Il problema, nel frattempo, lo avevo risolto da sola ma non è questo il punto. Il punto è che parecchi alunni sono oggi capaci di padroneggiare molto meglio di noi gli strumenti digitali e li usano continuamente ma spesso in modo inconsapevole se non addirittura deleterio.
Spetta dunque alla scuola educare i ragazzi per far loro raggiungere la competenza digitale che consiste, secondo la Raccomandazione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006, nel saper utilizzare, con dimestichezza e spirito critico, le tecnologie della società dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione.
Si tratta della quarta competenza chiave per l'apprendimento permanente indicata dall'Unione Europea ben otto anni fa!
Se giovani e giovanissimi sanno benissimo “smanettare”, ciò non significa che facciano un uso critico di siti, app e social...anzi!
Come docente devo quindi riflettere: se non hanno bisogno di sapere “come” si fa (quindi di un supporto tecnico) e anzi possono essere loro ad insegnare a me da questo punto di vista, sicuramente hanno bisogno di sapere “perché” ovvero di imparare a valutare criticamente gli strumenti che usano, di capire qual è il fine da raggiungere ma anche quali sono i pericoli e le possibili conseguenze a cui si va incontro.
🌑🌒 La DAD atrofizza la mente e spegne i cuori
Sicuri sul “come si fa”, tanto da apparire quasi spavaldi, a volte insofferenti davanti ad un docente che non trova l'icona giusta, i ragazzi sono invece spesso impreparati rispetto alle conseguenze implicite, rimangono spiazzati quando si prospettano loro le numerose implicazioni che ogni gesto “virtuale” può provocare.
Ed è proprio per questo che hanno bisogno non tanto di docenti che insegnino loro ad installare o usare un'app ma di veri “maestri” che, soprattutto con l'esempio quotidiano, aprano loro gli occhi su che cos'è giusto o sbagliato, utile o inutile, etico o non etico.
Insomma, tu, alunno, mi aiuti sul “come”, io, docente, ti guido alla scoperta del “perché”.