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La pandemia ha escluso dal lavoro pezzi fondamentali del rapporto con le persone
La grossa lacuna della situazione italiana è l’assenza quasi totale di un approccio preventivo ai problemi di salute mentale; il retaggio culturale è ancora quello secondo cui chi va dallo psicologo sia “pazzo” o “malato”; non si considerano la sofferenza e il dolore come forme di disagio di cui occuparsi né, tanto meno, si è a conoscenza del fatto che questo tipo di emozioni quando non prese in tempo, portano allo sviluppo di sintomi, sindromi o vere e proprie malattie.
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La pandemia ha messo a nudo le criticità nell'accesso alle cure, ai servizi, alla cultura
Ritengo che la psicologia abbia da sempre, per propria costituzione, gli strumenti per incidere sul sociale a partire dalle azioni di promozione del benessere psicologico. La riflessione su di sé come singoli, della ricaduta delle proprie azioni in chiave sistemica sulla società può offrire nuovi modelli di vita che possono ispirare un benessere sociale.
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UNA UTOPIA PER IL 2021: LA SALUTE
Da psicologo delineo come ambito per l’utopia LA SALUTE Dietro a questa scelta vi è un medesimo giudizio di valore: anche la salute è un bene comune da salvaguardare (e forse anche redistribuire); un bene collettivo che grava su ognuno. Grava non solo in termini di costi sul sistema sanitario (sostenuto da tutti) ma di costi umani. Non siamo monadi, viviamo in una rete (fatta di parenti, amici, conoscenti e sconosciuti), sulla quale la sofferenza impatta e nella quale si diffonde. La salute è un bonus che abbiamo in dotazione dall’inizio della nostra esistenza. La responsabilità di non dissiparlo è personale e collettiva. Un’utopia post Covid 2021 potrebbe essere quindi il redistribuirla equamente
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