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Pubblicità digitale alla ricerca di qualità

Pubblicità digitale alla ricerca di qualità

26 Giugno 2018 Redazione SoloTablet
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Non tutti gli investimenti pubblicitari producono i risultati desiderati, neppure quelli sui canali social. C'è bisogno di maggiore qualità, standard e nuove regole. In particolare per competere online e sconfiggere la crescente pubblicità fraudolenta e inappropriata che popola la Rete.

Investimenti crescenti sul mondo digitale non sono garanzia di risultati e guadagni. In particolare se le inserzioni online continuano ad essere visualizzate insieme a contenuti inappropriati, se continuano a non esistere standard e regole di comportamento condivise da rispettare. A dirlo sono numerosi direttori marketing e CMO (Chief Marketing Officer) di società come Unilever e Procter & Gamble, che possiedono marchi famosi e che non sono soddisfatti di come le loro iniziative promozionali sono implementate nei canali digitali da essi usati.

Uno dei problemi è la visualizzazione delle promozioni insieme a contenuti inappropriati nella stessa pagina web. Un problema che non interessa solo l'industria delle inserzioni online ma la società intera. L'ecosistema web delle piattaforme tecnologiche sta evidenziando la necessità di approcci diversi e di regole condivise. Non soltanto per proteggere immagine e valori dei marchi pubblicizzati ma anche per garantire efficacia e risultati degli investimenti fatti in pubblicità digitale online.

Avere puntato sulla natura virale delle piattaforme tecnologiche social e sul loro largo utilizzo ha portato a un eccesso di inserzioni pubblicitarie che ha spinto gli utenti all'attivazione di meccanismo per il blocco della pubblicità. In crescita è anche la preferenza concessa a piattaforme senza pubblicità come Netflix o Spotify, ma anche la cecità del consumatore di fronte a pubblicità che non si possono interrompere o chiudere. Una cecità che sembra quasi una reazione evolutiva del cittadino della Rete, stanco di essere bombardato da pubblicità non richieste e spesso neppure legate si suoi bisogni.

Se questa è la realtà percepita non è un caso se società come Procter & Gamble abbia tagliato il suo budget per la pubblicità digitale di 100 milioni di dollari. Una decisione che sembra non avere provocato alcun tipo di effetto negativo sui risultati commerciali legati ai Brand di proprietà. Una scelta che altre società hanno fatto, molte togliendo (in USA è il 65%) la delega alle agenzie pubblicitarie alle quali si erano rivolte per la pubblicità online. Un modo forse per evitare il cosiddetto programmatic advertising, gestito da algoritmi, che genera inserzioni automatizzate su centinaia di siti e spazi web diversi.

Ciò che sta emergendo è una maggiore attenzione al consumatore che frequenta gli spazi della Rete che si manifesta nella scelta più oculate delle inserzioni, della loro programmazione e tempistiche. La maggiore attenzione sta spingendo molte società a riportare in casa la gestione della filiera pubblicitaria e il processo decisionale, evitando di rivolgersi alla miriade di intermediari che operano sul mercato pubblicitario e marketing digitale. Un modo per ripensare le iniziative promozionali focalizzandosi su target audience reali ed evitando di annoiarle o irritarle e ritornando a costruire fiducia e fidelizzazione.

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