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Le regole ai tempi di WhatsApp

Le regole ai tempi di WhatsApp

22 Marzo 2018 Manola Orsi
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Manola Orsi
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Può essere paradossale considerare che l’inarrestabile crescita delle relazioni internet- mediate, destinate nel tempo a prevalere sui contatti “dal vivo”, abbia moltiplicato le possibilità di comunicazione tra i giovani e complicato invece le relazioni con la generazione precedente, quella dei genitori. Uno degli elementi più significativi che emerge, sia dalle indagini statistiche sia nell’attività clinica, è che al posto di una comunicazione difficile troviamo zone di incomunicabilità, di silenzi, e al posto di un sano conflitto, il vuoto, o l'assenza.

Per molti genitori è incomprensibile come si possa preferire il monitor di un computer a un’uscita con un amico, ma e’ esattamente quello che accade in una famiglia dove all’improvviso un figlio, a cui pensiamo di aver dedicato le nostre fatiche, diventa uno sconosciuto, o meglio fa cose che non riusciamo a capire. Due mondi che convivono, si sfiorano, ma non riescono spesso ad entrare in connessione emotiva, a dialogare a fondo sui bisogni e i disagi veri, che l’adolescenza dei figli spesso rende più evidente. La distanza che a volte i genitori sentono, infatti, non è una distanza fisica ma una distanza emotiva, l’unica  a tenere veramente lontane le persone.

Uno dei primi “primi effetti” collaterali di questa situazione è la grande difficoltà, per i  genitori, di individuare e interpretare correttamente i segnali di pericolo di fronte al possibile insorgere di una dipendenza o di un non sano utilizzo delle nuove tecnologie. Queste dinamiche possono generare in loro o paure ed allarmismi rispetto a situazioni che rientrano nella quotidianità dei ragazzi oppure sul versante opposto portarli a sottovalutare alcuni indizi facendosi così sfuggire aspetti più significativi. Le indagini statistiche hanno evidenziato che i genitori,disorientati, tendono ad attivare, nella maggior parte dei casi e più o meno consapevolmente, o uno stile genitoriali controllante, autoritario, prescrittivo o a fare i “cyber struzzi” e quindi diventano assenti. Quest’ultima modalità può venir rinforzata dall’ errata  e diffusa convinzione negli adulti che i figli, bambini o ragazzi utilizzino il web con l’esperienza che attribuiamo ai nativi digitali e che pertanto siano in grado di gestire tutte le conseguenze delle loro azioni online.

Entrambe le modalità di esprimere la genitorialità, comunque, evidenziando una mancanza di alfabetizzazione digitale genitoriale che in alcuni situazioni si somma ad una analfabetizzazione emotivo-affettiva, cokctail che rischia di far  perseverare nella strada sbagliata. Ecco che i figli  si ritrovano soli e senza una guida, una mediazione sociale attiva nell’utilizzo delle nuove tecnologie, diventando più soggetti a rimanere incastrati nella rete. Non solo, queste modalità non andando a curare il reale problema che si nasconde dietro  ad una iperconnessione, vanno a creare o alimentare una contrapposizione “muro contro muro” nella relazione genitore-figlio improduttivo perché senza via d’uscita. Vittima sacrificale di questi processi diventa il dialogo, l’unico  e prezioso strumento  nonchè terreno dove è possibile coltivare la connessione empatica e l’intimità con i  figli e diventare così ai loro occhi, ma anche al loro cuore, figure autorevoli e quindi degne di fiducia. E’ importante ricordare che l’onere di tenere aperto il dialogo ricade sui genitori e che spesso bisogna “lottare” per avere una relazione con i figli, desiderarla, richiederla, accettare i loro rifiuti e, ciononostante, far passare l’idea che vogliamo mantenere una relazione con loro, per quanto possa essere faticosa, conflittuale, pesante e frustrante. Inoltre è essenziale prendere consapevolezza che questa difficoltà di dialogo non ha a che fare soltanto con internet, ma spesso si è costruita nel tempo.

Credo quindi fermamente che scegliere di imboccare l’impervia strada che consentirà ai nostri figli, e anche a noi, di comprendere come affrontare con spirito critico i media sia diventata ormai un’esigenza improcrastinabile.

 Cercando di rispondere ad essa, in questo articolo vorrei intanto soffermarmi  su tre costutti di cui, a mio avviso, è indispensabile  prendere consapevolezza e che insieme a delle buone pratiche (che troverete nel mio prossimo articolo “Consigli pratici e buone prassi educative per genitori tecno vigili”) sarebbe utile tenere in mente come bussola nell’educare i nostri figli all’uso del web e, in generale, a difendersi da qualsiasi pericolo o rischio che può incontrare nella sua vita.

LE REGOLE

La prima riflessione riguarda la REGOLE,  molte sono infatti le domande che tempestano la mente dei genitori davanti  alle nuove sfide educative che la genitorialità ai tempi di whatsapp può far nascere: allora cosa devo fare? Quali sono i nostri compiti? Che obiettivi possiamo prefiggerci? Quanto tempo? Che regole devo imporre per tutelarlo e comunque non farlo sentire un marziano?

Le regole rappresentano un’importante strumento nel difficile e impervio lavoro dei genitori che oscilla continuamente tra protezione e rispetto del bisogno di autonomia del figlio, per questo è importante sapere quali sono ma anche come usarle. Esse rappresentano un modo per essere protettivi  e insegnare l’autoprotezione e, come sostiene Lambruschi,  vanno sempre inserite in una cornice relazionale in quanto le strategie di regolazione emotiva che il bambino sviluppa nella relazione affettiva con il genitore influenzano anche il grado di adesione ad aspetti di tipo educativo sul piano comportamentale e sociale. La componente educativa e quella affettiva della genitorialità si influenzano l’un l’altra e di entrambe dobbiamo prendercene cura se vogliamo rimanere connessi ai figli ed essere per loro dei sani  e nutrienti modelli.

