvolgimento e prepararsi a una rapida crescita o scalabilità nel momento in cui essi trovassero il gradimento del pubblico target selezionato.

Secondo Mckinsey, per portare a compimento una strategia digitale di tipo disruptive, sono necessari almeno sei cambiamenti o cambi  (shift) di paradigma:

  • Bisogna saper immaginare e raccontare una storia, fin dalle prime fasi di sviluppo di un nuovo prodotto. La storia non è tanto sul prodotto quanto sull’esperienza che ogni cliente o consumatore fa nel venire in possesso di un prodotto nel suo processo abituale di acquisto. E’ un’esperienza che viene vissuta attraverso canali diversi e persone che devono avere introiettato la nuova cultura aziendale digitale. E’ un’esperienza che deve essere curata (accessibilità e flessibilità) e distillata in una precisa strategia (capacità visionaria ma anche pragmatica e finalizzata alla soluzione di problemi concreti), della Marca, del posizionamento dei marchi dei prodotti sul mercato e in linee guida capaci di creare le giuste motivazioni all’acquisto.
  • Il cambiamento parte dalla tecnologia (IT). Non è una cosa semplice soprattutto per realtà e aziende con organizzazioni complesse. Creare una APP per soddisfare i bisogni del cliente è facile, complicato è al contrario collegare e integrare questa APP all’interno di tutti i processi e i canali aziendali che interagiscono con il cliente. Questa integrazione e digitalizzazione dei processi è però proprio ciò che si intende per cambiamento in senso digitale del modello di business. L’integrazione è complicata anche dal senso di urgenza che porta alla creazione di numerosi canali digitali separati e non comunicati e da investimenti esagerati in soluzioni Mobile e Internet anche quando non sono necessari. Quello che serve è un’infrastruttura capace di assorbire le novità e adattarsi in futuro ai nuovi cambiamenti e alle novità.
  • Serve una continua accelerazione. La rivoluzione digitale e tecnologica non prevede cicli lunghi come in passato ma obbliga a cambiamenti repentini, ad accelerazioni costanti, a volte anche spinte, e alla ripetizione. L’innovazione digitale costringe ogni anno a rivedere strategie e progetti, un’azione che non può essere portata a termine senza una grande capacità all’adattamento e la disponibilità a cambiare prospettiva.
  • Bisogna cambiare il modo di lavorare. Il cambiamento deve interessare l’organizzazione. Servono talenti con conoscenze digitali ma vanno ripensate anche le logiche di governance, di management e di leadership.
  • Più che un piano servono linee guida e metodologie. Nella società tecnologica attuale non servono piani strutturati. Meglio predisporre linee guida e metodologie coerenti con la nuova cultura digitale e capaci di bilanciare la prevedibilità strutturale dei processi che servono a modificare una organizzazione e la flessibilità e agilità che servono nell’attuale mondo digitale. Più che darsi immediate risposte meglio elaborare domande interrogantesi su ogni singola trasformazione necessaria o pianificata. Ogni fase deve prevedere la produzione di materiale utile a interagire con il cliente, a verificare l’esperienza utente e la validità del modello di business adottato e la sua flessibilità. Infine è fondamentale la capacità di far evolvere il piano tenendo sempre presenti i feedback dei clienti.
  • Mai dimenticare di monitorare ogni passo e ogni fase. Misurare passo dopo passo ogni fase di implementazione di una strategia digitale è essenziale ma non è possibile ricorrere a criteri e metriche del passato. Devono cambiare i key performance indicator così come i criteri che attengono alla remunerazione e ai benefit commerciali a fronte di risultati ottenuti. La misurazione poi deve essere costante e gestita con adeguati e rinnovati strumenti digitali

I sei punti sopra elencati rischiano di non avere alcun valore se non sono tra loro integrati e operativamente applicati all’interno di una strategia e cultura aziendale che miri alla ridefinizione dell’esperienza utente migliorandola, in senso digitale e tecnologico.

 

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