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IL MARE IN CUI NAUFRAGHIAMO

IL MARE IN CUI NAUFRAGHIAMO

16 Maggio 2022 Redazione SoloTablet
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È in distribuzione da poco il nuovo libro di Frank Rose, esperto di strategic storytelling, che celebra il ruolo dello storytelling nella vita di ogni giorno. Il titolo, Il mare in cui nuotiamo però io lo avrei cambiato in: Il mare in cui naufraghiamo. Il naufragio è garantito dalla distanza ormai incommensurabile che, nell’era data driven, ci separa dalla Realtà e forse anche dalla Verità.

Sarà anche vero che il nostro pensiero è narrativo e che il nostro cervello comprende la realtà attraverso le storie che (ci) raccontiamo e ascoltiamo, ma che dire quando queste storie sono artatamente inventate, mediaticamente costruite, studiate appositamente per farcele confondere con i fatti, operando sulle nostre emozioni, reazioni istintive o impulsive.   

Servirebbe tanta consapevolezza, diffusa conoscenza, capacità di discernimento, abilità nel distinguere tra notizie vere e false, coscienza etica, libertà, disponibilità a fare delle scelte e voglia di azioni non binarie. Sulla carta tutte opzioni molto semplici ma nella pratica poco esercitate. 

Saremo anche diventati tutti narratori ma molte delle storie che ci raccontiamo sono semplici fotocopie, imitazioni, repliche di storie che altri, più abili di noi nello sfruttare gli algoritmi, sono riusciti a rendere popolari. In molti casi sono storie che, in modo conformistico e subalterno, sembrano stare dentro format e scelte redazionali fatte da altri. A tutti coloro che vi partecipano viene regalata l’idea dalla co-creazione anche se la stessa co-creazione non è altro che puro storytelling, quindi non fattuale, non reale. 

L’unica cosa su cui credo l’autore del libro sopra citato abbia ragione è che le storie creano costellazioni e come tali sono in grado di catturare l’attenzione, determinando effetti futuri e duraturi. Lo si vede infatti nelle tante costellazioni nocive che sono nate in questi anni caratterizzati da verità alternative, false notizie, complottismi vari, idee suprematiste, ecc. 

Raccontarsi sempre le stesse storie porta molti a credere che esse siano vere. È ciò che avviene da tempo online e ciò che molti algoritmi sembrano in qualche modo alimentare. Ma che dire di ciò che vediamo comporsi ogni sera nei nostri canali televisivi, sempre più inguardabili? Come reazione molte persone staccano la spina e si fanno promotori del loro storytelling online, ma senza conoscenza e adeguate conoscenze, senza informazioni e accesso a fonti alternative, senza una volontà precisa rivolta alla comprensione, all’approfondimento e alla riflessione critica, la consapevolezza rimane sempre una chimera, qualcosa di molto lontano dalla realtà. 

La chimera potrebbe però diventare l’utopia irrealizzabile da perseguire e realizzare: la fine dello storytelling attuale come illusione e vana fantasticheria praticate per negare la realtà e nascondersi la pesantezza dei fatti e il loro richiamo impellente a fare delle scelte e all’azione. Anche senza troppo raccontarle!

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