
Psicologi e studiosi hanno studiato i potenziali effetti della Realtà Virtuale sui bambini fin dalla sua apparizione iniziale. Le conoscenze derivate da queste analisi sono forse servite ai produttori a introdurre delle limitazioni d’uso dei loro prodotti per persone di età inferiore ai 13 anni. Lo hanno fatto sia Facebook per il suo Oculus Rift sia Samsung per il Gear VR e HTC con Vive. La loro scelta sembra confermare la necessità di ulteriori analisi e di nuovi approfondimenti finalizzati a capire meglio quanto le nuove tecnologie di Realtà Virtuale possano avere effetti negativi sul cervello di persone non adulte e sulla loro interazione con la realtà.
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Al momento le analisi sono concentrate sull’impatto fisico delle nuove tecnologie ma forse quello che andrebbe approfondito è quello sulle emozioni generate dall’immersione in realtà virtuali che possono cambiare il modo di percepire e interagire con la realtà. Studi come quelli della Stanford Universty ad esempio hanno già evidenziato gli effetti della Realtà Virtuale sulla memoria. Eventi sperimentati con soluzioni di realtà virtuale vengono ricordati come reali dal 50% dei bambini coinvolti.
Le soluzioni di Realtà Virtuale attuali sono capaci di creare situazioni e narrazioni di tipo immersivo. L’utente non è solo un utilizzatore del dispositivo che guarda un display sul quale scorrono delle immagini ma è esso stesso sullo schermo e parte integrante della storia che viene raccontata nella quale agisce usando le funzionalità interattive predisposte dall’applicazione. Ne derivano situazioni divertenti ma anche stressanti e difficili da gestire emotivamente. Soprattutto se nel gioco si trova a dover difendersi dall’attacco di mostri o alieni o deve decidere se ucciderli o conviverci. In alcune situazioni interattive, pur se virtuali, il rischio è di percepire di avere perso il controllo e dover affrontare reazioni di panico non previste.
Nelle storie che compongono le narrazioni delle applicazioni di realtà virtuale ogni utente è da solo. Sole si trovano anche persone non adulte che, immerse nel gioco e coinvolte interattivamente con i suoi personaggi, potrebbero avere difficoltà a staccare la spina, togliendosi il casco della realtà virtuale per ritornare al mondo reale. Le esperienze ludiche promesse dalla realtà virtuale potrebbero diventare qualcosa di molto diverso e nessun adulto sarebbe presente per intervenire nel modo appropriato e più rapido possibile, come già oggi fa attivando il controllo parentale su altre tipologie di dispositivi.
Al momento il mercato della Realtà Virtuale non è ancora maturo a sufficienza per raggiungere la maggioranza delle case dei consumatori ma lo sarà presto. Presto per prevedere un successo della Realtà Virtuale tra il pubblico giovanile simile a quello dello smartphone e prima ancora delle auricolari per l’ascolto della musica, ma non troppo tardi per preoccuparsene. La preoccupazione dovrebbe suggerire ai produttori di definire con maggiore cura gli ambiti di utilizzo dei loro prodotti per le persone non adulte e ai genitori di studiare meglio quali possano essere, in base agli studi e alle conoscenze disponibili, gli impatti sullo sviluppo cognitivo, psicologico ed emotivo dei loro ragazzi. Non preoccuparsene e subire passivamente la diffusione e la pratica della Realtà Virtuale come è stato fatto con lo smartphone potrebbe essere da irresponsabili per le conseguenze non prevedibili e gli effetti indesiderati.