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Farsi vedere: visibilità e invisibilità online

Farsi vedere: visibilità e invisibilità online

16 Marzo 2016 Redazione SoloTablet
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L’imperativo categorico e la spinta emotiva delle generazioni tecnologiche di oggi è a farsi vedere e a raccontarsi online. Chi sente la tirannia della visibilità che governa la società postmoderna fatta di narrazioni e tanta fluidità deve ingegnarsi per trovare trucchi, scappatoie e percorsi perseguibili per nascondersi allo sguardo altrui e per tenere in un cono d’ombra l’immagine di sé proiettata online dalle sue attività. Tutti gli altri possono fingere di essere liberi da tirannie sociali e tecnologiche, fregarsene dello sguardo degli altri e lasciare che la propria immagine online conquisiti visibilità e attiri l’attenzione. Due obiettivi probabilmente molto desiderati e perseguiti, con azioni metodiche e pratiche perseveranti nel tempo.

Visitare il muro delle facce di Facebook si trasforma automaticamente in visibilità. E’ come se ci si mettesse in vetrina, inconsapevoli e impreparati ai possibili incontri e alle conseguenze che ne potrebbero derivare. Sul muro delle facce, all’interno di ognuna delle reti di contatti o comunità di appartenenza, tutti sanno tutto di tutti, anche quando qualcuno cerca degli accorgimenti per non farsi notare, per nascondersi o per non venire intercettato.

La visibilità a cui si è esposti è per definizione quella verso Facebook e i suoi strumenti di raccolta dati e informazioni. Questo tipo di visibilità è inevitabile. Facebook è bulimica sui dati del suo miliardo e mezzo di utenti del social network perché è su questi dati che ha costruito il suo modello di business.

La visibilità è garantita anche verso i contatti personali e altri utilizzatori del social network, soprattutto se non si è fatto nulla per limitarla o renderla difficile. Rendersi invisibili, o quasi, è possibile sia su Facebook sia su altre applicazioni di social network ma bisogna sapere come fare e avere consapevolezza della specificità degli ambienti  digitali che si stanno sperimentando e abitando. Ad esempio su Facebook il canale della chat è sempre attivo, se si vuole passare inosservati mentre si usa il proprio profilo o avatar digitale per sbirciare il muro delle facce di amici, fidanzatine o spasimanti vari converrebbe disabilitarla. Meglio fare molta attenzione ai click ai quali dita ormai costantemente allenate alla tattilità da display si sono abituate. Un semplice MiPiace o un breve commento rilancia come un bip o un ping il segnale nella Rete e la visibilità è garantita. Infine si può sempre attivare e navigare un browser in incognito, sperando di riuscire a rimanere nell’anonimato e di poter continuare a fare quello che ci si era prefissati accedendo alla Rete.

La Chat va disattivata sulla pagina Facebook a cui si accede da laptop PC o desktop ma anche uscendo dalle applicazioni di messaggistica solitamente attive sui dispositivi mobili. Non chiudere la chat significa che ogni accesso è segnalato alla rete dei contatti personali. Se si condivide la curiosità di amici e contatti la chat è uno strumento perfetto per essere sempre al corrente di quando sono online ma se si vuole diventare invisibili (in parte) non rimane che usare le funzionalità dell’applicazione per impostare la propria invisibilità.

Stare lontani dalla visibilità dei social network è difficile. La seduzione delle nuove tecnologie è grande e il bisogno di rilanciare la propria immagine online per socializzare e trovare risposte a domande e bisogni che non sono ancora state soddisfatte nella vita reale lo è ancora di più. Più che farsi vedere a molti interessa riuscire a catturare l’attenzione e l’interesse di altri. Si vuole essere notati, percepiti per quello che si racconta attraverso le immagini di sé condivise, contattati e inglobati in reti sociali e relazionali. Per catturare l’attenzione si abita a lungo le pagine dei social network, si pubblicano storie e racconti, si scambiano Like e commenti e molto altro.

Se si vuole, anche solo per un momento, diventare invisibili bisogna interrompere il movimento fluido delle dita sulla tastiera virtuale dello smartphone e smettere di scrivere. Non bisogna pubblicare nuovi contenuti o pubblicarli e condividerli solo con pochissime persone (funzionalità apposite per uno scambio privato tra amici), non bisogna fare alcun tipo di commento e non bisogna esprimere neppure un MiPiace. Commenti e Like sono infatti sempre pubblici e sempre visibili alla rete dei contatti personali.

Se si vive la visibilità come una tirannia o una potenziale causa di problemi personali si può sempre accedere alla Rete in modo privato attivando una modalità di navigazione che non lascia alcuna traccia di quello che si fa. Ad esempio non vengono creati file temporanei, non rimane traccia della cronologia di navigazione ed è possibile cancellare eventuali altre tracce prodotte durante la navigazione.

Fin qui tutto semplice. A complicare il tutto rimane però la seduzione dei media sociali e tecnologici usati, la necessità di essere visibili per essere percepiti come esistenti e riconosciuti, la diffusione di pratiche per la visibilità che accompagna ogni tipo di attività umana, sia essa personale o lavorativa, la percezione di essere valutati più per quello che si produce online (testi, immagini, segni, tracce di sé, ecc.) che per quello che realmente si è, l’importanza dell’apparenza nell’interazione sociale, la percezione negativa della invisibilità come legata a meccanismi di difesa e a difficoltà a relazionarsi con gli altri e infine il bisogno, a volte impellente e narcisistico, di raggiungere il massimo della visibilità come risposta ad una spinta interiore.

Tutti devono comunque sapere che l’invisibilità è diventata una chimera. Lo è nella realtà concreta ormai colonizzata da satelliti spia, droni curiosi e videocamere invadenti, sensori di dispositivi mobili e GPS, prodotti tecnologici indossabili e Internet degli oggetti. Lo è a maggior ragione online, in spazi ormai controllati dai grandi attori della tecnologia come Google, Facebook, Amazon e tutti gli altri che con i loro potenti strumenti e algoritmi sono oggi in grado di catturare non solo dati e informazioni personali ma anche di usarli per costruire profili dinamici di ogni navigante della Rete ed elaborare conoscenze utili ad analisi di tipo predittivo.

Il problema non è farsi vedere o non farsi vedere ma farsi prendere o non farsi prendere!

Non farsi prendere è la vera sfida. Una sfida che non si può vincere semplicemente agendo sul pannello di controllo delle impostazioni di un dispositivo o di una applicazione. Meglio esserne tutti consapevoli!

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