
Continuiamo a raccontarci tante storie perchè senza non riusciamo a stare. Chi opera nel web una delle storie che ama raccontarsi è quanto siano importanti i banner con cui oggi si possono inseguire gli internauti ovunque essi vadano.
Le narrazioni che alimentano questa storia fanno riferimento alla black box del consumatore e a come la si possa catturare e usare nell’era digitale. La black box, legata alle teorie comportamentali, è un concetto marketing introdotto per la prima volta nel lontano 1967 da Philip Kotler e usata per descrivere il modo con cui il consumatore risponde a uno stimolo, attivandosi in qualche forma di scelta o di azione. Nonostante l’evoluzione delle discipline del marketing e le tante scoperte delle neuroscienze, cosa succede dentro la black box continua a rimanere un segreto. Per alcuni la black box è una camera oscura nella quale nulla penetra o, qualora fosse penetrata, non produce necessariamente i risultati voluti o sollecitati. Nel marketing significa che i vari stimoli legati al prodotto, al suo prezzo, promozione, ecc. non hanno alcun effetto nel determinare le scelte e le decisioni di acquisto del consumatore.
E’ così da sempre perché la black box è un misto di caratteristiche del consumatore e di processi decisionali. Le caratteristiche coprendono le attitudini, le motivazioni, le percezioni, la personalità, lo stile di vita e le conoscenze del consumatore. Il processo decisionale si riferisce al riconoscimento di un bisogno, alla ricerca di informazioni, alla valutazione di possibili alternative, alla decisione di acquisto e alla valutazione post-acquisto.
Da sempre esperti e responsabili di marketing sono impegnati a sviluppare tecniche, strumenti e strategie per penetrare nelle black box dei consumatori per condizionarne e/o motivarne i processi decisionali e le scelte. Lo fanno anche oggi sfruttando le tante meraviglie delle nuove tecnologie, APP e algoritmi inclusi, oltre che campagne e promozioni online, spesso veicolate attraverso influencer.
Nonostante la potenza delle nuove armi di cui dispone il marketing, nulla indica che la black box del consumatore sia stata completamente conquistata. E’ accerchiata e assediata ma ancora vigile e resistente. Lo è anche nei confronti dei tanti banner che online cercano di violarne le mura e le barriere erette. Attraverso coockies vari, banner, storie e messaggi di influencer, promozioni online, video YouTube, ecc.
Non è forse un caso quindi che alcuni studi recenti (Università del Minnesota, della California e della Carnegie Mellon) evidenzino che il ruolo dei cookies, usati per costruire promozioni commerciali personalizzate e per seguire il consumatore ovunque vada online, sia di molto sopravvalutato. Relegato a un misero 4% di influenza sulle scelte e le decisioni di acquisto. Una rilevazione che se da un lato sottolinea che a guadagnarci sono principalmente le piattaforme tecnologiche che fanno da intermediarie fornendo i loro servizi di coockie, algoritmi, Big Data ecc., dall’altro racconta una storia sul valore delle promozioni online un po' diversa da quella che molti amano raccontare.
La morale della storia non esiste ma tutti coloro che investono e spendono denari per promozioni online e campagne marketing varie, sono chiamati a fermarsi un attimo e a riflettere sul reale ritorno degli investimenti. Ma soprattutto quanto sia resistente la black box del consumatore e su quanto sia diventata oscura. Forse tanto quanto lo è la cecità digitale di tanti internauti che non vedono più le pubblicità online perché i loro occhi si sono allenati a evitarle.
Resiste ancora il ruolo dell’influencer perché capace, con le sue azioni o non azioni, di toccare il cuore del consumatore. Ma facile scommettere che anche il fenomeno degli influencer sia anch’esso di gran lunga sopravvalutato!