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Tablet e e-book reader per un futuro senza carta

Tablet e e-book reader per un futuro senza carta

03 Maggio 2011 Redazione SoloTablet
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Che fine fa la scrittura “senza carta”,? Tutto finirà e passerà attraverso un tablet o un ebook reader? Quanto cambia l'interazione del lettore/consumatore con le nuove pagine digitali su schermi più o meno accattivanti e emozionali?
Possiamo ancora parlare di testo o forse meglio di immagini testuali? Quanto pesa lo schermo e la sua qualità? Solo alcune delle molte domande che studiosi come Giuseppe Granieri e non solo si pongono. Esistono risposte certe? Difficile anche se la strada sembra essere segnata....

( Un articolo scritto da Giuseppe Granieri, pubblicato su Lastampa.it )

Contro tutte le apparenze, scrive Tom Chatfield su Prospect Magazine, «la digitalizzazione dell'esperienza di lettura è l'aspetto meno importante di questo processo di cambiamento».

Il romanziere e poeta Blake Morrison, racconta Chatfield, gli ha confessato tempo fa di essere preoccupato per il futuro della narrativa e della poesia. E lui stesso ammette che non si tratta di un caso isolato. «Ho passato i mesi scorsi a parlare dl futuro dell'editoria con autori, editori e agenti», dice. «Ed è chiaro che i timori di Morrison sono lontani dall'essere rari. Dopo un po' di false partenze, i libri alla fine stanno diventando digitali».

Nel suo lungo e interessante articolo, intitolato Do writers need paper?, Tom esamina molti degli aspetti meno evidenti della transizione al digitale. «Una volta che le parole di un libro appaiono sullo schermo cessano di essere semplicemente parole di un libro come le abbiamo sempre considerate. Diventano parte di qualcos'altro. Occupano lo stesso spazio di tutti gli altri testi digitali, ma non solo: occupano lo stesso spazio di tutti gli altri media. Musica, film, giornali, blog, videogiochi. É la natura del digitale, tutto vive in parallelo, attraverso lo stesso canale, consumato simultanemente o in una sequenza sconnessa».

Nel suo inventario di pareri (eccellenti, da De Lillo a Lee Child) Chatfield costruisce un buon panorama dei temi da considerare. Che non a caso si chiude con delle domande poste proprio da De Lillo. «Il nostro linguaggio manterrà la stessa profondità e ricchezza che aveva sulla pagina stampata? La bellezza e la variabilità della nostra espressione quanto dipende dal medium che prende in carico le parole? La poesia ha bisogna della carta?». Non possiamo ancora saperlo, dice Chatfield: «De Lillo ha lasciato le domande senza risposta, ma probabilmente scopriremo presto come andranno le cose».

Io, personalmente, tendo a sposare la fiducia di Neil Gaiman («É un'occasione senza precedenti. Sono tempi bellissimi per essere autori giovani»), che tra l'altro è costruita -probabilmente- su un buon utilizzo degli ambienti digitali. Neil Gaiman ha qualcosa tipo un milione e mezzo di followers su Twitter e utilizza le piattaforme più avanzate per fare community con i suoi lettori. E sicuramente una buona alfabetizzazione digitale implica una maggiore conoscenza del contesto e una maggiore comprensione di quanto sta cambiando. E questo riduce molto lo spazio del non conosciuto o non compreso, che è poi lo spazio di cui normalmente si nutrono i timori.

Ma l'argomento più solido, più tranquillizzante, mi sembra quello di Lee Child: «l'arte di raccontare storie è l'arte più antica». Potranno cambiare i modi, i media e i processi, ma avremo sempre bisogno di farci affascinare dalle storie.

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