Per riflettere sulla situazione italiana e la sua arretratezza culturale bastano due notizie di questi giorni. La prima narra di una Germania che, fulminata all’improvviso sulla strada della misericordia, dichiara di poter ospitare 500.000 migranti l’anno, basta che siano siriani, meglio se ricchi e ancor meglio se dotati di istruzione universitaria, di talenti, buone pratiche lavorative e professionali e conoscenze. La seconda notizia narra di 60.000 giovani volenterosi e desiderosi di impegnarsi nel raggiungimento di una laurea in medicina che si trovano a dover superare, accalcati in aule e palestre fatiscenti, un test di ammissione che soddisferà le aspirazioni di una minoranza di loro. Mentre la Germania investe e lo fa in modo intelligente traendo vantaggio dei costi per la formazione pagati dalla Siria, in Italia disperdiamo risorse e capacità ma soprattutto volontà e determinazione di molti giovani che vorrebbero studiare e che non possono.
Cosa centra la tecnologia in tutto questo? Tutto e nulla. Nulla perché non c’è bisogno delle più moderne tecnologie per dare compimento a una buona scuola e a pratiche scolastiche non solo buone ma anche efficaci. In fondo basterebbe investire sulla capacità, sulla conoscenza, sull’impegno e sulla coscienza democratica di migliaia di insegnanti e dare loro la possibilità di agire in modo più efficiente, con maggiori strumenti e in condizioni di lavoro più tranquille e soddisfacenti. L’impiego diffuso delle nuove tecnologie può fare la differenza avvicinando la scuola ai ragazzi Nativi Digitali e favorendo una interazione diversa tra docenti e discenti tale da facilitare non solo l’apprendimento e l’attenzione ma anche la voglia e il desiderio di apprendere di più e meglio.
La scuola può contribuire a quello che Maggiani nel suo ultimo romanzo ha definito come il Romanzo della nazione. Può aiutare i ragazzi a costruire con i loro sogni nuove utopie e a dare forma e concretezza alle stesse grazie a esperienze vissute come importanti perché capaci di far crescere e di essere ricordate. Queste esperienze dipenderanno sempre dalla funzione e dal ruolo che il docente assumerà nella relazione con i ragazzi e le ragazze ma anche da una scuola efficiente, funzionante, aperta a tutti, e attrezzata tecnologicamente, con laboratori, lavagne intelligenti, dispositivi mobili e informatici su ogni scrivania, testi e biblioteche digitali, applicazioni ad hoc per ogni tipo di materia scolastica inserita nel programma.
🌑🌒 La DAD atrofizza la mente e spegne i cuori
L’arrivo del tablet ha permesso alla scuola una riflessione ampia che ha coinvolto moltissimi insegnanti sul ruolo delle nuove tecnologie a scuola. Negli ultimi quattro anni sono state moltissime le sperimentazioni in classe, numerosi i progetti realizzati, diverse e molto dibattute le opinioni a confronto sul ruolo della tecnologia nella didattica e altrettanto numerosi i soldi buttati via, i tablet acquistati e già dismessi, i problemi incontrati (oopss … ho tablet per tutti ma mi manca la connessione Wi-Fi) e le resistenze incontrate.
Il nuovo anno scolastico 2015/2016 può diventare un anno di svolta e di cambiamento reale ma può essere anche un anno di crescenti resistenze. Sia per motivi legati alla nuova riforma della scuola che ha scontentato tutti, sia per la mancanza di fondi e investimenti certi per la scuola ma soprattutto per la mancanza di una visione olistica, formata e acculturata, moderna e finalizzata al lungo periodo in grado di dare forma a un nuovo modello di scuola italiana e di predisporre tutte le infrastrutture necessarie a realizzarlo.
Per dare forma a modello e infrastruttura serve una strategia che non si vede all’orizzonte ma soprattutto una pressione costante dal basso affinchè vengano aumentati i budget di spesa e gli investimenti in tecnologie per la scuola. Non farlo, in un mondo globalizzato dove molti altri lo fanno da tempo con metodicità e visione del futuro, è suicida oltre che colpevole verso le nuove generazioni. La pressione deve puntare a far spendere di più e meglio e a investire in buone pratiche e progetti innovativi.
Progetti e non semplice tecnologia!
Le tecnologie dell’informazione sono diventate commodities, sono sempre più interconnesse, comunicanti, convergenti e capaci di integrare il mondo del personal computing con le grandi risorse online del Cloud Computing e del Big Data. L’offerta è ampia in termini di prezzo e tipologia di dispositivi ma le funzionalità disponibili sono tutte simili e facilmente accessibili. Tutti o quasi tutti sono dotati di dispositivi mobili e hanno appreso come usarli, sia per scopi personali che per destinazioni di scopo diverse, educative, professionali e lavorative.
In un contesto caratterizzato dalla pervasività tecnologica ciò che serve, anche per fare le adeguate pressioni politiche, è avere chiari gli obiettivi, le strategie, le metodologie, le didattiche e gli assiomi su cui fondare la nuova scuola tecnologica.
Il cambiamento non passa attraverso l’introduzione di un tablet su ogni banco della classe ma dalla consapevolezza che la tecnologia ha cambiato la testa delle persone obbligando a ridefinire il modello di scuola da costruire, una scuola basata sulle domande (Socrate), sulla collaborazione e la co-creazione, sull’asservimento della tecnologia alla pedagogia e non viceversa, sulla rete e la comunicazione e sulla possibilità, da parte dei ragazzi di esprimere la loro creatività e immaginazione e di sfruttare i loro strumenti tecnologici per investigare e ricercare, per condividere e socializzare la conoscenza, per informarsi e acquisire nuove conoscenze.
Un cambiamento di questo tipo non solo è possibile ma è urgente e necessario ma dovrà affrontare numerose resistenze. La prima e più importante è quella della politica. Una resistenza passiva legata all’incapacità di strategizzare il futuro della scuola e di pensare in grande e sempre oggetto di contenziosi politici e di parte che non permettono il raggiungimento di una visione e di un vantaggio nazionale. Un’attiva frutto di comportamenti e modi di pensare che sono legati ad abitudini consolidate nel tempo, alla scarsa disponibilità a cambiare testa, alla pigrizia che impedisce un aggiornamento continuo, all’appartenenza ideologica a scuole di pensiero conservatrici e magari anche tecnofobe.
Fare previsioni su cosa sarà il nuovo anno scolastico 2015/2016 in termini di cambiamento e innovazione è un esercizio inutile. Molto dipenderà anche dal contenzioso aperto tra insegnanti e governo, dalla attuazione della nuova legge sulla scuola e dagli investimenti che dovrebbero sostenerla. In un anno che si presenta come molto complicato la speranza è che non prevalga lo sfinimento e la sfiducia e che si torni a progettare il futuro, in sintonia e piena collaborazione con gli studenti. La tecnologia può diventare un tema e uno strumento importante di innovazione e cambiamento e i progetti con essa realizzati potrebbero determinare nuova fiducia e entusiasmo per una scuola al passo con i tempi e capace di fornire nuove e grandi opportunità alle generazioni del futuro.