
A segnalare il fenomeno del graduale abbandono di Facebook da parte dei teenager è stata Facebook stessa. Lo ha fatto parlando dei suoi risultati trimestrali che hanno indicato un calo nell’uso quotidiano del social network, specialmente tra i ragazzi più giovani. I teenager non sono spariti dal social newtork e non cancellano i loro account, solo lo utilizzano meno di quanto facevano prima. E lo fanno perché lo stanno sostituendo come strumento di contatto e di conversazione con altre soluzioni.
La notizia è stata poi ripresa da tutte o quasi le fonti giornalistiche, segnalando la loro dipendenza dal domino giornalistico che caratterizza la comunicazione online ma anche la scarsa propensione all'analisi del fenomeno che non è sicuramente nuovo e non è certamente associabile solo ai teenager ma più profondo e legato a ciò che Facebook è diventato.
Se Facebook n parla significa che il fenomeno è giù rilevante, come confermato dall’uso esponenziale di strumenti alternativi come WhatsApp, WeChat e KakaoTalk. Il fenomeno non può essere spiegato con la popolarità delle nuove applicazioni ma anche dalla presenza sempre più vasta di genitori, insegnanti, parenti e adulti, intenti e impegnati a postare sui muri del libro delle facce citazioni e foto ma anche a visitare e controllare i muri e le attività dei loro pupilli.
Il libro delle facce continua a rimanere uno strumento essenziale ma non viene più usato per pubblicare aggiornamenti di stato, indicare stati d’animo e pensieri dal sen sfuggiti. I teenager stanno su Facebook ma in maniera più razionale e oculata. Prima di pubblicare qualcosa prendono un attimo di riflessione e poi probabilmente utilizzano WhatsApp per comunicare ma soprattutto per circoscrivere l’ambito della rete di consocenze con cui condividere il messaggio. Potrebbero farlo anche con Facebook ma dovrebbero conoscere a fondo i meccanismi di configurazione e gli automatismi, che cambiano spesso, di Facebook. Lo fanno invece con applicazioni come WhatsAPP perché sono sempre più usate e più divertenti.
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Le applicazioni come WhatsApp ( 350 milioni di utenti attivi) sono in circolazione dal 2009 e sono diventate rapidamente strumenti diffusi di comunicazione che hanno messo in difficoltà prima gli operatori telefonici, facendo calare drasticamente l’uso degli SMS, ed ora i social network. Il punto di forza di queste applicazioni di messaging è la funzionalità di chat in tempo reale che permette di attivare conversazioni private senza che altri ne siano al corrente o le possano ‘origliare’, come potrebbe succedere su Facebook. Le coversazioni sono private e possono coinvolgere gruppi di conoscenti e/o amici che fanno parte delle reti sociali frequentate nella vita reale.
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Facebook è una grande rete sociale che non facilità la vita comunitaria di piccole reti sociali private. Il mondo reale non è fatto da un’unica grande rete ma di molte. Ogni individuo può essere presente in reti diverse e voler agire in esse nelle modalità più appropriate alle finalità e alle motivazioni che tengono le insieme. Per questo motivo strumenti come WhatsApp stanno conquistando un numero sempre maggiore di utilizzatori. Un bel segnale a coloro che vedono i teenager scivolare in comportamenti e tipologie di relazioni sempre più virtuali. Nella realtà le preferenze stanno andando a strumenti che fanno della privacy un valore, che non sono disturbati da promozioni o pubblicità indesiderate e che favoriscono la conoscenza tra persone e la relazione.
Il graduale passaggio alle nuove APP è evidenziato dall’uso che della applicazione viene fatto per organizzare incontri/eventi e gestirne la partecipazione. WhatsApp viene percepito come strumento più personale e amicale di quanto non sia un muro aperto al pubblico del libro delle facce.
I giovani delle nuove generazioni sembranbo essere diventati maggiormente coscienti della importanza di difendere il proprio profilo e la propria immagine online. Il ricorso ad applicazioni come WtahsApp permette di condividere foto e immagini su canali di comunicazione privati e più protetti. Non è un caso che per la condivisione di foto i teenager ricorrano sempre più spesso ad una applicazione come Snapchat che permette di condividere la fotografia ma la cancella dopo pochi secondi che è stata vista. Un servizio perfetto per ragazzini a cui piace scherzare tra loro, anche con l’invio di fotografie più o meno provocanti o sexy ma che non amano lasciarle in circolazione per sempre nel mondo vasto e digitale della rete.
La migrazione da Facebook alle APP avviene anche perché esse stanno arricchendo il panorama di servizi e funzionalità offerte. In pratica non servono solo per conversare e chattare ma si stanno trasformando a loro volta in strumenti di social networking e vita comunitaria e sociale. Le applicazioni disponibili sono sempre più numerose e usate da centinaia di milioni di utenti. C’è la sud coreana KakaoTalk, la cinese WeChat e la giapponese LINE, la canadese Kik e la emericana Tango. Queste applicazioni sono costruite su robusti modelli di business. Non sono generalmente inflazionate da inserzioni pubblicitarie ma offrono sempre nuovi servizi a pagamento per il download/uso di video giochi, di sticker, di musica ed altro ancora. Sono dei social network veri e propri che prevedono profili personali e pagine per comunicare e condividere contenuti ma hanno modalità di funzionamento più consona e vicina al modo con cui funzionano le reti sociali e le comunità di persone e di pratiche nella vita reale. Questa loro specificità spiega anche perché per il momento sono applicazioni contestuali alla geografia nella quale sono nate e perché facciano fatica ad espandersi al di fuori di essa. Unica eccezione è WhatsApp che è ormai usata su scala planetaria. Una eccezione anche nel volere mantenere il proprio focus sulla semplice comunicazione.
Nonostante il loro successo e la crescita esponenziale di utilizzatori, il futuro di queste applicazioni è ancora incerto. Poche di loro, con l’eccezione forse di WhatsApp, sono per il momento in grado di generare guadagni e i loro produttori sono spesso ancora alla ricerca del modello di business vincente. La valutazione della loro forza competitiva potrebbe spingere società come Google e Facebook a cercare di scalarle e di acquistarle. Un modo semplice per diminuire il rischio concorrenza e per soddisfare i nuovi bisogni emergenti dei consumatori, anche delle generazioni più giovani. Queste generazioni di teenager difficilmente abbandoneranno queste applicazioni e finiranno anche per richiamare l’attenzione di adulti e di altre generazioni, esattamente come è successo in passato con Facebook.