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La reputazione al tempo di Facebook, di Instagram e WhatsApp!

La reputazione al tempo di Facebook, di Instagram e WhatsApp!

20 Marzo 2017 Redazione SoloTablet
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Di reputazione, ossia dell'effetto che facciamo sugli altri e le conseguenze che ne derivano, parla Giorgia Origgi nel suo libro La Reputazione edito da Università Bocconi Editore. Da sempre, ben prima dei social network, due sono le forze che ci possono condizionare. La prima è legata e dipende dalle nostre esperienze dirette e incarnate. La seconda è la nostra identità sociale per come si viene costituendo in base alla nostra reputazione.

i reputazione, ossia dell'effetto che facciamo sugli altri e le conseguenze che ne derivano,  parla Giorgia Origgi nel suo libro La Reputazione e dito da Università Bocconi Editore. Da sempre, ben prima dei social network, due sono le forze che ci possono condizionare. La prima è legata e dipende dalle nostre esperienze dirette e incarnate. La seconda è la nostra identità sociale per come si viene costituendo in base alla nostra reputazione.

Siamo tutti un pò narcisi, esistiamo perchè ci riflettiamo negli altri e più l'immagine che ci viene ritornata dallo sguardo specchio degli altri è gratificante e più ci sentiamo orgogliosi e sereni. Oggi gli sguardi sono stati sostituiti da un unico grande specchio virtuale, concavo e convesso insieme, abitato da milioni di persone che non solo hanno accesso alle immagini degli altri e condividono i propri selfie ma possono anche determinare la reputazione degli altri, la loro autostima o effetti e conseguenze negative come quando immagini non desiderate o ritenute controproducenti per la reputazione personale vengono messe in circolazione in Rete violando la privacy e la riservatezza dei dati individuali.

Chi abita gli spazi sociali del Web sa di doversi misurare costantemente con sentimenti diversi come l'autostima e l'amor proprio, la vergogna e l'imbarazzo, l'orgoglio e il senso di colpa. Un  tempo questo tipo di sentimenti, legati alla reputazione, interessava soprattutto un numero limitato di potenti, oggi l'esposizione mediatica a cui tutti si sottopongono, più o meno consapevolmente, interessa milioni di persone, tutte alla ricerca del consenso e della reputazione che deriva dall'essere riconosciuti dagli altri. E' una reputazione, con qualche eccezione, quasi sempre legata a un profilo digitale e a immagini che in Rete raccontano e presentano il sè degli individui così come si viene modellando dalla reazione degli altri, anche loro ossessionati allo stesso modo dello stesso tipo di reputazione simbolica che deriva dall'essere sempre connessi e online.

La cosa interessante della relazione con il mondo virtuale della Rete, ma probabilmente anche nella vita reale, è che la reputazione (il cosiddetto capitale reputazionale) che tanto si va cercando non è strettamente legata alla opinione che gli altri hanno di noi ma a quello che noi percepiamo essere quella opinione e che spesso tendiamo a associare a quello che vorremmo gli altri pensassero di noi.

Ancora più interessante è l'uso che del capitale reputazionale viene fatto. Lo si usa per motivi personali, individuali, romantici e puramente relazionali. Lo si sbandiera in cerchie più o meno piccole di persone alla ricerca di stima, visibilità e notorietà. Più gli altri avranno una percezione elevata della reputazione di una persona e più saranno propensi a parlarne con altri, contribuendo a far crescere il capitale reputazionale e usarlo poi come se fosse una moneta simbolica dall'elevato valore di scambio. Questo capitale sarà tanto più remunerativo quanto più elevata sarà la reputazione dei circoli e delle comunità frequentate e la reputazione degli altri membri che le costituiscono e le frequentano. E' certamente sempre stato così ma i mondi sociali di Internet ne hanno amplificato le possibilità, le opportunità e l'utilità.

Alla base di tutto c'è però un elemento molto semplice, la credibilità. La visibilità e la notorietà decretata dai MiPiace non è sufficiente e la reputazione con essi acquisita può scomparire in un attimo alla scoperta della non credibilità sulla reputazione acquisita. Forse non è un caso che Facebook non abbia al momento ancora introdotto il simbolo del pugno verso per indicare il NonMiPiace.

Buona parte della credibilità è determinata dall'essere immersi in spazi di informazione che sembra essersi allontanata dai fatti e vivere di vita sua per come è stata costruita, filtrata, rimasticata, valutata e segnalata dalle persone in Rete. Il problema dell'informazione però è di avere generato un surplus informativo che si traduce in surplus cognitivo e in una crescente difficoltà a misurarsi con i molti specchi ai quali ci affidiamo per coltivare la reputazione personale. Impossibilitati o incapaci a gestire i molti profili digitali di Facebook, Linkedin, WhatsApp, Twitter, Instagram e le immagini/foto a essi associate, si finisce per rendere fragili ed evanescenti tutte le immagini riflesse alle quali vorremmo abbeverarci per la nostra autostima e reputazione. La fragilità del capitale reputazionale è la stessa del capitale finanziario investito in mille rivoli e malgestito. Si rischia la perdita di denaro e, in alcune situazioni, anche il disastro e il fallimento, soprattutto se a determinarlo sono fatti imprevedibili, emergenti e di cui non si ha alcuna forma di conoscenza o consapevolezza.

E' un pò quello che è successo all'ex presidente del consiglio, passato in men che non si dica dalla grande reputazione di media, potenti e folle gaudenti, alla crisi dell'autostima, espressa anche, come hanno notato molti cronisti, in una tendenza alla pinguedine prima controllata e alla frana nei consensi. Dalle stelle alle stalle, si potrebbe dire, esattamente quello che succede a molti quando scoprono che la loro reputazione online è passata da centinaia di MiPiace a sole poche decine. L'analisi del cambiamento non sempre è la soluzione consigliabile. Rischia infatti di evidenziare l'altra faccia della reputazione, quella che si afferma quando si diffonde l'invidia, il rancore, il risentimento. Meglio allora evitare l'analisi, eventualmente meglio cambiare circoli, comunità, luoghi di frequentazione e, dopo averlo fatto e avere riconquistato una qualche forma di verginità, meglio continuare a fare quello che si sta facendo da tempo, coltivare la propria reputazione, cercare nuovi specchi lacustri virtuali in cui rispecchiarsi e accrescere la propria autostima ma soprattutto trarre vantaggi concreti e benefici dal capitale reputazionale acquisito. Almeno fino al prossimo tonfo e alla nuova fuga verso altri lidi!

 

*Le immagini sono scatti di viaggio di Carlo Mazzuchelli (Tanzania)

 

 

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