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🌼🌺🌹🥀🌷Macchine e umani pari non sono
La realtà da liquida si è fatta solida e reale, la sua sublimazione l’ha trasformata in digitale e in essa gli esseri umani si sono digitalizzati. Quasi senza accorgercene siamo entrati in una nuova fase dell’evoluzione della specie umana, nella quale, grazie alla tecnologia, pensiamo di essere diventati padroni assoluti del nostro destino; dimenticandoci, però, che siamo una specie animale il cui destino evolu- tivo dipende dalle interazioni con gli altri e con l’ambiente circostante. Ne deriva un’ovvia domanda: cosa succede se le altre specie non sono più umane e il contesto è sempre più ibrido e dominato dalle macchine?
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Virus emotivo. La pandemia e le nostre emozioni. Un libro di filosofia emozionale
Un testo di Maddalena Bisollo dedicato all'epidemia da Coronavirus. Temi di riflessione gli effetti su pensiero, emozioni e comportamenti di un virus che ha cambiato le vite di tutti ma anche il sentire e le emozioni delle perosne.
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🌑🌒 Si sta male dentro e non si solidarizza più
Molte realtà che frequentiamo sono come dei caterpillar, capaci di condizionare, forse anche di distruggere, la nostra vita emozionale e farci stare male dentro. La responsabilità non è degli strumenti che usiamo ma il modo con cui ci siamo ibridati con loro, subendoli e servendoli o semplicemente usandoli in modo poco consapevole e acritico. Frequentando i mondi tecnologici abbiamo declinato i nostri tempi a un continuo presente che ci suggerisce di non occuparsi più del passato e di non farlo neppure per il futuro. E' una scelta che evidenzia la scomparsa della speranza e la paura crescente a guardarsi dentro. Meglio lasciarsi andare all'evento, all'attimo fuggente di un MiPiace, al momento illusorio del tempo reale, meglio farsi coinvolgere in comunicazioni e scambi digitali che permettono di non preoccuparsi di cosa si sta comunicando o scambiando e del suo significato. Evitiamo così di entrare in dialogo con noi stessi, di riflettere su quello che abbiamo fatto e anche su quello che abbiamo intenzione di fare o abbiamo già fatto. Il risultato è che si sta male dentro e non si pratica una delle potenziali soluzioni per stare meglio: la solidarietà.
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🌑🌒 Le realtà che viviamo: qui dentro, là fuori
La pandemia ha cambiato tutto, anche la realtà. Si dice che niente sarà più come prima. Si pensa anche che non ci sia immaginazione che tenga. Tutto è mutato. Molto più e molto più rapidamente di quanto la realtà fosse mutata dopo la crisi del 2001 (attacco alle Torri di New York) e la crisi finanziaria del 2007/2008. La reazione di molti per affrontare la crisi pandemica è stata di rivolgersi alle piattaforme online e sostituire la realtà fattuale con quella virtuale. All'inizio del nuovo anno, pieno di speranze e aspettative reali, è tempo di riflettere criticamente su questa esperienza online e interrogarsi su cosa distingua il mondo dentro (QUI DENTRO) le piattaforme da quello a loro esterno (LA' FUORI).
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🌑🌒 2021 – UTOPIA COME ESERCIZIO DI PENSIERO CRITICO
Il mondo contemporaneo ha assoluto bisogno di pensare il futuro come una possibilità buona (Roberto Mordacci). E' nell'ottica di un'opportunità per il cambiamento che bisogna riprendere il viaggio verso l'utopia. Un viaggio diventato sempre più necessario, complesso ma quasi obbligatorio se vogliamo esercitare la nostra capacità di immaginare un futuro nel quale possano coesistere migliori condizioni di vita e relazioni sociali più giuste e vivibili. Il viaggio verso l'utopia dovrebbe essere intrapreso da tutti. Prima di partire il pensiero utopico può servire alla critica del presente e a individuare le mete e le destinazioni da raggiungere.
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Soli con noi stessi (dialogando con Paola Sandonà)
La fase di lockdown ha infatti costretto gli individui a sospendere la propria routine quotidiana trovandosi soli con se stessi. In tali momenti ci si trova a meditare sul proprio percorso di vita con il rischio di trovarsi smarriti. È così che nella ricerca di un metodo di evasione da una realtà in cui non ci si riconosce, gli individui tendono a rifugiarsi in una realtà differente.
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Pandemia e ripercussioni psichiche (dialogo con Roberta Milanese)
Quello che ho osservato in questi mesi rispetto agli effetti della quarantena e dell’isolamento è stato duplice. Una parte della popolazione ha vissuto il periodo come una preziosa opportunità di vivere maggiormente la dimensione familiare. A fronte di questi pochi “privilegiati”, però, abbiamo moltissime persone che hanno vissuto il lockdown con grande angoscia e sofferenza.
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Tutti hanno dovuto adattarsi (dialogo con Carlo Massarutto)
Questo virus ha attaccato le nostre quotidiane routine, azioni e relazioni, ha impedito la possibilità di dare estremi saluti ai propri cari, ha creato dei traumi che dovranno essere riparati, ha messo a dura prova alcune classi di lavoro, ha fatto rischiare la vita ad altri, ha erto eroi, ma che sono stati dimenticati in fretta.
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Alcune cose tarderanno a tornare come prima (dialogo con Maurizio Fea)
I fobico ossessivi si sono trovati improvvisamente in buona e diffusa compagnia in un mondo a loro misura tra mascherine e lavaggi, mentre quelli solidi nelle loro certezze hanno dovuto fare i conti con scenari instabili, inquietanti, poco governabili e patogenici non solo a causa virus. Il periodo di quarantena non è stato né così lungo né così intenso da far cambiare in modo sostanziale le abitudini, la visione del mondo, l’approccio alla vita di molte persone, comprese quelle che hanno lamentato e lamentano i maggiori disagi, fatte salvo ovviamente le difficoltà economiche, mentre quelle psichiche hanno trovato da sé le risposte e gli adattamenti.
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Le Politiche Sociali si sforzino di interpretare il disagio psicologico in senso bio-psico-sociale (Ivan Colnaghi)
Se la comunicazione è contraddittoria e, in questo senso, schizofrenica; se in campo sanitario la parola di un medico vale quanto quella di uno youtuber, tenderanno a scomparire quelli che Kaes chiamava “garanti metapsichici”, quei riferimenti chiari, coerenti e culturalmente connotati, che aiutano a sentirsi vivi, accolti e appartenente al tessuto sociale: così, nella solipsistica ricerca di un garante, la propria foto del profilo Facebook diventerà l’autoevidenza consolatoria della propria esistenza.
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