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Sulla scuola digitale e i suoi programmi prossimi venturi

Sulla scuola digitale e i suoi programmi prossimi venturi

12 Gennaio 2016 Redazione Scuola
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Sulle pagine sociali del muro delle facce il Prof. Ferri ha condiviso un testo scritto da Nello Iacono degli Stati Generali dell’Innovazione. Un articolo molto interessante che merita visibilità perché illustra in dettaglio le azioni e i programmi previsti per rendere la scuola italiana sempre più digitale. Nel testo si evidenziano anche potenziali rischi e i problemi da affrontare. La lettura si è offerta ad alcuni spunti di riflessione che condividiamo online.

Il 2016 è destinato a essere un anno importante per la Scuola Italiana e per la sua evoluzione digitale. Lo sarà innanzitutto per gli effetti della riforma del #labuonascuola ma anche perché verranno gettate le basi dei piani previsti dal PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale) e decisi ambiti e forme di intervento, risorse, strumenti necessari e progetti da implementare, in primis quelli legati alla formazione del corpo docente.

L’articolo di Nello Iacono è molto dettagliato e aiuta a comprendere l’ampiezza dell’intervento pianificato, la sua complessità e articolazione. Tutti si devono augurare che il piano funzioni e sia seguito da progetti implementativi concreti.

Ai rischi sottolineati da Nello Iacono, legati in modo diretto al piano di implementazione, vorrei suggerirne altri due. Il primo è legato all’eccessivo peso dato alla pianificazione e all’infrastruttura organizzativa, il secondo si riferisce al coinvolgimento e alla partecipazione di insegnanti e studenti.

Se si pianifica a lungo, quando il piano è pronto bisogna ricominciare

In tempi complessi e liquidi pianificare tutto, definendo in dettaglio quello che serve potrebbe non bastare. Potrebbe assorbire eccessive risorse e produrre soluzioni insufficienti o non più adeguate alle situazioni in costante cambiamento. Meglio dimenticare la ricerca di equilibrio e puntare sulle numerose reti di insegnanti, di competenze, di conoscenze, di buone pratiche maturate e cresciute nel tempo come contributo volontario di sensibilità, creatività e innovazione. Meglio puntare sul fare emergere la conoscenza che si annida in ogni nodo o elemento della rete e sull’auto-organizzazione e sulla disorganizzazione di tipo creativo e, perché no, anche su qualche forma di anarchia organizzata ma votata al cambiamento.

La complessità non deriva dalle tecnologie da usare e dagli strumenti da approntare. Fornire l’accesso alla banda ultra-larga alle scuole, allestire spazi e ambienti adeguati per l’apprendimento nei quali esercitare forme di didattica digitale, istituzionalizzare una qualche forma di identità digitale per la Scuola Pubblica e dotare l’amministrazione di strumenti tecnologici e digitali avanzati, sono tutti obiettivi raggiungibili perché lo sono da anni. Il problema qui non è la complessità progettuale e di realizzazione ma la disponibilità o meno dei budget di spesa adeguati, l’esistenza di infrastrutture adeguate alla loro implementazione, la volontà politica e manageriale e la determinazione nel raggiungere obiettivi concreti.

La complessità aumenta quando si devono affrontare problemi che coinvolgono i protagonisti della scuola. Studenti, personale docente, collaboratori esterni e altro personale con funzioni scolastiche diverse, della rivoluzione digitale in preparazione, la loro adeguata preparazione e formazione e le loro competenze e conoscenze. I primi e le seconde possono fare la differenza, nel produrre contenuti e conoscenze, nel dare forma a reti e comunità digitali sulle quali condividerle e da usare per creare nuove connessioni tra il mondo della scuola e quello imprenditoriale e del lavoro.

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Agenda digitale e piano per il 2016

Il piano 2016 sembra essere sulla carta molto ambizioso e tutti dobbiamo sperare che funzioni traducendosi in realizzazioni e progetti. Il piano riuscirà tanto più quanto maggiore sarà il coinvolgimento degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. Gli uni e gli altri devono essere coinvolti, come previsto, in piani di formazione ma soprattutto essere ascoltati e inseriti nei vari programmi e progetti in ruoli attivi e sulla base delle loro conoscenze, competenze e pratiche digitali già sperimentate o per le idee innovative di cui sono portatori/portatrici. Il loro coinvolgimento non dovrebbe essere di tipo gerarchico e definito accuratamente attraverso organigrammi che finirebbero per rispecchiare forze in campo, entità attive sulla scuola e ultimi arrivati richiamati dalla nuova volontà e disponibilità di investimenti sulla scuola.

Un’organizzazione orizzontale e meno gerarchica, un po’ anarchica ma distribuita e fatta a rete potrebbe permettere quello che anche Nello Iacono suggerisce come abilità di dare forma e comunicare (io direi fare emergere) una visione e rimuovendo gli ostacoli. A questa organizzazione, non fissata su alcun organigramma o sito web, dovrebbero far parte tutte le molteplici anime che hanno dato vita al dibattito sul futuro della scuola di questi anni, cercando di favorire la loro collaborazione e sinergia e vincendo la loro tendenza a primeggiare e ad agire come entità autonome. All’interno di una visione che punta più sull’auto-organizzazione anche queste entità potrebbero comprendere quanto sia complicato emergere competendo e quanto sia più pragmaticamente utile co-operare (cin terminologia aziendale significa puntare sulla co-opetition). Collaborare significa maturare una grande attenzione ai fenomeni nuovi emergenti e alla loro capacità aggregativa e di richiamo.

