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La società del rischio e la sicurezza digitale
Secondo il sociologo Ulrich Beck, teorizzatore della società del rischio, è possibile anticipare pericoli e superare paure solo se si comprende che il rischio è al centro della vita di ognuno di noi. Ce lo ha insegnato il coronavirus, anche se non è detto che abbiamo appreso la lezione. Il rischio è diventato l’orizzonte e lo scenario reale nel quale ci troviamo immischiati, come singoli, come organizzazioni e come imprese. Oggi il contagio ha fatto percepire a tutti la vera natura del rischio e quanto esso sia determinante nel raggiungimento dei risultati, nel definire visioni future, nell’orientare strategie e azioni per trarne benefici e vantaggi. O per non pagarne le conseguenze e gli effetti. Il rischio è anche digitale e legato alle sfide che la cybercriminalità e le nuove tecnologie pongono a tutti, individui, aziende, organizzazioni, siano esse private o pubbliche.
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Sicurezza digitale: segreti e bugie
Il titolo fa riferimento a un libro di Bruce Schneier scritto anni fa e pubblicato da Wiley & Sons Inc. Dopo tre anni dalla pubblicazione nulla sembra cambiato. La cybercriminalità e gli attacchi cybercriminali sono gli stessi, solo più numerosi. Non sono cambiati neppure gli obiettivi e i rischi, seppure aumentati in quantità e ampiezza. Uguali sono anche gli strumenti di difesa disponibili, molti dei quali si rivelano inefficaci e inadeguati. Il problema della sicurezza non è svanito, non è diminuito ma anzi si è ingigantito. Principalmente perché a essere diventati più efficienti ed efficaci sono stati gli strumenti cybercriminali, diventati più potenti, più agguerriti e virulenti, più pericolosi perché utilizzabili da un numero crescente di entità criminali. Non è un caso che le frodi siano aumentate, i furti di identità siano diventati epidemici, il furto di credenziali di carte di credito è diventato una costante e le perdite finanziarie sono in aumento. Il problema è la crescente complessità del mondo digitale. Un tema di cui però pochi sembrano veramente prendere in considerazione.
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La sicurezza non va mai in vacanza!
Manager e dirigenti d’azienda, imprenditori e liberi professionisti, semplici dipendenti, loro amici e parenti si preparano ogni anno a celebrare il rito estivo delle vacanze. Partono con smartphone, tablet e laptop e con essi si portano appresso strumenti di viaggio, di divertimento e intrattenimento, ma anche lavoro, ansie, urgenze e dipendenze. Si espongono altresì a rischi e pericoli, per sé, per la propria azienda o per l’azienda per cui lavorano perché la sicurezza e i cybercriminali non vanno mai in vacanza. O meglio, presidiano anche i luoghi delle vacanze per praticare i loro attacchi preferiti, fatti di ingegneria sociale e human hacking.
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La sicurezza dopo la fine del Trono di Spade
Per i numerosi fan della saga che per un decennio ha creato notte insonni, scatenato desideri e passioni, l'ultima puntata ha sancito la fine dell’inverno. L’inverno però non è mai finito per tutti i possessori di uno smartphone o dispositivo mobile. Un inverno che ha assunto il nome di sicurezza e che mantiene tutti all’erta sui numerosi pericoli che abitano al di là della barriera di ghiaccio che dovrebbe proteggere e difendere tutti da attacchi improvvisi e minacce emergenti.
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Sicurezza: "prevenzione predittiva" è la parola chiave
L’intelligenza artificiale corre veloce, sta già cambiando molto e, in prospettiva, potrebbe cambiare tutto. Siamo alle soglie di una rivoluzione senza precedenti, destinata a trasformare radicalmente il mercato del lavoro ma forse anche il futuro stesso del genere umano sul pianeta Terra. Con conseguenze non tutte prevedibili e non da tutti desiderabili. In attesa di scoprire le novità che verranno, oggi l’attenzione di molti è tutta focalizzata su come e in che modo l’intelligenza artificiale può essere usata per risolvere problemi e fornire soluzioni negli ambiti più disparati, compreso quello della sicurezza.
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Attacchi cybercriminali e reazione di difesa
La tecnologia va veloce, i cybercriminali sanno come trarne vantaggio, soprattutto se le vittime prese di mira al contrario sono lente, nel prevedere, nel reagire e nel difendersi.
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Cybercriminalità: rischi in aumento
Il rapporto Clusit sulla sicurezza informatica per il 2018 ha riscontrato in Italia una crescita del 240% degli attacchi informatici rispetto al 2011. Ciò che deve spaventare non è l’aumento quantitativo degli attacchi ma quello qualitativo. Un fenomeno che si manifesta con intrusioni continue nella vita dei privati cittadini ma evidenzia attacchi sempre più focalizzati sulle aziende, la pubblica amministrazione e le istituzioni. Il rapporto sulla sicurezza 2019 di Cylance, ora BlackBerry, riporta dati e allarmi simili fornendo dettagliate informazioni utili a comprendere meglio la realtà della cybercriminalità ma suggerisce anche approcci, strumenti, tattiche, strategie da adottare per arginare gli attacchi criminali, prevenirli potenziando le difese e per gestirli qualora avessero avuto successo.
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Tutti connessi, tutti a rischio?
Non c’è da spaventarsi ma meglio essere preparati. Lo sviluppo continuo delle tecnologie per la connessione sta moltiplicando i potenziali rischi per la sicurezza dei dati e delle informazioni.
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I pesci che siamo diventati!
Condivido l'introduzione del mio ebook del 2016, I pesci siamo noi. L’idea dell'e-book è nata dalle frequenti analogie e metafore che, nella mia attività professionale, sono spesso servite a collegare azioni marketing-commerciali alle tecniche e alle pratiche del pescare, ma anche dall’ascolto di una vecchia canzone (Up Patriots to Arms) di Battiato del 1980, dal ricordo di un libro stimolante e divertentissimo come Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams (Grazie per tutto il pesce – quarto volume della trilogia), dalla lettura recente de Il Cerchio, il testo distopico di Dave Eggers, dall’ennesima visione del film culto The meaning of life dei Monty Python e soprattutto dalla lettura di numerosi testi che negli ultimi tempi, sempre più mediati tecnologicamente, stanno suggerendo di guardare in modo critico alla tecnologia[i].
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Linkedin e profili professionali: pesci in cerca di ami!
Quanti sono i frequentatori della Rete che sanno quello che fanno? Quanti sono quelli che si preoccupano delle numerose tracce distribuite online? Quanti conoscono che fine fanno le informazioni e le conoscenze prodotte da queste tracce e come possono essere usate? Quanti fanno affidamento a piattaforme tecnologiche come Facebook e Linkedin senza preoccuparsi della loro sicurezza e ritenendole garanti della sicurezza dei loro dati? Quanti conoscono il Dark Web e sanno come viene usato, anche contro di loro? Quanti affidano a network professionali come Linkedin il loro curriculum vitae identificandosi poi con esso anche quando risulta essere standardizzato, altamente arbitrario e incapace di rappresentare la ricchezza in costante divenire di una professionalità che va oltre la cronologia sequenziale dei lavori svolti?
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