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🍒🍒RIVOLUZIONI TECNO-ANTROPOLOGICHE

🍒🍒RIVOLUZIONI TECNO-ANTROPOLOGICHE

26 Ottobre 2022 Redazione SoloTablet
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Viviamo tempi tecnologicamente rivoluzionari. La tecnologia ha cambiato il mondo e noi stessi, accelerando ogni cosa. Molti fanno fatica a adattarsi al cambiamento in atto, tutti percepiscono che gli effetti di questa rivoluzione potrebbero cambiare per sempre le loro vite e il destino del genere umano sulla terra, non necessariamente in senso positivo. Per questo si rifugiano in una sorta di (tecno)nichilismo esistenziale (perdita di senso), individuale (machines do everything better), politico (disimpegno e perdita di controllo) e sociale (connessi ma soli, connessi online ma disconnessi dagli altri intorno a noi).

Secondo il futurologo Ray Kurzweil, nel terzo millennio sperimenteremo l’inizio di un’era di progresso continuo destinata a durare millenni. E poco importa se nel frattempo siamo immersi in crisi sistemiche capaci di cambiare le sorti della specie umana sulla terra, in primis una guerra convenzionale potenzialmente destinata a diventare nucleare, anche grazie alle nuove tecnologie belliche. Evidenza questa del fatto che ogni progresso tecnologico si porta appresso profonde regressioni. 

🍒RIVOLUZIONI TECNOLOGICHE

La mutazione della specie, determinata dalla rivoluzione digitale è avvenuta. Al di là dei cambiamenti profondi ed epocali determinati dalla diffusione di nuove tecnologie (dispositivi Mobile, Big Data, Internet delle cose, AI, Algoritmi, robotica, automazione, Metaverso e Realtà virtuali, Blockchain, NFT, ecc.) che per la loro implicita capacità disruptive hanno cambiato il modo di vivere e di lavorare, le vere rivoluzioni tecnologiche sono di ordine mentale e cognitivo, culturale, economico, politico e sociale. Forse anche biologico e antropologico! 

Prima delle nuove tecnologie dell’informazione, rivoluzionarie sono state l’invenzione della bomba atomica e la ingegnerizzazione del DNA (alla ricerca dell’immortalità!). Oggi la globalizzazione è un effetto della mondializzazione tecno-economica, l’accelerazione tecnico-industriale ha creato le condizioni per disastri ecologici e ambientali molteplici, la tecno-onnipotenza che si è impossessata di molti si manifesta come una potenza senza coscienza che persegue il progresso “occultando le catastrofi mentre le prepara”, la tecnologia vista da molti come la soluzione si rivela, per molti versi e in maniera occulta, un problema. Lo fa in varie forme quali la sorveglianza totale (suggerisco di leggere l’ultimo libro di David Eggers sul tema: The Every) resa possibile dai Big Data ma anche dal disinteresse crescente per il libero arbitrio di esseri umani ormai diventati semplici mezzi/merci. Sudditi che delegano le loro decisioni ma anche la pianificazione delle loro vite a macchine algoritmiche, deterministiche e cronometrate percepite come infallibili. Che poi tali non sono perché nessuna macchina è esente da malfunzionamenti, inceppamenti e rotture varie. Anche l’ordine più perfetto è infatti soggetto a leggi fisiche a cui non può sfuggire. 

🍒RIVOLUZIONI IMPOSSIBILI

La tecnologia accelera alcune inclinazioni umane come quelle di non reggere l’incertezza, l’ignoto, la fallibilità e la vulnerabilità. Fuori dal mondo digitale cresce il disagio e allora meglio rinchiudersi nella placenta calda e ben alimentata degli acquari digitali. Il rifugiarsi non è opera di una scelta, è una fuga, una forzatura, quasi una necessità. Nasce dalla forza seduttiva dei nuovi tecno-poteri che hanno modellato in modo uniforme e conformistico la vita delle persone modificando in profondità il rapporto tra individuo, dominio e potere, il vivere sociale e politico, desideri e aspettative. Il tutto dentro una melassa narrativa (provate a pensare alla celebrazione della sharing economy) nella quale si fa fatica a distinguere realtà e narrazione, fattualità e rappresentazione, che si sperimenta in modo individuale, in solitaria solitudine. 

Questa melassa ha assorbito resistenze e contrapposizioni, impedisce di vedere ingiustizie, disuguaglianze e prevaricazioni, rende superflue analisi e riflessioni critiche mirate alla mobilitazione, al cambiamento (fare attenzione allo storytelling sul tema) e alla ribellione. Tutti siamo diventati imprenditori di noi stessi, in pratica ci sfruttiamo da soli e non sappiamo con chi prendercela. Come imprenditori siamo padroni (di chi e che cosa?) ma sempre in lotta interiore con noi stessi e i nostri scarsi guadagni. Non esistono alternative valide se non l’accettazione della realtà economica corrente e dei suoi modelli, e la sottomissione volontaria a essi. Rendendoci pornograficamente trasparenti online ci offriamo alla sorveglianza e al controllo, in pratica ci autocontrolliamo. Venuta meno la solidarietà e il senso di comunità si è persa la capacità di agire insieme (fare massa direbbe Canetti, agire come moltitudine direbbero Toni Negri e Michael Hardt). In sintesi, come ha scritto Byung-Chul Han nel suo ultimo libro, ogni rivoluzione è oggi diventata impossibile. Con il risultato di ritrovarsi psichicamente malati, ansiosi, insofferenti, autolesionisti, isolati e soli, in una parola sconfitti. 

