
La tecnologia ha cambiato tutto compreso il mondo del lavoro e il rapporto di lavoro salariato sempre più legato a voucher e assenza di diritti. La tecnologia non è solo quella delle macchine intelligenti che in Cina stanno sostituendo migliaia di lavoratori o dei robot umanoidi che hanno rimpiazzato la manodopera umana nei magazzini della logistica di Amazon. Tecnologia è anche quella sociale e cooperativa che ha plasmato la mente di milioni di colletti bianchi permettendo loro di cooperare e collaborare per la produzione di merci, di conoscenza e di sapere. Una cooperazione che ha semplificato e alleggerito molte delle attività umane ma introdotto anche nuove alternative tecnologiche e digitali al lavoro cognitivo (La gabbia di vetro).
Fonte: www.wired.com
Nel 2016 i fenomeni che hanno caratterizzato il mondo del lavoro degli ultimi anni sono destinati a consolidarsi e a radicalizzarsi. In assenza di alternative politiche e economiche il modello di riferimento nel quale tutti si dovranno confrontare con le problematiche del lavoro, del reddito (di cittadinanza?), del giusto salario continuerà a essere quello attuale, finanziario e fatto di molta precarietà. E’ un modello che continuerà a raccontarsi come destinato alla crescita e alla accumulazione ma che si scontrerà con l’assenza di domanda, la sovrabbondanza di informazione e la scarsità denari per l’acquisto di prodotti. Un fenomeno che interesserà la maggior parte delle persone con l’eccezione dell’1% di privilegiati.
Nel 2016 aumenterà il bisogno di solidarietà, di assistenza, di sussidiarietà, di redistribuzione ma non è detto che sia soddisfatto. Ci vorrebbe probabilmente un evento globale come quello di COP21 appena conclusosi a Parigi sul clima, ma è difficile che ciò avvenga durante il corso dell’anno. Scarsa è al momento l’attenzione al calo della domanda dovuto alla scarsità di reddito e budget di spesa. Insufficiente è al momento la richiesta politica per un cambiamento radicale perché inesistente è la percezione che per uscire dalla condizione attuale è necessario cambiare i paradigmi che hanno governato il diciannovesimo secolo e inventarne di nuovi ed è urgente costruire alternative possibili basate su nuovi valori e regole condivise.
La tendenza alla robotizzazione continuerà di pari passo con i tentativi e le pratiche di riduzione del costo del lavoro con conseguente riduzione di salario e capacità di spesa. La riduzione del costo di lavoro è determinata dall’introduzione di tecnologie e di macchine intelligenti nelle varie fasi di produzione dei prodotti ma anche dalla crescente inutilità dei prodotti che riempiono gli scaffali di molti centri commerciali e punti vendita. Sono inutili moltissimi prodotti che i consumatori continuano a comperare spinti da abili e manipolatrici campagne pubblicitarie rese sempre più potenti e di successo grazie alle innumerevoli informazioni che di ogni consumatore (categoria di consumatori) le grandi Marche oggi raccolgono attraverso la digitalizzazione della vita sociale e l’uso dei motori di ricerca e dei dispositivi mobili.
L’illusione della concentrazione nel mondo digitale
Prevedere che il 2016 non presenti grandi novità rispetto al 2015 è facile. I mutamenti che vediamo in essere oggi non sono recenti ma il risultato di decenni di trasformazioni che hanno visto la tecnologia come protagonista assoluta nel mutare le condizioni di lavoro, ridurre i tempi di lavoro, sostituire il lavoro manuale e ora anche quello cognitivo. Dall’automazione diffusa e dall’impiego della tecnologia è nato il paradosso attuale fatto di un tempo di lavoro che, con salari più bassi e tendenti a continue riduzioni, continua a dilatarsi. Sotto il ricatto di robot e macchine tecnologiche i lavoratori si sentono sempre più ricattati e ricattabili e non riescono a trasformare i loro bisogni in forme di lotta utili ad esempio a chiedere rapporti di lavoro meno precari, aumenti di salario dignitosi e soprattutto redistribuzione del tempo di lavoro in modo da poter lavorare di meno. Il fenomeno è globale e interessa anche paesi di più recente industrializzazione e a maggiore crescita economica come la Cina.
Tutti si augurano che il 2016 sia l’anno del cambiamento e della ripartenza del lavoro ma è consigliabile non farsi illusioni, almeno nelle condizioni attuali di comprensione, di interpretazione e di organizzazione della realtà. Fortunatamente le grandi sfide, come quelle climatiche, energetiche, finanziarie e politiche (vedi le guerre attuali potenziali inneschi per guerre globali future) che si pongono davanti al genere umano sono ancora lontane. Rimangono ancora alcuni decenni nei quali provare a ricercare, elaborare e a sperimentare alternative valide, fondate su una maggiore attenzione al lavoro per ridargli un senso, un nuovo valore, un reddito di cittadinanza là dove dovesse mancare, una opportunità di maggiore uguaglianza e la possibilità di essere speso in beni di consumo utili e non destinati a inquinare o a essere sostituiti, come molti modelli di smartphone, appena esce il modello successivo
Chi vuole augurarsi un buon 2016 lavorativo può impegnarsi ad approfondire con occhi che guardano lontano e lenti nuove il problema del lavoro, suo e degli altri, per acquisire gli strumenti intellettuali utili a ridefinirlo con nuovi codici e modelli, a difenderlo come fonte di salario ed esercizio di un diritto. I primi a dovere fare questa riflessione dovrebbero essere le migliaia di individui che in Internet e negli infiniti spazi virtuali della Rete offrono il loro lavoro gratuito e spesso non remunerato. E’ una riflessione che potrebbe partire dalla lettura del libro di Jaron Lanier: La dignità ai tempi di Internet. Un testo nel quale l’autore, pioniere dell’informatica ma anche musicista, scrittore e studioso di Realtà Virtuale, si scaglia contro il sistema oligarchico e disumanizzante delle tecnologie per come sono oggi utilizzate in Rete e per le loro dinamiche prevalenti. Secondo Lanier bisogna concepire un sistema in cui gli individui siano retribuiti per le informazioni che producono e condividono ogni giorno. Se ciò venisse fatto, Google, Facebook e Amazon farebbero meno profitti ma ci sarebbe minore disuguaglianza.
Lanier suggerisce una rivoluzione digitale finalizzata alla creazione di una prosperità equamente diffusa e che riconsca dignità alle persone.
Difficile pensare, anche essendo degli utopisti, che questa rivoluzione possa avvenire nel corso del 2016.
Fonte: www.cfoinnovation.com