La scuola è un organismo complesso a elevata criticità

La complessità della scuola suggerisce di evitare approcci analitici e valutativi. Entrambi verrebbero infatti applicati a situazioni e sistemi dinamici, in costante cambiamento e le cui traiettorie si decidono di volta in volta mentre si stanno svolgendo. Ne deriva una necessità di capacità di ascolto diversa da quella che ha portato a #labuonascuola evitando di creare nuove illusioni e altrettante disillusioni.

Sull’agenda digitale e sulla sua implementazione peserà l’esperienza che molti insegnanti hanno vissuto con la riforma della scuola approvata nel 2015. Una riforma che doveva nascere dalla partecipazione è stata imposta dall’alto con un approccio a-storico e imponendo una struttura gerarchica superata dalla realtà delle cose e dalle moderne metodologie di management. Nulla vieta ai presidi di esercitare la loro nuova autorità in senso collaborativo, integrativo e di inglobamento ma resta il fatto che la riforma attuata sembra essere nata dalla volontà di istituire una gerarchia di dominio e di stratificazione di tipo dirigista e centralizzata.

L’agenda digitale applicata alla scuola può essere l’occasione per ristabilire la fiducia tra corpo scolastico e istituzioni e per catalizzare gli sforzi di tutti per recuperare il gap tecnologico e organizzativo che ci separa con le altre istituzioni scolastiche europee e occidentali.

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Al compito sono chiamati a contribuire in primo luogo le persone coinvolte nei numerosi progetti legati all’agenda digitale e gli insegnanti. Con uno sguardo dall’esterno e molto interessato a un’evoluzione/rivoluzione digitale e tecnologica nella scuola, è comunque possibile suggerire alcuni spunti di riflessione:

  • La scuola è un sistema complesso che si auto-organizza in modo adattativo nel tempo. Non servono grandi pianificazioni e organizzazioni, ma una capacità elevata di valorizzare le differenze e i contributi di ogni elemento del sistema. Una visione centralizzata e gerarchica potrebbe produrre effetti deleteri e portare al disordine, esattamente l’opposto di quanto si voleva realizzare imponendo una gerarchia dall’alto.
  • Non servono infrastrutture informatiche e digitali stratificate. Meglio puntare su un’organizzazione leggera e orizzontale basata sul concetto di rete e capace di connettere e far interagire realtà diverse in modo da valorizzarne le specificità e favorire la creatività e l’innovazione.
  • L’ascolto non può essere solo nella fase di pianificazione ma un esercizio continuo e organizzato attraverso approcci e strumenti adeguati. L’ascolto non deve essere solo ricolto al corpo docente ma coinvolgere genitori, studenti e altre entità (aziende, liberi professionisti, ecc.)  interessata a creare un ponte tra la scuola e la società.
  • Vanno messe in rete tutte le competenze e le esperienze maturate in questi anni. Non servono mega-progetti centralizzati ma finanziamenti destinati a far crescere ancora di più queste esperienze favorendone l’interazione e la collaborazione e a metterle a disposizione di tutti, dentro e fuori la scuola.
  • Devono essere favoriti i progetti capaci di adeguarsi rapidamente alle novità tecnologiche. Non serve pensare a quale dispositivo portare in classe ma che uso se ne può fare. I dispositivi sono destinati a cambiare rapidamente negli anni ma il lavoro fatto in termini di contenuti, applicazioni, didattiche ed esperienze non può essere buttato.

  • Vanno creati percorsi di formazione continua. La formazione, che in una prima fase può essere assegnata a personale esterno, deve essere erogata sempre più da insegnanti. Ciò che conta non è la competenza tecnologica ma quella didattica e scolastica. Più della tecnologia conta la metodologia e la capacità di adattare la tecnologia alle menti cambiate degli studenti che apprendono, menti il cui cervello è sempre più modificato tecnologicamente ma sempre alla ricerca di allenamenti cognitivi per crescere e maturare.
  • Infine va mantenuta alta la capacità di critica. Alcuni non capiscono la resistenza di molti insegnanti perchè vedono nella riforma di Renzi un significativo passo in avanti. L’aver rimesso in movimento la scuola e averla riportata sotto i riflettori è sicuramente un merito. La verifica si farà sui fatti concreti. Per questo motivo deve poter rimanere alta la pressione esercitata da chi abita la scuola per poter continuare ad avere spazi di manovra entro i quali esprimere pareri e riflessioni critiche, così come idee e progetti. Predisporre spazi di feedback e contro-feedback è fondamentale per ogni sistema complesso se si vuole evitare che la sua criticità faccia aumentare l’entropia, la sua inefficienza e il suo disordine.

Nessuno si augura il caos o l’anarchia ma neppure una scuola normalizzata, gerarchizzata e assimilata alle leggi del mercato e ai desiderata delle aziende.

In un periodo alla fine dei tempi, come sostiene il filosofo Slavoy Zizek, forse è inutile fare grandi programmi. I problemi da affrontare vanno molto al di là della scuola e riguardano le sorti del nostro sistema economico-finanziario capitalistico, la crisi ecologica globale, le disuguaglianza sociali e il fenomeno della migrazione di massa e la rivoluzione tecnologica e biogenetica.

Riformare la scuola per prepararla alla fine dei tempi, forse non serve solo molta tecnologia e grande organizzazione ma una rinnovata capacità a percepire il cambiamento in arrivo adattandosi ai modi e ai tempi nei quali si manifesterà.

Buon Anno scolastico 2016 a tutti!

 

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