Detto questo quindi, le regole non devono mai servire a vincere sui figli e mai a ridurre un figlio all’ubbidienza, un figlio che ubbidisce non cresce accumula rabbia. Le regole che stabiliamo dovrebbero essere chiare, ragionevoli, accessibili ed è importante informare i figli sulle conseguenze previste per il loro mancato rispetto e metterle in atto. Le regole, inoltre, dovrebbero essere oggetto di dialogo e rappresentare occasioni per parlare e discutere con i figli circa l’utilizzo di internet. Spesso esse vengono messe come sostituti di un monitoraggio che non c’è, senza considerare che mettere un tempo da trascorrere in rete senza insegnare il senso delle regole e ottenere una condivisione sul loro significato è inutile e spesso controproducente. Imporre un limite ha un senso solo se contemporaneamente si propone un’altra soluzione, per fare questo è necessario capire quali sono le esigenze che ci propongono i figli.

Diventa molto più utile per un genitore, aprirsi ad una riflessione,  ad una comprensione della situazione in modo più ampio ed imparare a fare e farsi le giuste domande. Significa prendere consapevolezza dell’importanza di fermarsi un po’ prima o dopo che si fa un intervento con un figlio e chiedersi cosa si è voluto trasmettere con esso e che effetti si è avuto su di lui, da dove nasce questo offrire una direzione e dare una regola, a cosa serve quella regola in quel particolare momento e quanto sono in grado di ascoltare e comprendere il suo punto di vista, le sue idee. Quindi sforzarsi di comprendere il perché mette in atto quel comportamento, cosa sta cercando di comunicarci, che emozione c’è dietro e non cercare solo un prontuario di intervento o dare proibizioni che spesso non vengono comprese. Questo anche perché non ci sono risposte giuste così definitive, chiare e vincenti per tutti.

Le regole quindi servono  a fare trattative che sono utilissime con i figli, spesso sono lunghe, costano fatica, finiscono quando si arriva ad un compromesso che è un confine sottile e una grande conquista e accede nel punto di reciproco massimo sforzo, sia dei genitori che dei figli. Se riescano ad arrivare a quel confine lì dove nasce il compromesso, la trattativa finisce ed entrambi i partner della relazione hanno l’opportunità di scoprirsi cresciuti insieme. Questo è vero per ciò che concerne  le regole che si danno per prevenire che appartengono ad un regime diverso e vanno differenziate dalle regole che si scelgono per intervenire che,invece, richiedono più risolutezza nel prendere delle decisioni.

 

IL RISCHIO

La seconda importante riflessione che vorrei condividere è l’importanza di prendere consapevolezza che il rischio non rappresenta solo qualcosa da evitare ma anche qualcosa da affrontare. Non si può pensare di arginare i fenomeni di crescita dei figli, si può solo sperare di indirizzarli.  Credere di potere evitare che i nostri figli affrontino alcuni rischi professionali, personali e affettivi o relazionali è una tipica fantasia genitoriale tanto quanto evitate che possano essere investiti dall’onda della multimedialità, significherebbe non metterli nella condizione di appartenere al loro tempo e scivolare in una pericolosa iperprotettività che non li aiuta nell’essenziale processo di svincolo e di autonomia. Diventa più fruttuoso  e nutriente percorrere un altro ragionamento e iniziare a chiedersi di quale competenze necessitano i nostri figli per potere affrontare i pericoli della rete e saperli gestire in modo costruttivo.

 

UN DIFFICILE EQUILIBRIO

Infine facendo uno scan delle nostre giornate e guardandole statiche, possiamo renderci conto di quanto in  effetti sembra complicato riuscire  a tenere un approccio equilibrato con il mondo digitale: le difficoltà a staccare la spina di queste protesi tecnologiche  sono una prerogativa anche di noi adulti quindi figuriamoci per i nostri figli. Abbiamo subito un’accellerazione della vita lavorativa e di relazione, accompagnata da uno scarso controllo delle emozioni, rese sempre più superficiali. Le tecnologie non solo hanno creato dipendenza , risucchiandoci all’interno dei cristalli liquidi che ci portiamo sempre addosso, ma hanno cambiato il nostro modo di rapportarci agli altri deresponsabilizzandoci. Questo rischia a volte di farci abdicare anche dalle responsabilità che la genitorialità comporta se non ne siamo consapevoli.

I genitori, quindi,  non possono evitare che i figli esplorino internet ed hanno il compito impegnativo di insegnare loro come affrontare i rischi presente nella rete, aiutandoli a diventare dei navigatori competenti e sicuri. Sicuramente la velocità con cui la realtà digitale è entrata nelle nostre vite ha scavato un particolare solco tra due generazioni. Continuare, però, a raccontarci solo questa parte della realtà rischia di farci diventare ciechi  e inconsapevoli di come noi stessi, quando abdichiamo dall’impegno di fermarci e rimboccarci le maniche per acquisire  quegli strumenti che ci permetterebbero di esprimere una  genitorialità tecnovigile,  stiamo continuiamo a scavare questo solco innalzando un muro di incomunicabilità con i  figli. Essi non sono dei marziani iperconnessi ma semplicemente persone nuove, diverse dai genitori, e desiderose di inseguire sogni e ideali per costruire la loro storia proiettata in un futuro che non appartiene agli adulti. Forse il demone da combattere è identificabile con la velocità con vi stiamo vivendo le nostre giornate , una folle e costante corsa contro il tempo che non ci permette più di metterci all’ascolto dei figli offrendo loro tempo di qualità e di quantità.

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