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Sharing economy ma solo in mancanza di alternative!

Sharing economy ma solo in mancanza di alternative!

21 Novembre 2016 Redazione SoloTablet
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Le alternative sono un posto di lavoro fisso o duraturo, un reddito decente e minore precarietà. In loro assenza la sharing economy cresce, il loro presenza cala. A dirlo è uno studio della JP Morgan condotto negli Stati Uniti, il mercato più maturo per l'economia condivisa caratterizzata da realtà quali Uber, Airbnb e società a loro simili.

La narrazione della sharing economy, legata alle numerose piattaforme online che la caratterizzano, la descrive come un fenomeno in crescita e capace di coinvolgere un numero crescente di persone attirate dalle promesse di guadagni e benefici certi. Guadagni resi possibili del modello di business della sharing economy legato alla disponibilità di chi lo usa di condividere un'auto, un appartamento  o una casa ma anche capacità di lavoro e professionalità per lavoretti saltuari e, quasi sempre, malpagati o pagati poco.

Uno studio del Chase Institute di JP Morgan ha recentemente fotografato il mercato della sharing economy rivelando la distanza della sua realtà rispetto alla narrazione corrente. Lo studio, che ha fotografo la realtà delle principali piattaforme di lavoro online, è stato fatto negli Stati Uniti, in un mercato maturo e diverso da quelli europei nei quali il fenomeno della sharing economy è ancora in fase di espansione. La rilevazione ha evidenziato come, dopo il picco raggiunto nel 2014, il mercato è oggi caratterizzato da un calo che interessa sia il numero di persone coinvolte sia i guadagni percepiti. Un calo che sta suggerendo nuove analisi per verificare se il mercato tanto decantato della sharing economy non sia già entrato in crisi.

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Il declino evidenziato è interessante perchè è collegato dagli analisti alla ripresa del mercato americano e alla riduzione delle percentuali di disoccupazione. Il numero di americani che facevano ricorso a lavoretti temporanei, spesso collegati con piattaforme della sharing economy, cresceva del 400%, ma negli ultimi due anni questa crescita si è fermata. La folla di chi aveva iniziato a condividere abitazione e altre proprietà tramite Airbnb si sta riducendo (-3%) e la maggioranza dei nuovi iscritti, che non smettono di crescere, abbandona la piattaforma entro un anno. La spiegazione viene trovata nella maggiore facilità con la quale le persone riescono a trovare posizioni di lavoro più stabili e maggiormente remunerative.

La sharing economy a cui si riferisce lo studio di JP Morgan è composto da cose tra loro diverse, piattaforme di condivisione come Uber o Airbnb e piattaforme per la condivisione e prestazioni di lavoro come il babysitting (Task Rabbit) o la consegna a domicilio (Foodora, Deliveroo, ecc.). Quest'ultime realtà sono salite, anche in Italia con Foodora, agli onori della cronaca per le proteste di chi le utilizza sulle ricompense troppo basse assegnate al servizio erogato. Negli Stati Uniti il reddito medio di un utilizzatore di queste piattaforme è sceso al di sotto dei mille euro. Un salario che può andare bene a persone in difficoltà, senza lavoro o con la necessità di arrotondare il primo stipendio ma poco attrattivo per chi sul mercato oggi ha nuovamente la possibilità di trovare un lavoro meglio retribuito.

La diminuzione della disoccupazione negli Stati Uniti sembra avere avuto un effetto negativo sulla economia della condivisione che si è rispecchiato nelle flessioni mensili in termini di nuovi utenti e di utilizzatori di piattaforme come Uber e Airbnb. Ad avere abbandonato questo tipo di servizi è stato il 52%. Un dato che non stupisce chi è abituato a cercare narrazioni non conformiste della realtà come quelle che caratterizzano la retorica tecno-entusiasta di questi anni. La tendenza ad un assestamento verso il basso della sharing economy è stata ad esempio evidenziata da altri studiosi come Jonathan V. Hall e Alan B. Krueger che analizzando Uber vevano sottolineato la difficoltà a continuare l'attività da parte di un numero elevato di persone registratesi al servizio per condividere la loro auto e la loro prestazione da autisti. Di fronte a una diminuzione dei loro guadagni, praticata ad esempio da Uber ma anche a Lyft per mantenere stabili i profitti in un mercato in calo, molte persone hanno abbandonato la piattaforma e cercato altre alternative.

Quanto emerge dallo studio della JP Morgan è interessante per due motivi: per avere svelato l'andamento di un mercato di cui tutti stanno parlando per i suoi modelli di monetizzazione ritenuti vincenti e per aver fatto emergere la debolezza di una economia della condivisione che in realtà è strettamente legata alla fase attuale di una economia capitalistica dove la maggioranza delle persone non è impegnata nella condivisione ma principalmente nella sopravvivenza.

Se i lavoretti della sharing economy non permettono di dare forma a redditi stabili e sufficienti rimarranno una scelta obbligatoria in assenza di qualcosa di meglio e di diverso. Se sul mercato si aprono delle alternative, per di più con modalità contrattuali stabili o meglio regolamentate, molti sono ben contenti di dire addio anche a Uber o a AirBnb ma anche alla tedesca Foodora o a Deliveroo. Per chi ha fatto la scelta del lavoro autonomo e freelance queste piattaforme continueranno a rappresentare un'opportunità di lavoro e di guadagno, soprattutto in un paese come l'Italia dove al momento sembra prevalere il voucher piuttosto che il contratto di lavoro stabile.

I dati rilevati dallo studio di JP Morgan sono interessanti anche perchè evidenziano la povertà o l'insufficienza della narrazione sulla sharing economy. Un modello economico gonfiato dalla bolla mediatica e forse anche dall'assenza di alternative. Forse sarebbe meglio iniziare a distinguere tra la vera sharing economy e quella che si alimenta della crisi e del bisogno di molte persone di trovare un lavoro qualsiasi pur che generi una qualche forma di reddito. Senza questa distinzione si continuerà a non capire la sharing economy nelle sue reali potenzialità e opportunità ma soprattutto la realtà sociale ed economica nella quale dovrebbe evolvere e progredire.

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