LIBERTA' [2]

01 Gennaio 2022 Etica e tecnologia
Etica e tecnologia
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libertà (libertate e libertade) [dal lat. libertas -atis]. Per anaologia emancipazione, affrancamento, indipendenza, autonomia, autodeterminazione, libero arbitrio, potere decisionale, anarchia. Può essere vigilata, provvisoria, manipolata, limitata, temperata, di opinione, di pensiero, di parola e espressione, politica e religiosa, di stampa e di informazione, di riunione e associazione, sindacale, di movimento, personale e individuale, di voto, di domicilio, di iniziativa, ecc.

[li·ber·tà]

Nel nostro mondo ipertecnologico esiste, malgrado tutto, una diffusa “condanna della tecnica”, vista come fattore di alienazione e dominio delle coscienze, ma non solo: da un certo irrazionale sentimento ecologista, vagamente manicheo, alla tecnica è imputata la devastazione dell’ambiente. Questa condanna è stata sancita teoreticamente da Martin Heidegger dopo la “svolta” seguita alla pubblicazione di Essere e tempo: il capolavoro incompiuto (era prevista una seconda parte che non fu mai scritta) apre infatti la ricerca heideggeriana verso il modo in cui l’umanità odierna si relaziona col mondo, un modo centrato sulla manipolazione tecnica della natura. La natura è diventata, nella concezione metafisica sorta da Platone così com’è intesa dal filosofo tedesco, un oggetto estraneo alla nostra realtà, un mezzo per sollevare l’esistenza al di sopra dei suoi limiti.

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D’altra parte, è dalla metà dell’Ottocento che dobbiamo fare i conti con un filone di filosofia critica sorto dall’opera di Marx e che si è prolungato per più di un secolo nel cuore della cultura occidentale, generando un insieme di dottrine che coprono le scienze economiche e politiche.

Al di là dei ben noti significati che il pensiero marxista ha rappresentato nella storia contemporanea, quello che conta per la presente riflessione è la svolta che tale pensiero ha determinato nella concezione stessa della filosofia, nel modo in cui essa si pone verso la realtà. Dopo essere stata per millenni una interpretazione del mondo, con Marx la filosofia si è rivestita della missione di cambiarlo, facendo della critica non più uno strumento di analisi (Kant) ma di lotta[i].

Marx e Heidegger rappresentano, storicamente, gli antipodi della filosofia moderna, due modi totalmente alternativi di concepire il ruolo del pensiero nel mondo; paradossalmente, però, entrambi convergono in una esplicita posizione di rottura nei confronti della tradizione occidentale: in modi diversi ma complementari, essi hanno contribuito a ribaltare i valori fondativi del pensiero filosofico e della sua storia, dichiarando, in un certo senso, la morte della filosofia. Di questo, seppur per vie diverse, ho già detto. Ma quali conseguenze comporta un tale “evento”, apparentemente circoscritto alla sfera di una specializzazione intellettuale che poco ha a che vedere con la “vita di tutti i giorni”?

Un fatto certamente decisivo è stato il diffondersi del concetto di impegno politico (in francese: engagement) di cui Sartre è stato il principale propugnatore nel secondo Novecento, identificando il ruolo di libero pensatore con quello di antagonista. Così come non va sottovalutata l’influenza esercita dalla personalità di intellettuali come Adorno e Marcuse sui movimenti che dal Sessantotto sono deflagrati nel tessuto socioculturale globale, portando a ritenere autoritaria ogni forma di autorità.

L’ideale di emancipazione delle coscienze da ogni forma di controllo, esercitato surrettiziamente da sistemi più o meno occulti di potere, ha modificato fortemente il concetto stesso di libertà, facendone un valore molto più individuale che collettivo. Ciò che va perseguito è la libertà della propria coscienza da qualsivoglia forma di condizionamento, sia nel pensiero (il pensiero libero si identifica oggi in prima istanza col pensiero critico e alternativo) che nel comportamento (soprattutto sessuale, a partire dall’opera di Foucault); il concetto di Libertà ha perso molto del suo valore universale, comune, per farsi principio di identità, auto-riconoscimento senza vincoli di appartenenza.

Da un lato abbiamo, dunque, l’anelito “rivoluzionario” al rovesciamento dei rapporti di forza, teso alla realizzazione di una condizione umana liberata da ogni forma servile; dall’altro, il richiamo parallelo a uno stato pre-metafisico – o pre-tecnico – dell’umanità, inteso come condizione originaria e autentica. In entrambi i casi, è chiaro che ci troviamo di fronte a due concezioni escatologiche dell’esistenza, a teorie sulla “fine dei tempi” – la società senza classi marxiana e il ritorno alle origini del pensiero – che hanno colmato il vuoto lasciato dalla teologia cristiana e dalla sua visione trascendente della Salvezza. La filosofia contemporanea  si è trovata a ricoprire il ruolo che fu della teologia, pretendendo di indicarci “il destino”, la condizione umana desiderabile, a scapito del discorso sul metodo, delegato alla scienza. In questo senso, essa ci indica la necessità di essere liberi, ma non ci dice nulla sullo scopo di questa libertà.


[1] "I filosofi hanno [finora] solo interpretato diversamente il mondo; ma si tratta di trasformarlo.” (Karl Marx, Tesi su Feuerbach)

 

Autore

Maurizio Chatel

Nel 2008 è entrato nell’associazione Phronesis per la consulenza filosofica. Come consulente volontario ha lavorato per il Comune di Torino, aprendo uno sportello d’ascolto per i Care Givers a cui si sono rivolte centinaia di persone.

L’iniziativa è poi stata chiusa dal Comune stesso per motivi burocratici mai del tutto chiariti.

 

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