Pratica filosofica sulla politica.
Ogni essere umano è un " animale politico"
Aristotele poneva all'origine della città e della sua amministrazione la famiglia, radice di ogni ordinamento, punto di partenza di tutti i legami personali. In essa e grazie ad essa, ognuno nasceva quindi come cittadino, come parte integrante e responsabile di una comunità più grande di cui quella stessa famiglia era esemplare e punto di slancio. Ogni essere umano si scopriva essere un " animale politico", dotato cioè di una capacità di vivere immerso in una molteplicità che metteva in discussione e nel contempo faceva nascere e progredire il proprio singolare essere e dava vita alle azioni.
Quindi ogni azione e scelta derivava dal profondo, dalla forma della propria anima, ne era voce e concretizzazione e, per tale ragione, oserei dire che la politica si originava come arte di governare innanzitutto la propria anima e poi come sguardo che dall'interno si alzava verso l'esterno, dentro altri occhi, immerso nella scoperta di un intreccio di relazioni e responsabilità, di fili diversi nei loro colori, ma uguali perché unici e luminosi.
Difatti tutti nel nostro essere e nel nostro agire siamo " un centro morale, drammi intimi di responsabilità e di libertà", ovvero, cercando di spiegare questa definizione di Aldo Capitini, ogni essere umano è un intreccio di fili di sentimenti forti e fragili, di diritti e di doveri, che emergono principalmente dalla relazione con altri, dall'essere parte di una comunità dove questi fili si scontrano e si annodano continuamente.
A mio parere, dunque, la politica dovrebbe quindi recuperare tale profondità.
Essa oggi appare come qualcosa che richiama a conflitti, divisioni, arroganza, urla, incomprensione ed interesse, tanto da trasmettere rifiuto, inutilità oppure risultare essere il luogo per emergere e rendersi "il più forte" secondo una delirante mentalità di sola apparenza e potere, di cui la politica è oggi purtroppo portatrice.
La politica è fare che muove dall'interno
La vera politica quindi cosa è o cosa dovrebbe essere? Essa dovrebbe tornare ad essere quel "fare che muove dall'interno", come scriveva Aldo Capitini nei suoi Scritti filosofici e religiosi: "Importa fare, non fare per muovere semplicemente le braccia, le gambe, ma quel fare che muove dall'interno, che è il vero cielo, dove noi siamo con la libertà infinita e la buona fede; e l'assoluto non sta fuori, ma nella coscienza che operando attua".
Carezze d'esistenza.
Il cielo di cui l'autore parla è quello di una coscienza rinnovata, che viene fuori da una tempesta e dà vita ad un arcobaleno. L'azione è quindi ciò che permette l'identificazione ed è ciò che fa emergere la singolarità, in quanto assegna un tu all'individuo stesso e all'alterità: l'uomo è unico perché autentico, l'autenticità è ciò che fa l'uomo veramente umano ed essa appare quindi il sinonimo di moralità.
La politica ha il compito di far emergere e custodire il tu.
Cosa significa questo?
Significa che, umano tra gli umani, nel suo essere e nel suo agire, il vero politico dovrebbe fare di quel tu personale e collettivo una missione esistenziale: non perdersi alcun dettaglio della realtà, immergersi in essa, guardandone ed amandone la complessità , essere lungimiranti, essere capaci di agire con coscienza, pensando sempre che ogni scelta o mossa siano per il mio tu e quello dell'altrui, che quindi ogni elemento è collegato all'altro e che per questo occorre uno sguardo responsabile nella sua tenerezza e giusto nella sua forza da custode di esistenza. Del resto, se si evita la complessità del reale in tutti i suoi aspetti, si evita la propria essenza dell'essere uno e molti, sempre, imprescindibilmente.
La politica vera è quella che assume il Tu come missione esistenziale, facendosi dunque garante di rinnovata comunità, portatore di giustizia come una forma di amore radicale e dirompente e vivendo come una carezza, avvicinandosi all'altro, sentendosene responsabile e interpellato perché senza di esso lui, a sua volta, non sarebbe. La vera politica è quella che si sente un Tu che nasce da un Tu più grande, collettivo ed insieme unico, diviso in tanti occhi che stanno lì a guardarla con i loro bisogni, necessità, paure e con vite da tornare a reindirizzare.
La vera politica è un Tu che, essendo per fare, sa riscoprire la sua stessa identità formata da un Noi d'amore: essa è un Tu che dà voce a tanti Tu che formano quel Noi che è il suo stesso cuore. Oggi bisognerebbe fare politica sentendosi profondamente responsabili di cardiogrammi di vita personali perché collettivi, unici e distinti perché insieme, oltre ed altrove.
Con lo sguardo rivolto all'attualità
A partire da tali pensieri, vorrei ora concentrarmi sullo stato attuale della nostra politica.
Ci troviamo all'inizio di un nuovo governo, in preda ad un virus che non vuole abbandonare il nostro pianeta, eternamente in crisi di ogni tipo, tra uomini stanchi, deliranti e, alle volte, inermi, ma in cui, in ogni dove, c'è sempre un altrove di enorme e avvolgente bellezza solo in attesa di essere riscoperta.
Osservando lo stato attuale, mi accorgo dunque di quanto, ogni giorno, si perdano continuamente le radici di una umanità che mostra solo arroganza e voglia di rivincita, nascondendo ferite dove in realtà può filtrare una luce che nella sua forza può costantemente rigenerare e curare ogni cosa.
Il problema è perché vengono dimenticate le radici e nascoste le ferite? Perché si ha paura di mostrare la verità. Meccanismi lunghi e complicati, burocrazia infinita, decisioni rimandate, il non detto, le attese sono sintomi della paura della verità. Anche con questa nascita di un nuovo governo, nessuno è stato in grado di dire " finalmente abbiamo di nuovo un governo" magari mostrando un sorriso o un accenno di commozione, o ad esempio, durante la pandemia, non ho sentito nessun politico dire " forse stiamo sbagliando tutto, forse ho sbagliato in questo", sono esempi che mostrano quanto si abbia paura della verità. Meglio nascondere le proprie ferite e trincerarsi dietro rivendicazioni, urla, voglia di potere o di essere il migliore partito, mentre la radice di senso viene ingoiata sempre di più.
In realtà, bisognerebbe capire che senza le nostre ferite e la luce che in esse può filtrare siamo persi, non riusciamo a capire di essere fragili ma per questo forti. Allo stato attuale credo che la politica, intesa in senso generale, abbia dimenticato il suono delicato e dirompente dei propri cardiogrammi legati radicalmente a quelli dell'intero mondo in cui respira e si muove. Un Noi d'amore, formato dai tanti Tu del mondo non c'è perché manca la verità del Tu della politica, voce di ferite e sguardo incrociato ad altri occhi.
Cambiare rotta si può! La filosofia ci insegna il pensiero critico, la profondità in cui si svela il senso, quindi perché non lasciare far sanguinare le proprie ferite della nostra verità esistenziale, la cui luce, dolorosa ma cifra di bellezza, potrà redimere e cambiare la realtà tutta. Nei fatti? Lasciamo perdere le parole e creiamo e viviamo di sguardi. Così la Politica servirà e sarà davvero servizio. Saremo capaci noi uomini?
La Politica vera è un Noi d'amore, fatto di cura, responsabilità e giustizia, che nasce dal sangue della verità di tante dolorose ma luminose piaghe d'esistenza.