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Morire di selfie

Morire di selfie

17 Dicembre 2018 Redazione SoloTablet
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Si può morire per un selfie? Domanda semplicemente capziosa o che tutti dovrebbero porsi? La pervasività dei media sociali e l’uso che ne viene fatto sembrano incoraggiare le persone al narcisismo e a prendersi dei rischi, pur di mostrarsi, vedersi e celebrarsi.

Il numero di persone, che nelle città muoiono sulle strisce pedonali per distrazione causata dall’uso di uno smartphone, è in costante amento. Lo è anche quello degli incidenti stradali causati dallo stesso motivo e l’incidentalità riguarda anche gli amati della bicicletta. Cresce il numero di incidenti causati dalla voglia di farsi un selfie. 

Non ci sono statistiche precise ma i dati sono allarmanti. Secondo alcune fonti giornalistiche i morti causati da selfie sono ceninaia a livello globale nell’arco di quattro anni (2014-2018). In questa triste classifica è ben rappresentata anche l’Italia, paese nel quale la caccia all’autoscatto da pubblicare sulle piattaforme social è pratica diffusa. L’aumento dei morti per autoscatto è un fenomeno che è andato ampliandosi negli anni ma non sembra avere insegnato buone pratiche, precauzioni e comportamenti adeguati, in particolare alle generazioni dei più giovani. 

L’impulso dell’autoscatto è assimilabile a quello del  MiPiace. Al tempo del presentismo continuo, il MiPaice così come il selfie devono essere immediati, dinamizzati da una presenza continua, fatta di immagini continue, in movimento, diverse e capaci di attirare costantemente l’attenzione.

 

Le vittime da autoscatto sono principalmente persone al di sotto dei trent’anni, poi la categoria dei turisti, per i quali l’autoscatto viene prima dello sguardo posato sulle meraviglie del viaggio e prima ancora di essersi assicurati di non essere in posizione o situazioni di pericolo.  A essere pericolosi non sono i selfie in sé. Sono i comportamenti di chi ad esempio si siede su un cornicione per immortalarsi davanti a un panorama cittadino o a un monumento storico, di chi viene travolto da un treno perché da novello futurista vuole immortalarsi con la locomotiva in avvicinamento, di chi si mette nel mezzo di una strada per avere la visuale o la prospettiva migliore, di chi si mette a rischio, ad esempio mentre pratica uno sport, pur di mostrare le proprie abilità e il proprio coraggio. Non è un caso che il numero di vittime maggiore sia di genere maschile, nonostante l’autoscatto sia pratica maggiormente più diffusa tra il genere femminile. Il protagonismo e la voglia di mostrarsi più coraggiosi e intraprendenti di altri fa aumentare il rischio e l’imprevidenza nel gestire sé stessi in situazioni di pericolo. Ad esempio per auto-celebrarsi davanti a una eruzione vulcanica, in alta quota o sul mare. 

I rischi aumentano anche per la ricerca costante della immagine migliore. Per ottenerla non è sufficiente disporre delle migliori tecnologie fotografiche disponibili su uno smartphone ma trovare anche la posizione e l’inquadratura migliore. Farlo in condizioni di potenziale pericolo si trasforma spesso in incidenti imprevedibili e fatali, in particolare se chi pratica l’autoscatto si trova in posizioni elevate o alla guida di potenti mezzi di trasporto come una moto. Il rischio aumenta quando, ad esempio i motociclisti, usano dispositivi GoPro o applicazioni come Strava per competere tra di loro alla ricerca del riconoscimento degli altri sulla bontà delle loro imprese fotografiche. 

Parlare dei rischi associati agli autoscatti da smartphone non è mai inutile, anzi è diventato necessario a causa della globalità del fenomeno e della gravità delle sue conseguenze in termini di vite umane. Ma non solo! Vanno considerati anche gli incidenti in aumento, quasi raddoppiati dal biennio 2013-2014. Parlarne significa contribuire al richiamo a buone pratiche comportamentali diverse, dettate dalla maggiore attenzione e dalla minore distrazione, ma forse anche da un minore narcisismo che spinga a ricercare visibilità, riconoscimento sociale e affermazione online.

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