Il libro di Carlo Mazzucchelli 100 strategie analogiche per resistere al digitale (e allo smartphone) è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital
Scongela il tempo senza tempo del medium digitale e riscopri la sofferenza e le passioni del tempo analogico
Il tempo raccontato sul quadrante di un orologio analogico è lo stesso di quello visualizzato da un orologio digitale, eppure si dice che il tempo analogico, scandito inevitabilmente in ore, minuti e secondi, duri 24 ore mentre quello digitale sia un tempo allungato. Un tempo dilatato e senza tempo che, se si volesse quantificarlo, sarebbe quasi il doppio di quello analogico perché lo abbraccia e lo comprende ("è sempre l'ora del tè, e non abbiamo neanche il tempo di lavare le tazze tra un tè e l'altro" - Alice nel paese delle meraviglie).
Non confessarti online, nessuna riservatezza è garantita
Il tempo digitale scorre veloce e va di fretta, i suoi ritmi non sono lineari e neppure regolari, è tutto centrato sull'istante e sul presente continuo che annulla la triade del tempo passato-presente-futuro. È un tempo continuo, prevalentemente economico e globalizzato nella sua percezione e usufruizione (sempre connessi, sempre comunicanti, sempre online). È un tempo che ha conquistato mente, comportamenti e azioni dei consumatori e dei cittadini digitali ma che regala loro le ansie e le irrequietezze che sempre emergono quando devono fare i conti con il tempo analogico, quello interiore, soggettivo, personale, legato alle emozioni, aperto all'incontro con l'esperienza dell'altro, alla sofferenza, ai desideri e alle sensazioni.
Il tempo digitale, per citare Manuel Castells, ha mandato in frantumi il tempo "lineare, irreversibile, misurabile, e prevedibile". Colpa dell'ipertesto, dei media digitali, dei dispositivi mobili che hanno introdotto un nuovo modo di consumare e di accedere all'informazione plasmando mente, memoria ed esperienze delle persone, in particolare dei nativi digitali. Il tempo digitale non è mai quello personale, denso di significato, ma si organizza in sequenze temporali dettate dall'uso che viene fatto della tecnologia.
La velocità con cui si espande il cyberspazio abitato dai social networker è quella del software che si sta mangiando il mondo, è assimilabile a quella dei bit e degli algoritmi, delle slot machine, dei videogiochi e dei dispositivi tecnologici, delle APP e delle piattaforme software. È una velocità che sottopone tutti a un numero elevato di stimoli e a continue emergenze-urgenze, impoverisce l'esperienza, impedendo approfondimenti, scelte ragionate e godimenti intensivi ma anche di vivere i ritmi lenti della sofferenza e della passione.
L'illusione che il tempo digitale sia senza tempo deve fare i conti con la limitatezza della mente umana, della corporeità e dell'emotività. Mentre il corpo umano richiama costantemente alla lentezza, la percezione online è di non avere mai abbastanza tempo, di non riuscire a stare al passo con gli altri. La situazione di continua fibrillazione che ne deriva inficia sia la componente relazionale sia quella emozionale degli spazi abitati online, generando situazioni di sofferenza e di panico, nuove patologie e forme depressive ancora poco conosciute. La cura non può essere trovata aumentando la velocità e adattandosi ai ritmi del cybertempo. A nulla servirebbe ricorrere a Prozac e farmaci simili per garantirsi livelli di performance elevati come è stato fatto da molte persone negli anni novanta.
Lo stress digitale può essere alleviato riscoprendo l'attitudine cognitiva della lentezza; usando il cervello per fare argine alle machine artificiali e alle loro piattaforme-sirena che invitano al pensiero rapido; recuperando il respiro che permette di pensare prima di parlare, di ascoltare gli altri e dialogare (non cinguettare e neppure messaggiare) con loro; recuperando stabilità, continuità e durata di esperienze e di relazioni capaci di lasciare traccia; rinunciando alla compulsività del consumo che rilancia continuamente il desiderio e la necessità della sua soddisfazione quantitativa; adottando i tempi lunghi della elaborazione di pensiero e dell'acquisizione di nuova conoscenza; resistendo al cervello globalizzato che obbliga alla continua interazione istintuale e immediata che impedisce l'elaborazione razionale (Vedi libro di Lamberto Maffei, Elogio della lentezza).
Resistere allo stress digitale non è da tutti ma, in un mondo tecnologico che celebra la velocità, adottare il ritmo lento della tartaruga o della lumaca può diventare una forma di resistenza e di rivoluzione (Luis Sepulveda, Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza), utile per scongelare il tempo senza tempo del medium digitale e regalarsi nuovi sprazzi di felicità.