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Il declino della pubblicità digitale online

Il declino della pubblicità digitale online

12 Giugno 2017 Redazione SoloTablet
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I dati della borsa riferiti alle aziende tecnologiche non sono mai stati così positivi. Google (Alphabet), Facebook e Amazon sembrano trarre grande vantaggio dalle loro piattaforme tecnologiche che ospitano non solo applicazioni, servizi di cloud computing e soluzioni ma anche il maggior numero di promozioni pubblicitarie e di spot commerciali digitali oggi proposti online. A guadagnarci sembrano però essere sempre di più solo loro. I dubbi sull'efficacia della pubblicità digitale cominciano a serpeggiare tanto da far parlare alcuni esperti di un suo possibile declino futuro. Dubbi alimentati dai comportamenti degli utenti e dalla loro crescente cecità ai messaggi promozionali.

Nel momento in cui Google (il 90% del suo fatturato viene dalla pubblicità sui suoi canali e piattaforme) e Facebook celebrano nuovi record di fatturato, di profitto e di borsa, sembra quasi assurdo parlare di rallentamento o crisi del modello pubblicitario che ruota intorno a Internet. La pubblicità digitale rappresenta la percentuale più elevata della spesa pubblicitaria globale e non sembra, almeno al momento, indicare segnali di crisi o di rallentamento. Questo all'apparenza!

Alcuni segnali indicano che qualcosa stia cambiando, sia dalla parte dell'utente che fa uso crescente di plugin e sistemi messi a disposizione dai browser per bloccare le inserzioni pubblicitarie, sia da parte delle aziende che hanno iniziato a misurare con maggiore accuratezza il ritorno sugli investimenti e la validità effettiva della pubblicità digitale online in un contesto nel quale a guadagnarci sembrano sempre più solo e soltanto i proprietari delle piattaforme tecnologiche.

Molti clienti di Google ad esempio non hanno spesso alcuna idea di quanto le loro inserzioni pubblicitarie siano usate negli spazi e nei tempi privilegiati per raggiungere le audience target selezionate e di quanto esse siano realmente efficaci. Misurati i risultati o svelati gli usi non appropriati che Google fa delle loro inserzioni molti clienti bloccano o riducono gli investimenti, contribuendo ad alimentare quei segnali che suggeriscono ad alcuni studiosi di parlare di crisi della pubblicità su Internet.

Il mercato della pubblicità online è saturo

Il mercato della pubblicità online è saturo e non ha molti nuovi spazi di crescita. Lo spazio tradizionale è sovraffollato e sta iniziando a restringersi, anche per l'uso crescente da parte degli utenti di sistemi per bloccare la pubblicità online.

Le agenzie pubblicitarie hanno percepito le difficoltà e stanno cercando di andare incontro ai loro clienti offrendo spazi pubblicitari diversi, anche su siti prima considerati di scarso valore e qualità e promuovendo approcci Pay-per-display molto meno efficienti e più difficili da tracciare degli approcci Pay-per-click.

La conseguenza è la minore efficacia della pubblicità online e la necessità di spendere di più per ottenere gli stessi risultati. A complicare la situazione c'è anche l'aumento di intermediari sul mercato che erodono parte crescente dei guadagni possibili e la crescente automazione della pubblicazione online che rende l'intero processo più complesso ma soprattutto più oscuro.

In assenza di normative e regolamentazioni adeguate una parte degli investimenti pubblicitari finisce per essere perso o rubato, un fenomeno questo di cui molte aziende e Marche stanno diventando consapevoli e che motiva cambiamenti di strategie marketing finalizzate anche  alla riduzione di budget e alla destinazione degli investimenti verso altre tipologie di attività, iniziative promozionali e comunicazionali.

Le forzature sono necessarie ma non pagano

Di fronte al calo di redditività della pubblicità su Internet, inserzionisti e aziende si sono sentiti obbligati a ricorrere a forzature che hanno portato ad aumentare numero di inserzioni ma soprattutto a sperimentare nuovi approcci come quello della pubblicità interstiziale o del marketing programmtico. Approcci tutti mirati a impedire all'utente di fare quello che sta emergendo essere una sua volontà precisa, scappare alla trappola della pubblicità sia essa in forma di banner, video auto-attivato o altro.

