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Binge clicking

Binge clicking

26 Agosto 2015 Biancamaria Cavallini
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Biancamaria Cavallini
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Con il termine “binge drinking” ci si riferisce a un’assunzione eccessiva e rapida di alcol, finalizzata al raggiungimento dello stato di ubriachezza in poco tempo.
Per la serie: trangugia e non ci pensare.

Il pensarci, però, mi porta ad accostare questa modalità d’azione a quella che nel titolo ho definito “binge clicking”, ossia la tendenza al clic facile, se non addirittura compulsivo, che frequentemente si esperisce sul web. Un clicking a contenuti spesso privi di valore e raramente accompagnato da un’effettiva lettura delle pagine visitate.

A questo proposito, si parla spesso di “clickbaiting” per indicare quei titoli accattivanti che hanno il solo scopo di produrre un alto numero di visite per ottenere rendita pubblicitaria. Frequenti sono quegli articoli che promettono di svelare trucchi o gossip e che si rivelano siti in cui la curiosità che ha spinto l’utente a cliccare viene rivelata dopo aver scorso altre quattro pagine. Frequenti sono anche i titoli fuorvianti che conducono a farsi un’idea che si rivela diversa dai fatti raccontati nell’articolo corrispondente (un caso recente è questo, in cui dal titolo ci si fa, giustamente, l’idea che a due ragazze sia stato vietato il volo perché indossavano dei leggins quando poi, andando a leggere il contenuto, si scopre che la compagnia ha fatto rispettare il dress code che richiede ai propri impiegati e ai così detti “pass rider”, tali erano appunto le ragazze).

Senza tuttavia inoltrarmi in come sono mutate le modalità con cui si attirano gli utenti alla luce dei social network, e senza affrontare lo scomodo tema delle “bufale”, vorrei tornare a porre l’attenzione su quello che ho definito “binge clicking”. 

Osservando i comportamenti agiti online, mi accorgo, infatti, che sempre più spesso ci si trova in presenza di un consumo “mordi e fuggi” di informazioni e contenuti che frequentemente sono anche molto poveri.

Perché questa tendenza?

Le risposte possono essere diverse: anche online ci si sta muovendo verso un consumo che ricalca quello reale? Sempre più aumenta il numero di prodotti consumati e parallelamente diminuisce la loro durata media di vita?

Oppure questa tendenza risponde all’esigenza della fretta, del costipare sempre più attività in sempre meno tempo?

Un’altra risposta potrebbe però toccare un livello più profondo: internet sta mutando il nostro rapporto con il tempo e soprattutto la nostra disponibilità.

L’attesa è sempre meno tollerata, gli articoli oltre una certa lunghezza sempre meno letti, i contenuti dipinti come sempre più accattivanti per spiccare in mezzo a miliardi di altri contenuti, l’assuefazione sempre più presente.

Più ci si abitua a trangugiare contenuti, più si ha infatti bisogno di contenuti “ad alta digeribilità”, immediati, concisi, dallo spiccato contenuto visivo, possibilmente divertenti o ancora meglio teneri (ne sa qualcosa la “Cat Economy”).

Va da sé, che contenuti di questo tipo raramente veicolano informazioni di valore.

Come conciliare la tendenza al “binge clicking” con il “fare informazione”?

Sembra esserci riuscito The Post Internazionale (TPI), giornale online italiano che offre, soprattutto attraverso Facebook, articoli molto sintetici ma altrettanto completi. Non a caso, il sito genera mensilmente più di 1,5 milioni di utenti unici dei quali oltre 1 milione under 35, tra i quali, a loro volta, spiccano quelli con età inferiore ai 24 anni (dati da Wikipedia).

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Siamo già oltre i Millennials

Ecco allora che appare chiaro come questa tendenza al “binge clicking” sia soprattutto dei giovani, dei Millennials e dei Post-millennials, coloro che probabilmente segneranno la fine dei quotidiani cartacei e che oggi, sempre più, si rapportano alle informazioni in maniera totalmente nuova rispetto ai loro genitori.

Questa predilezione per la sintesi e l’immediatezza non è tuttavia negativa, nonostante il mio definirla provocatoriamente “binge clicking”. Se infatti la sintesi riesce ad essere completa, come nel caso di The Post Internazionale, i contenuti sono di valore e i numeri ricambiano.

Sono lontani i tempi in cui si svisceravano i fatti di cronaca e le notizie di geopolitica: l’era dell’informazione richiede di essere informati, non esperti. Tranne i casi in cui qualcosa appassiona, tendenzialmente interessa sapere tutto ciò che di fondamentale succede nel mondo, piuttosto che concentrarsi su un paio di aspetti e approfondirli.  

C’è il rischio di conoscere i fenomeni solo superficialmente, certo, ma questo è il costo che si deve pagare per essere efficienti nella dimensione temporale che internet concede.

 

 

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