
Il social network Facebook ha compiuto 15 anni di vita, essendo nato il 4 febbraio 2004 ma sotto la superficie ci sono vulcani pronti a eruttare che non promettono nulla di buono per Mark Zuckerberg, alle prese con numerosi problemi insorti dopo il caso Cambridge Analytica che hanno svelato a molti uno scarso rispetto della privacy ma soprattutto l’inesistenza di controlli su falsi profili, false notizie e falsi contenuti. Ora emergono e conquistano le pagine dei giornali anche altre notizie che raccontano anche di false promozioni e pubblicità.
La voglia di dominio di Amazon
I numerosi scandali che hanno interessato Facebook negli ultimi due anni hanno messo in crisi la fiducia degli utenti del social network più abitato al mondo compromettendone la reputazione. I molti interventi fatti dal management dell’azienda per tranquillizzare i consumatori e per comunicare le misure messe in campo, non sembrano abbiano sortito grandi risultati. Il fatturato continua a crescere ma anche grazie ad altre piattaforme che l’azienda possiede come WhatsApp e Instagram. Molti segnali indicano che è cambiato il sentiment generale dei social networker verso Facebook. I cambiamenti sono determinati da una crescente consapevolezza individuale e sociale sulla reale capacità di Facebook di soddisfare i bisogni reali delle persone, ma anche dall’essere venuti a conoscenza delle mille possibilità di inganno alle quali la piattaforma e la società si sono prestati: newsfeed legati ai profili per influenzare gli umori di chi li ha creati, sottrazione di informazioni da parte di società terze per usi politici e commerciali, furti di dati da parte di hacker e cybercriminali, falsi contenuti usati per infangare gruppi impegnati in una battaglia contro Facebook, i suoi modelli di business e scelte strategiche, e altro ancora.
Ora sta emergendo un altro problema legato alla facilità con cui Facebook ospita false pubblicità e sulla mancata assunzione di responsabilità quando esse rivelano il loro potenziale criminale ingannando i consumatori con la mancata consegna dei prodotti acquistati. La giustificazione di Facebook è di non essere un media ma una semplice piattaforma, di non poter assumersi pertanto alcuna responsabilità editoriale per quanto avviene su di essa. Una spiegazione che potrebbe anche essere accettabile per quanto riguarda le conversazioni online (una compagnia telefonica non è responsabile delle conversazioni telefoniche) ma che lo è meno quando queste conversazioni sono interrotte da pubblicità a pagamento che possono trasformarsi in una trappola mortale per gli utenti.
Il problema delle cosiddette Fake Ads è ben noto a Facebook che sembra però non avere alcun interesse a debellarlo. Non a caso si limita a insistere sull’impossibilità di monitorare e contrastare un fenomeno che vede la pubblicazione di milioni di pubblicità ogni giorno. La verità è che i guadagni della società sono legati alla pubblicità e qualsiasi intervento restrittivo potrebbe avere impatti negativi sulla raccolta pubblicitaria. A nulla sembrano servire le numerose cause legali di utenti truffati e società che vedono i loro marchi usati per scopi truffaldini. A fare la differenza potrebbe però essere la crescente consapevolezza degli utenti che nasce dalla percezione che Facebook sia un mondo Fake, fasullo e per questo anche potenzialmente pericoloso. Questa percezione sta crescendo come testimonia l’Edelman Trust Barometer che misurando la fiducia dei consumatori ha evidenziato un drastico calo, solo il 24% rispetto al 61% di cui godono ancora i media tradizionali.
Il calo di fiducia sembra preoccupare Mark Zuckerberg ma l’attenzione è focalizzata principalmente sul problema della privacy e sull’uso improprio di dati e informazioni, anche per finalità politiche, da parte di entità terze. Nulla viene detto fatto per quello che, soprattutto negli Stati Uniti, sta diventando un problema reale e diffuso, la presenza sulla piattaforma di Facebook di false pubblicità che traggono in inganno i consumatori per acquisti che mai si traducono in prodotti consegnati o rimborsi per mancate consegne.
Molte di queste pubblicità sono collegate a realtà cinesi che presentano cataloghi online ricchi di prodotti, capaci di attrarre e carpire la fiducia di potenziali clienti, i cui acquisti non sono mai soddisfatti e per i quali è impossibile recuperare le somme versate. Di queste pubblicità e degli inganni e truffe ad esse associate Facebook non si assume alcuna responsabilità e non ha predisposto alcuna procedura per garantire i frequentatori della sua piattaforma da questo tipo di truffe, si limita a suggerire una denuncia alla polizia (buona fortuna….) o di individuare la pubblicità utilizzata per l’acquisto e usare le informazioni di contatto in essa presente per chiedere spiegazioni all’inserzionista. Un suggerimento quest’ultimo a sua volta falso perchè questo tipo di pubblicità non solo non comunica alcun riferimento per un contatto ma se lo fa il numero telefonico è inesistente e l’email è un casella vuota che non darà mai una risposta. Inoltre la pubblicità che è servita all’inganno non rimane online a lungo e, quando la truffa è stata già perpetrata, tende a scomparire da Facebook in tempi brevi.
L’utente e consumatore viene portato a lasciar perdere e a considerare il suo acquisto una perdita di denaro. Potrà rimproverarsi per non avere prestato attenzione all’acquisto che ha fatto, per avere ceduto alla fretta che sempre guida una scelta di acquista online ma anche per essersi fidato di un social network come Facebook.
Gli utenti truffati non amano raccontare in Rete di essere caduti in trappola ma il velo fatto da sensi di colpa, ritrosia e vergogna si sta pian piano aprendo, rivelando che i truffati sono numerosi, confermando che Facebook non si assume alcuna responsabilità per quanto avvenuto e che parlandone si aiuta altri a non cadere nella stessa trappola. Chi ha la fortuna di trovare questo tipo di notizie ha la possibilità di comprendere meglio i meccanismi dei social network, di prestare maggiore attenzione a qualsiasi pubblicità e acquisto e di decidere di staccare la spina. Una scelta questa che potrebbe suggerire a Facebook di cambiare strategia e impegnarsi nella difesa dei suoi clienti, utenti e consumatori…. Ma anche inserzionisti onesti.