La forzatura ha convinto un numero crescente di utenti ad attivare sistemi di bloccaggio delle pubblicità online. Azione facilitata dagli stessi produttori di browser che hanno inserito questa scelta tra le funzionalità del browser ma anche da produttori come Apple che hanno permesso l'uso di sistemi di blocco delle pubblicità anche nelle APP del suo store iOS. Un'azione penalizzante per gli inserzionisti e le aziende perchè intrapresa prevalentemente dalla fetta di mercato più influente, sofisticata e probabilmente con maggiore capacità di spesa.

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L'evoluzione delle tecnologie e la loro diffusione sta permettendo anche l'adozione di tecniche di vendita che non hanno più bisogno della pubblicità tradizionale. Molte promozioni possono essere automatizate e programmate e possono esserlo sulla base della miriade di dati, informazioni e conoscenze che vengono prodotte direttamente negli store e nei processi di acqusito online dagli stessi clienti. Le nuove tecnologie e l'uso di piattaforme potenti di Big Data o applicazioni di business intelligence e Data Minig permettono alle Marche, ai punti vendita e alla grande distribuzione, ma in teoria a chiunque, di catturare dati in tempo reale e usarli, sempre in tempo reale, per promozioni o propsizioni capaci di soddisfare bisogni e apsettative del potenziale cliente. I risultati sono probabilmente maggiori, in termine di vendite, fatturati e profitti, di quanto non siano quelli associati a campagne promozionali generiche e distribuite su siti web online.

Conoscere per tempo e in tempo reale informazioni sul cliente riduce il costo della promozione e rende la pubblicità distribuita su siti Web meno interessante, rilevante ed efficace, soprattutto su quelli più costosi e richiesti per il numero dei loro visitatori.

I proprietari delle piattaforme veicolo della pubblicità suggeriscono di non interrompere le inserzioni e di scegliere in alternativa approcci diversi che prevedano un utilizzo più allargato di spazi nei quali operare. Invitano anche inserzionisti e aziende a valutare con attenzione la potenza degli algoritmi delle loro piattaforme e della mole di informazioni che sono in grado di raccogliere sugli utenti della rete.

Gli inserzionisti sembrano sempre meno convinti della bontà dei servizi offerti loro dalle pittafome tecmologiche e ribattono ai loro proprietari di vedere diminuire il ritorno sui loro investimenti, di non avere più alcuna certezza che le loro promozioni online siano effettivamente (un banner viene considerato visto se almeno il 50% dei suoi pixel sono stati visualizzati almeno per un secondo di tempo su un display) mostrate alle audience e alle persone giuste e di avere comunque spostato la loro attenzione e i loro investimenti sulla piattaforme Mobile.

A complicare la situazione si cono anche l'aumentata complessità e l'oscurità dei processi della filiera pubblicitaria online, caratterizzata da processi di automazione ma soprattutto dall'arrivo di intermediari che rendono sempre più complicato all'ufficio marketing di un'azienda di misurare i risultati ottenuti dalle campagne promozionali eseguite. Una volta che il cliente ha concordato una campagna pubblicitaria con un'agenzia, quest'ultima si avvale di soggetti che si fanno carico di allocare gli spazi online su cui piazzare banner o messaggi promozionali. Il cliente finisce così per perder il controllo e la visibilità su molti processi che vengono gestiti da entità al di fuori del suo controllo e che operano sempre di più con strumenti automatici e algoritmici per la scelta degli spazi, delle audience e per la misurazione dei risultati. Il cliente si trova pertanto nella quasi impossibilità di valutare quanto sia stata efficace la sua campagna e quanto positivo possa essere il suo ritorno sugli investimenti. L'agenzia nel frattempo ha trovato il modo di velocizzare le sue attività ma ha perso per strada parte dei guadagni e soprattutto la relazione con il cliente per la perdita di trasparenza ma anche di dialogo e interazione. L'uno e l'altra fondamentali nel valutare l'andamento di una campagna e adottare adeguati correttivi o cambiamenti in modo da garantire il raggiungimento dei risultati previsti o il risparmio sui suoi costi con scelte che potrebbero anche prevedere la sua interruzione.

Le frodi colpiscono gli utenti ma anche gli inserzionisti

Il mondo della pubblicità online è stato penetrato nel tempo da operatori non sempre affidabili. Le truffe sono sempre dietro l'angolo, in particolare per i clienti meno preparati ad affrontare il mondo della rete, le sue filiere e logiche e i suoi meccanismi. La tecnologia ha reso economico, rapido e facile l'acquisto di spazi pubblicitari ma anche più complicato verificare il tornaconto dell'investimento effettuato.