🍒RIVOLUZIONI IMPROBABILI

Se le rivoluzioni sono diventate impossibili, così come le utopie, non ci si deve rassegnare a futuri già (pre)scritti e/o distopici. Il futuro è per definizione imprevedibile, incalcolabile. Nella storia le vere rivoluzioni sono spesso avvenute all’improvviso, senza farsi annunciare, su scenari ritenuti dai più come improbabili. Presi come siamo a raccontarci che stiamo bene non ci rendiamo conto dei molteplici cambiamenti in atto e non percepiamo tendenze emergenti che potrebbero cambiare scenari futuri ad oggi ritenuti come inevitabili. Il ruolo individuale è relativo. Le azioni di ognuno non dipendono dalle intenzioni del soggetto ma dalle sue interazioni e retroazioni con il contesto e l’ambiente. La presa di coscienza, la consapevolezza e la responsabilità possono però suggerire scelte utili a favorire l’emergere di alcune tendenze rispetto ad altre.  E queste scelte dovrebbero oggi essere dettate dalla volontà di ridare (recuperare) un senso umanista alla comunità umana. Utile per contrastare sia la visione tecnicista, transumanista e tecnocratica del mondo sia la deriva reazionaria, conservatrice e regressiva che sta interessando molte parti del mondo occidentale, e non solo. 

🍒LA RIVOLUZIONE CHE SERVE

La rivoluzione che serve per affrontare il periodo di crisi che stiamo sperimentando è epocale, antropologica (utile di questi tempi leggere Descola, Graeber, Morin e De Sousa Santos). Ci suggerisce di abbandonare ideologie e visioni consolidate nel tempo, a riflettere sulle trasformazioni in atto, scientifiche, tecnologiche e di progresso, che stanno plasmando un avvenire sconosciuto, per molti potenzialmente distopico in mano a intelligenze artificiali e potentati tecnocratici. 

Bisogna agire su due fronti, nella realtà fattuale così come in quella virtuale. Vista la quantità di tempo passato online, punto di partenza è la riaffermazione nel mondo digitale, fintamente armonioso e molto artificiale, di un nuovo umanesimo, mettendo in discussione il tecno-conformismo che ci ha rinchiuso in bolle informative che incasellano le nostre vite dentro binari paralleli e predeterminati etero-gestiti.  Operare per un nuovo umanesimo è un modo per impedire che gli esseri umani si trasformino in robot, semplici macchine al servizio di poteri scientifici, tecnologici ed economici finalizzati al commercio, al consumo e al profitto, che stanno cambiando le sorti e il destino della specie umana sulla terra. Una rivoluzione sociale e/o politica non è sufficiente. Ciò che oggi è in discussione è la sopravvivenza della specie umana dentro una crisi che non ha eguali nella storia del genere umano. Una crisi che sta destabilizzando il sistema vivente alimentando una entropia aggressiva dalle conseguenze e criticità nefaste. Bisogna abbracciare la complessità, abbandonare approcci lineari e superficiali. È necessario favorire meccanismi di auto-regolazione e auto-poiesi, bisogna rafforzare gli elementi attrattivi capaci di dare una direzione di sviluppo riformatrice o rivoluzionaria in senso antropologico, fondata su un rinnovato umanesimo. Per questo bisogna ripensare concetti, memi, mantra, filosofie e ideologie che abbiamo coltivato negli ultimi settanta anni su temi quali: crescita, progresso, stabilità, globalizzazione economica, ambiente e sostenibilità, ecc. 

Stiamo navigando come ciechi in un mare aperto e procelloso, vuoto di pesci, inquinato e sempre più pericoloso. Non ci sono bussole, quelle tecnologiche che abbiamo possono essere devianti, inutilizzabili. Possiamo affidarci all’immaginazione se siamo ancora in grado di farne uso ma bisogna prepararsi a cambiare strada all’improvviso immettendosi su percorsi incerti e sconosciuti. Su tutto serve una presa di coscienza umanista della situazione di crisi nella quale la specie umana è precipitata per sviluppare la consapevolezza che serve a definire le strategie necessarie per un cambiamento di rotta. 

Forse è ancora presto per dirlo, ma molti segnali indicano che questa presa di coscienza è in atto soprattutto nelle nuove generazioni. 

Non ci resta che investire e sperare su di esse!

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