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Il software come piattaforma

Il software come piattaforma

19 Ottobre 2018 Carlo Mazzucchelli
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La pervasività delle macchine e l’uso che ne viene fatto ha dato origine a una specie di sonnanbulismo che impedisce di vedere la realtà per quello che è e di cogliere ciò che cresce e si sviluppa nel sottosuolo. Per alcuni questa realtà è solo l’inizio di una trasformazione più grande che ha bisogno di accelerare. Per altri è un modo inconsapevole per evitare di vivere la realtà attuale illudendosi che quella virtuale sia sempre migliore.

AlaskaAlaskaAlaskaTutto ciò è tema di discussione tra studiosi e filosofi ma interessa poco chi è immerso quotidianamente nella relazione quasi compulsiva che ha stretto con la tecnologia. Eppure la cosa dovrebbe interessare tutti! 

L’accelerazione evolutiva della tecnologia, la pervasività degli strumenti tecnologici (dispositivi, applicazioni, sensori, cloud computing, analytics, ecc.) stanno modificando tutto. Per alcuni in modo troppo accelerato, per altri ancora troppo lentamente. Alla base di tutto c’è il ruolo che il software (il codice, l’algoritmo) sta assumendo nel definire quello che Benjamin Bratton ha definito lo STACK. Una meta-piattaforma che sta delineando i territori virtuali e digitali che abitiamo, ma anche favorendo l’emergere di nuove architetture geopolitiche e alimentando continue trasformazioni cognitive, culturali e sociali. 

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Lo STACK

Punto di partenza non casuale della riflessione di Bratton è lo Stack, che contraddistingue da sempre l’architettura del protocollo TCP/IP (quanti ne conoscono il significato, l’origine, la sua attualità, ecc.?), per arrivare a individuare lo Stack che caratterizza la nuova realtà tecnologica. Una realtà globalizzata dalle connessioni di rete (ancora TCP/IP?),  dai territori sociali abitati dei social network, ma soprattutto dal software, ormai ovunque, anche se nascosto e reso trasparente dalla scarsa conoscenza e consapevolezza che ne abbiamo. 

Lo Stack odierno che compone la megastruttura del software è composto, secondo Bratton, dall’utente, dall’interfaccia, dall’indirizzo, dalla città, dal Cloud e dalla Terra. Le componenti di questo Stack sono tra loro tutte interallacciate. A rendere possibile l’interazione sono le numerose tecnologie oggi disponibili come le smart grid, le piattaforme di Cloud Computing, le APP Mobile, le smart cities, le reti degli oggetti, ecc. Tutte tecnologie che si sono evolute nel tempo, ma non devono essere viste come singoli esperimenti evolutivi separati dagli altri. Tutti sono collegati tra loro a formare un intero, una megastruttura computazionale, una megamacchina globale dotata di una sua organizzazione, capacità di auto-organizzazione, struttura e architettura. E’ una megastruttura che è emersa nel tempo, che oggi governa il mondo e la vita di miliardi di persone agendo a livello sociale, umano, ambientale e anche fisico.  E’ una infrastruttura che sta determinando continue trasformazioni costringendo a ripensare l’evoluzione del genere umano in termini completamente diversi rispetto al passato. 

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La megastruttura

Con questa megastruttura tutti sono chiamati a confrontarsi. Non perché su di essa poggiano tutti i dispositivi tecnologici che utilizziamo ma per la forza che possiede e per i cambiamenti che sta producendo, anche a livello cognitivo. E’ come se tutti vivessimo dentro una nave spaziale Terra, in via di completamento e pronta per un viaggio la cui destinazione è al momento sconosciuta, o forse conosciuta solo da pochi. Una nave spaziale dalle pareti molto più spesse e robuste di quelle dell’acquario Facebook che già oggi tiene intrappolate, emotivamente, cognitivamente e socialmente, più di due miliardi di persone. 

L’affermarsi del software come piattaforma mondo sta avendo effetti culturali, sociali, politici e personali. Se il mondo è diventato software, la sua organizzazione e i suoi sviluppi futuri possono essere, teoricamente, solo una questione di aggiornamenti (software). Già oggi la realtà, fatta prevalentemente di informazione e con la diffusione crescente di fake news sta cambiando la percezione stessa della realtà attuale e la capacità di conoscerla. 

Un bel problema! Questa realtà  costruita crea cambiamenti concettuali e cognitivi profondi che si manifestano nella politica (vedi l’emergere degli attuali leader politici populisti e sovranisti, e il comportamento degli elettori), nel definire le architetture urbane e abitative (le smart cities non riguardano solo la tecnologia ma concetti come l’esperienza del tempo reale, della prossimità, della mobilità, ecc.), nell’educazione e nella società (diritti trasformati in servizi ma, in futuro, anche il ruolo della Blockchain nell’accelerare questa trasformazione). 

L'apparato

La modificazione in atto più profonda però è l’affermarsi di veri e propri apparati (il riferimento è al filosofo Agamaben che li ha definiti come: un insieme eterogeneo di relazioni tra entità includente ogni tipo di realtà umana e non-umana, virtuale e linguistica) che reclamano la loro sovranità e giurisdizione anche là dove non potrebbero averla, per motivi geografici e politici. 

Il software si sta sostituendo agli Stati, aspira a sostituirsi alla Legge, con l’obiettivo neppure tanto nascosto di puntare al Potere.  Il progetto non è ancora compiuto ma la sua continua evoluzione è evidenziata dalla proliferazione di numerosi apparati e dalla loro aspirazione e volontà a imporre la loro Legge (le regole di Facebook ad esempio), i loro valori (la socialità interpretata da Facebook), e strumenti (Uber, AirBnb, ecc.). 

La destinazione di arrivo è un apparato planetario affamato, capace di erodere dal basso e con modalità radicali le sovranità esistenti. Per alcuni è necessario contribuire al raggiungimento della meta,  perché inevitabile ma anche entusiasmante nelle sue prospettive utopiche. Per altri al contrario la forza dell’apparato non sta eliminando i problemi reali dell’Antropocene nel quale amiamo raccontarci. 

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Problematiche su cui riflettere

Problemi fondamentali per le sorti del genere umano come  il riscaldamento della Terra che produce cambiamenti climatici causa di fenomeni naturali come gli Uragani. Problemi politici come quelli che si stanno manifestando ovunque nel mondo e che stanno determinando (probabilmente) la fine della democrazia, per come è stata sperimentata nel mondo occidentale. Problemi sociali come quelli legati all’automazione crescente e alla diffusione delle intelligenze artificiali che stanno decimando posti e opportunità di lavoro, rendendo il reddito di cittadinanza una necessità futura. 

La consapevolezza di questi problemi dovrebbe suggerire la voglia di conoscenza e l’azione politica. Ma come è possibile perseguire l’una e l’altra scelta se l’apparato si è diffuso ovunque ed è in mano a poche entità imprenditoriali e societarie che hanno deciso, grazie alle loro piattaforme e software, di pensare per noi?

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