Senza controllo è probabile che il risultato sia ben lontano dalle aspettative a causa della collocazione delle pubblicità su siti web dallo scarso valore o di click fasulli, prodotti ad arte da meccanismi software (Bot: un traffico che può anche raggiungere, secondo misurazioni qualificate, il 90% del traffico) ) o gruppi di falsi utenti di Internet pagati per farlo (è noto che questo tipo di attività venga commissionata a realtà residenti in paesi nei quali il costo del lavoro è minimo come India, Egitto, Pakistan  ecc.). La percezione delle truffe possibili è ancora limitata ma la sua crescente consapevolezza porterà a una ulteriore riduzione delle campagne promozionali online e al taglio dei budget necessari per implementarle.

La bolla sta scoppiando

Tutti gli elementi fin qui citati suggeriscono a un numero crescente di analisti di decretare la fine della bolla pubblicitaria di Internet e l'emergere di cambiamenti in corso. Non è ancora un cambio di paradigma ma i segnali di una mutazione in corso ci sono tutti, simile a quelli che nei primi anni 2000 indicarono la fine della bolla legata alla proliferazione dei banner e dei pop-up.

La bolla della pubblicità online è in fase di espansiva dal 2012/2013 ed ha favorito la crescita di Google e altre grandi realtà tecnologiche che hanno visto i loro listini borsistici gonfiarsi con altrettanta velocità. Ora molti ne prevedono lo sgonfiamento, con ricadute concrete sul valore e sui listini delle aziende tecnologiche che dalla pubblicità su internet negli ultimi anni hanno tratto i maggiori vantaggi.

A subirne gli effetti saranno sia Google sia Amazon ma anche Salesforce e Facebook e molte altre. Il motore di ricerca di Google continuerà a esistere, a potenziarsi e a generare profitti per l'azienda ma la crescita in ambito pubblicitario sembra essere arrivata a un punto ciritico nel quale la crescita è diventata quasi impossibile se non aumentando il prezzo degli spazi venduti. Rimane da verificare quanto le aziende possano essere disponibili a spendere di puù per strumenti in grado forse di garantire maggiore visibilità e awareness ma non i risultati commerciali che sono l'obiettivo primario di ogni attività marketing

Il declino della pubblicità online e il futuro del commercio elettronico

I pareri sul declino della pubblicità online sono diversi e contrastanti. La realtà è che la pubblicità digitale è da sempre un ambito dinamico e in costante cambiamento. Finiti i tempi felici dei primi siti commerciali sui quali attivare campagne marketing e  promozionali con semplici banner e pop-up, oggi numerosi segnali indicano che la situazione è completamente cambiata perchè mutata è la comunicazione con il consumatore e il ruolo del consumatore stesso.

Negli anni è aumentata da parte del consumatore la consapevolezza del mezzo tecnologico e il suo ruolo informativo ma al tempo stesso è calata la fiducia sulla pubblicità digitale che, secondo alcune indagini di mercato, viene ritenuta inaffidabile da quasi il 60% dei consumatori.

Il secondo segnale che dovrebbe preoccupare inserzionisti e Marche che investono nella pubblicità digitale è la crescente cecità dell'utente di Internet di fronte ai contenuti promozionali e pubblicitari (83% delle promozioni sono ignorate, 73% se sono banner, 62% se sono pubblicati sui media sociali). Tutte le trappole studiate per catturare, anche per frazioni di secondo, l'occhio e l'attenzione dell'utente non fanno che aumentare la cecità e l'irritazione dell'utente.

Un altro segnale che indica i comportamenti emergenti degli utenti della Rete verso i suoi contenuti pubblicitari è il costante aumento di persone che attivano i meccanismi per il blocco pubblicitario messo a disposizione da parte di molti browser. Il ricorso al blocco è un trend in netta crescita ed è passato in poco tempo dall'essere attivato da parte di pochi consumatori consapevoli a una scelta di massa. Il ricorso al blocco, rispetto alla cecità, indica l'irritazione crescente del consumatore nei confronti delle innumerevoli trappole visuali che impongono con pubblicità interstiziale e latri approcci le pubblicità sulle pagine web.

Tutti questi segnali suggeriscono a inserzionisti, aziende e Marche un aggiustamento delle loro strategie commerciali. Il primo cambio di strategia parte dall'ammettere che qualcosa sta cambiando nell'interazione con il consumatore. Più della inserzione pubblicitari servono strategie di content marketing e di storytelling. Più che promuovere un prodotto e le sue qualità serve riuscire a creare motivazioni forti all'acquisto e mettere in campo iniziative e campagne finalizzate alla customer retention e alla fidelizzazione della clientela.

 

 

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