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Facebook e la nostra privacy

Facebook e la nostra privacy

03 Settembre 2019 Redazione SoloTablet
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Continuare a insistere sulla necessità di prestare attenzione alla propria privacy online è battaglia persa in partenza. Quasi tutti sembrano ignorarne l’importanza e gli effetti. La privacy è morta e nessuno sembra più disposto a riportarla in vita. Eppure, se si conoscesse realmente come i nostri dati vengono raccolti e usati, qualcuno potrebbe ricredersi e rivalutarla o persino tornare a difenderla.

Qualsiasi cosa scriviamo e pubblichiamo su una pagina Facebook può essere visto sia in forma testuale sia HTML o sorgente. Leggere il sorgente è impresa complessa per molti, quasi per tutti, ma se si avesse tempo, un po' di curiosità e perspicacia, il tentativo potrebbe fornire alcune utili informazioni su cosa succede sulla piattaforma social ogni qualvolta vi accediamo, la frequentiamo e la usiamo.

Queste informazioni potrebbero lasciare indifferenti (“non ho nulla da nascondere…Io”) oppure servire a una riflessione sulla nostra relazione odierna con le piattaforme tecnologiche e la tecnologia in generale. Chi sapesse leggere il codice che fa da contenitore ai testi pubblicati potrebbe invece rimanere illuminato, forse sconcertato. Forse capirebbe che la sua pagina Facebook è cosa ben diversa dal diario personale che forse ha tenuto da ragazzino, nascondendolo a chiunque per proteggere la propria privacy e i propri segreti, ritenuti inconfessabili. Un diario che non prevedeva e neppure si alimentava di Like o condivisioni ma veniva svelato a pochissime persone della massima affidabilità o con le quali si generava una esperienza esistenziale, emotiva o affettiva condivisa. 

Il diario del terzo millennio è digitale, è online e pubblicato su piattaforme tecnologiche che permettono una interazione e comunicazione in tempo reale basata su feedback, stimoli e azioni, tutti facilitati da algoritmi, funzionalità e meccanismi fondati sulla gratificazione e sistemi premianti. Tutto viaggia dentro contenitori percepiti come personali ma che in realtà sono assolutamente trasparenti e accessibili da entità spesso sconosciute e indesiderate. Entità capaci di osservare messaggi, reazioni, preferenze e comportamenti, di registrarli, archiviarli, categorizzarli e analizzarli con l’unico obiettivo di fornire informazioni utili alla personalizzazione della comunicazione finalizzata alla promozione di prodotti o servizi. 

Le informazioni raccolte nascono da innumerevoli record di dati che comprendono ogni nostra azione, da un cambiamento di status a una condivisione, da un MiPiace a una reazione scritta, da una interazione a una relazione, da una opinione politica a una preferenza sessuale o di genere. Ciò nonostante ed essendo al corrente di queste registrazioni quasi tutti hanno scelto di costruirsi il proprio muro o pagina Facebook e quasi nessuno continua in parallelo a redigere il suo diario cartaceo. E se questa scelta fosse densa di effetti collaterali? E se di questi effetti non fossimo in alcuna maniera consapevoli? 

Il diario è solitamente un’esperienza legata a brevi periodi di vita personale o scolastica. La pagina Facebook è per sempre, nel senso che è una specie di archivio della vita intera di miliardi di persone. Un archivio alimentato da persone spesso ignare di quanto le loro informazioni siano al servizio della produzione di profitto per entità private, terze e che spesso si raccontano come disinteressate e piene di generosità verso il mondo intero al quale hanno regalato le loro piattaforme. Dopo le rivelazioni di Snowden e lo scandalo Cambridge Analytics, con l’influenza esercitata sulla elezione di Trump, oggi molti stanno cominciando ad aprire gli occhi, a interrogarsi (Cui prodest?) sulla loro vita online e a ripensare la loro relazione con le piattaforme tecnologiche che usano. 

Chi non ha ancora compreso l’importanza di una maggiore  tecnoconsapevolezza, utile a costruire una relazione critica con le tecnologie che utilizza, potrebbe prestare attenzione a ciò che alcuni blogger hanno pubblicato online raccontando quanto hanno scoperto stampando le pagine sorgenti dei loro profili Facebook. La stampa naturalmente non è resa semplice ma se si riesce a trovare il modo di scaricare (download dal setting del proprio profilo) le informazioni che si vogliono stampare (tutto ciò che contiene la pagina ad esempio….dalla sua attivazione al momento corrente) la stampa diventa possibile, lunga, mangia-inchiostro ma fattibile. 

Le informazioni che vengono scaricate contengono codice HTML ed è da questo che, sapendolo leggere, nascono le sorprese e le informazioni più interessanti e/o preoccupanti. I documenti scaricati hanno nomi che si spiegano da sé. Nomi che suggeriscono il tipo di informazioni raccolte: amici, eventi, inviti, foto, post, commenti, Like, reazioni, i post degli amici sulla pagina personale, tempo passato online, e molto molto altro. Ciò che, sapendo leggere il codice HTML, tutti potrebbero scoprire è che Facebook è onnivoro, fotografa e registra l’intera vita dei sui utenti, dai loro compleanni ai loro matrimoni, dai viaggi agli esami universitari, dagli anniversari alle celebrazioni mortuarie. Il risultato non è una maggiore felicità degli utenti ma una loro sorveglianza diffusa, continua e finalizzata a scopi utilitaristici e di profitto. Un risultato interessante per società come Facebook ma che forse dovrebbe suggerire alle persone che frequentano le loro piattaforme una maggiore attenzione dettata da una maggiore, convita e maturata tecnoconsapevolezza.

 

 

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